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Una casa per tutti. Intervista sul progetto Degage! a Roma

Abbiamo così intervistato gli studenti che animano il progetto, apprezzati anche dal collettivo Militant “non soltanto per le questioni che ha sollevato […]  ma anche per il tentativo di ricomposizione di classe che sta realizzando. Quest’occupazione infatti ha da subito catalizzato le attenzioni di quegli studenti che, essendo esclusi dal carente sistema del welfare universitario sono costretti ad arrangiarsi tra una miriade di lavoretti e che, non essendo militanti delle strutture politiche universitarie, non sono stati toccati dalle mobilitazioni (o dai tentativi di realizzarle) degli ultimi due anni”.

 

Cos’è e com’è nato il progetto Degage?

Uno studentato occupato, una libreria universitaria che dopo il fallimento riprende vita, una mensa autogestita: fioriscono in tutto il territorio nazionale esperienze di riappropriazione diretta da parte di giovani e studenti. Noi di Degage, siamo studenti universitari e precari impegnati nello studio e nella vita con tutte le difficoltà che la attuale situazione occupazionale ed economica comporta, abbiamo deciso di prenderci un pezzetto di autonomia. Siamo quaranta studenti e precari esclusi dal sistema di welfare studentesco sempre meno garantito, sempre più svenduto ai privati in nome della razionalizzazione dell’apparato pubblico siamo iscritti a un’Università con tasse altissime e nessuna attenzione al diritto allo studio. Vogliono farci credere che il nostro futuro è già scritto nella sua negazione e la nostra vita è già delineata e scandita: la scommessa è proprio quella di dimostrare che nulla è già determinato e che insieme possiamo scrivere la nostra storia, per questo motivo oramai da mesi abbiamo intrapreso un percorso di riappropriazione, il laboratorio degage! , che ci ha portato a fare numerose azioni finora ma che è in continua crescita, maturazione ed allargamento.

Un po’ di storia e i perché.

Abbiamo deciso di occupare uno stabile abbandonato da adibire a studentato in una giornata in cui i movimenti di lotta per la casa, come era già successo il 6 dicembre scorso, hanno occupato contemporaneamente tredici stabili vuoti. Vogliamo rimarcare ancora una volta come la soluzione all’emergenza abitativa sia la riappropriazione diretta. Le risposte fornite dalle amministrazioni comunali non sono mai state sufficienti né tantomeno -e volutamente- risolutive; facendo da sempre l’occhiolino ai palazzinari hanno permesso, al ritmo delle colate di cemento, uno smisurato ingrandimento della città e, allo stesso tempo, una speculazione sul mercato degli affitti, grazie alla quale i costi degli affitti sono oramai alle stelle. Nella sola città di Roma, tuttavia, a fronte di un’emergenza abitativa che coinvolge 50.000 famiglie, gli stabili vuoti sono ben 260.000! Non siamo più disposti a correre su autobus stracolmi da una parte all’altra della città per raggiungere i due lavori che facciamo al nero e a dover, contemporaneamente, studiare per gli esami. Ci ritroviamo costretti in un tunnel di sacrifici, senza avere neppure più l’illusione della pensione dopo una vita di calvari. Abbiamo imparato che divenire autonomi, costruire la nostra vita e il nostro futuro, significano iniziare a lottare: riprendersi le strade, occupare uno stabile abbandonato o scioperare al lavoro. Sentiamo urgente il bisogno di una risposta concreta ed efficace all’ attacco che subiamo ogni giorno sulla nostra pelle e crediamo che solo riappropriandoci di tempo e reddito, pezzi di vita, possiamo conquistarne una di vita che sia dignitosa.

Un’ occupazione di studenti, tuttavia, non vuole essere corporativa, ma solo dare un’indicazione, un esempio di come organizzandoci insieme possiamo migliorare materialmente le nostre condizioni. La riappropriazione diretta, vista come un mezzo e non un fine, è infatti una pratica conflittuale facilmente realizzabile e, soprattutto, riproducibile. Ci auguriamo che di studentati come il nostro ne nascano altri cento! Pensiamo che sia legittimo riappropriarsi di tutto quello che non abbiamo, non ci stiamo a rispettare i canoni del sentire comune che impongono a un giovane di desiderare “ma non troppo”, di non essere “schizzinosi”, rendendo così la retorica dei “sacrifici giusti ” le catene della nostra generazione. Siamo convinti che di queste catene insieme ce ne possiamo liberare e un primo passo per farlo è proprio l’occupazione di uno studentato che ci permette di abbattere i costi dell’affitto e liberare così tempi di vita.
Se non lo facciamo noi nessuno lo farà per noi, infatti, le risposte che l’istituzione universitaria offre ai suoi iscritti sono a dir poco insufficienti, anzi non fanno altro che aggravare la situazione! A fronte dell’aumento delle tasse universitarie, gli alloggi e le borse di studio sono elargiti dall’università in base al merito, come se avere un tetto sulla testa o un aiuto economico per gli studi se lo possa aggiudicare solo uno studente con tutti trenta e lode! Ciò esclude automaticamente chi non ha alle spalle una famiglia che può sostenerlo e gli studenti lavoratori che, non solo non hanno nessun tipo di agevolazione, ma anzi da quest’anno alla Sapienza, se fuoricorso, si vedono le tasse esattamente raddoppiate. La gestione mafiosa del nostro ateneo, come confermano le inchieste sul magnifico rettore Frati, è stata volta più al mantenimento del proprio potere e dei propri interessi che alle necessità degli studenti; puntando tutto sul merito “all’italiana” come, per esempio, l’istituzione -con appalto milionario – della scuola d’eccellenza per soli 30 studenti, quando in molte facoltà mancano gessi e carta igienica!

 

Come i quartieri hanno partecipato alle occupazioni.

Molte sono le persone che sono passate in questi giorni, soprattutto studenti e studentesse che hanno attraversato l’occupazione di via musa 10 durante le assemblee, partecipando alle iniziative e aperitivi, tutti molto interessati al progetto degage! e solidali alle rivendicazioni che portiamo avanti. Infatti possiamo dire che il nostro reale quartiere sia l’università con la sua città, che raccoglie numerose facoltà e migliaia di studenti, dove ogni giorno andiamo a volantinare e parlare con gli studenti per far conoscere
In tanti hanno preso parte alla colazione resistente fin dalle prime ore della mattina mandando un messaggio forte e chiaro a chi ci vorrebbe fuori da questo posto. Noi da qui non ce ne andiamo!!

 

Come Alemanno, la polizia e il Messaggero hanno attaccato Degage e che cosa rispondete.

Le occupazioni del 6 aprile, sin dalle prime ore, hanno causato le reazioni scomposte del sindaco Alemanno e della stampa romana, da sempre legata alle principali famiglie di costruttori della città. Abbiamo perso il conto delle accuse folli nei confronti dei movimenti che in questa settimana si sono susseguite sui giornali. Dall’evocazione, mai passata di moda, del pericolo anni ‘70 e del terrorismo si è passato ad insinuare presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nel movimento.

Dichiarazioni frenetiche e confuse che mettono in luce l’incapacità dell’amministrazione della città di dare una riposta chiara ed efficace al problema della casa che coinvolge oramai sempre più famiglie. Lo schema che è stato messo in campo l’abbiamo visto e rivisto più volte: quando i politici sono in difficoltà cercano di criminalizzare e delegittimare chi, come noi, è stufo di aspettare una risposta istituzionale ai propri problemi –dato che sappiamo che queste risposte non arriveranno mai- e decide di prendersi quello di cui ha bisogno.

Rispediamo le accuse al mittente: criminale è chi specula. La città di Roma infatti non ha una gestione lineare e continuata oramai da tantissimi anni. Sindaci su sindaci si susseguono e quello che riescono a fare è soltanto limitarsi a gestire le emergenze: come ci ricorda Carl Schmitt : “sovrano è chi decide sullo stato di eccezion”’ e quindi cosa possono fare di meglio se non creare emergenze per poi scannarsi, in un gioco di forze politiche, per chi deve gestirle?

(tratta da First Line Press)

 

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