Arresti domiciliari e perquisizioni per il 15 ottobre: non un passo, non un metro!
L’operazione sembra l’ennesimo spot ad hoc per demonizzare il conflitto sociale in Italia, la miseria dell’indagine ne è testimone. Se da un lato quest’iniziativa della procura romana sembra un arrampicarsi sugli specchi a molti mesi da quella giornata di lotta, capace di esprimere contraddizioni intense in un contesto di crisi globale che in Italia non ha ancora prodotto una risposta di massa e articolata, dall’altro i media embedded vorrebbero dipingerla pomposamente come un’operazione chirurgica coordinata dal pool antiterrorismo di Roma, un’operazione che andrebbe a colpire i violenti che hanno “rovinato” la manifestazione degli indignati del 15 ottobre.
Tra i compagni colpiti dai provvedimenti alcuni ultras di Teramo. Ancora una volta la dinamica Ultras viene utilizzata come capro espiatorio degli scontri di piazza, cercando di renderne un’immagine deformata e polarizzarne la figura all’inverosimile. La stessa Repubblica che parlando della “primavera araba” sancisce la presenza della componente ultras all’interno dei movimenti con piacere, qui in Italia mette in campo il gioco inverso.
Mentre nel paese, da Nord a Sud, iniziano a sentirsi i primi rumori di un conflitto sociale latente che sempre più diventa popolare e condiviso, la controparte vuole battere un colpo, cercando di mostrare i denti, ma non sarà certo questo ad impedire la crescita dei movimenti sociali e di lotta. Proprio mentre in Val Susa un grande ciclo di lotta si fa esempio e riproducibilità per un intero paese, che in piccolo in varie parti di Italia ne mette in campo le pratiche e lo spirito, si tenta di porre un argine a questo ancora silenzioso fluire.
La nostra solidarietà non può che essere a fianco di chi ha subito quei provvedimenti infami, sapendo bene che continuare a lottare è l’omaggio migliore che gli si possa fare.
In quella piazza c’eravamo tutti, con la nostra rabbia, con la nostra voglia di lottare, senza mollare di un passo né di un metro!
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