California – 4 giorni di rivolte infiammano le strade di Anaheim
“C’erano pezzi di cervello su quel maledetto prato, davanti ai bambini, davanti a tutta quella gente. Questo traumatizza le persone, la gente è furiosa”. Così Theresa Smith racconta dell’omicidio avvenuto sabato 21 luglio ad Anaheim, Orange County, California. Tre anni fa suo figlio venne ammazzato dalla polizia di Anaheim in un supermercato, ma questa è un’altra storia.
Nel 2012 gli omicidi per mano di agenti di polizia nella sola città di Anaheim sono già 8, il doppio dell’anno scorso. Sarà anche per questo che la città californiana è scossa da quattro giorni di scontri che esprimono tutta la rabbia di una comunità in lotta contro gli attacchi da parte di forze dell’ordine che da tempo definiscono razziste e “fuori controllo”.
Il pomeriggio del 21 luglio alcuni agenti individuano tre “sospetti” che ritengono appartenenti a una gang ispanica. All’avvicinarsi degli agenti i tre si disperdono ed uno, Manuel Angel Diaz – 25 anni, disarmato – viene inseguito e colpito alle spalle. Uno sparo alle gambe lo fa cadere in ginocchio, poi un’altro alla testa. Gli agenti ammanettano quello che è un corpo ancora vivo, ma invece di soccorrerlo – secondo alcuni testimoni – si preoccupano di tenere a bada la folla (come mostra questo video). Con il ritornello della lotta alla criminalità organizzata e al narcotraffico giustificheranno in seguito quell’esecuzione a sangue freddo.
Poco a poco le strade si riempiono di varie centinaia di persone, che protestano contro la brutalità poliziesca e la discriminazione razziale. Nella città, che conta circa 340 mila abitanti, oltre la metà degli abitanti è di origine latino-americana. Tra insulti e lancio di pietre e bottiglie contro gli agenti la protesta incontra da subito una forte repressione: per disperdere la folla vengono utilizzati proiettili di gomma e pepper spray, sguinzagliando i cani persino contro famiglie con bambini (in questo video alcune testimonianze).
Il giorno successivo, a poca distanza dal luogo dell’omicidio di Manuel la polizia individua un’auto rubata e comincia a seguirla; ne deriva una sparatoria che lascia a terra un giovane di 21 anni, Joel Mathew Acedo. Questa volta la protesta si produce davanti al commissariato locale, che viene invaso da uomini e donne con cartelli e striscioni che condannano la polizia di Anaheim al grido di “no justice, no peace”; nel corso della giornata continuano i disordini con cassonetti incendiati e blocchi stradali.
Nella serata di lunedì la madre di Manuel Diaz partecipa insieme ai famigliari di altre vittime della brutalità poliziesca ad un corteo per chiedere verità e giustizia. Ma il giorno seguente il conflitto esplode di nuovo con scontri che si protraggono fino a notte: martedì 24 luglio le persone si riuniscono fuori dal palazzo del municipio dove il consiglio cittadino sta votando l’avvio di un’inchiesta sulle responsabilità delle forze dell’ordine negli omicidi appena avvenuti. La popolazione respinge la richiesta di disperdersi da parte delle forze dell’ordine, che rispondono lanciando proiettili di gomma e lacrimogeni. Ma la folla rimane nelle strade, dove si incendiano cassonetti e si frantumano vetrine. Nei disordini di martedì sera vengono fermate e arrestate circa 20 persone, alcune delle quali verranno rilasciate.
Anaheim questa volta è passata alla cronaca per un motivo differente dalla presenza, a poche miglia di distanza, del parco Disneyland. E’ passata alla cronaca per essere un’altra città statunitense in cui la comunità non bianca è scesa in strada per reclamare giustizia di fronte al razzismo di stato, alla brutalità poliziesca, per riportare il conflitto sociale nelle strade e perché sia interesse di tutti e tutte fare della solidarietà un’arma.
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