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Due anni di carcere alle Pussy Riot

“Teppismo motivato da odio religioso”. Questa la sentenza di colpevolezza per il tribunale di Mosca che condanna a due anni di carcere a testa le Pussy Riot, in carcere da cinque mesi. Due anni di carcere per 40 secondi di performance, la preghiera punk anti-Putin cantata nella cattedrale di Cristo Salvatore nella capitale russa nel febbraio scorso.

Nel corso delle udienze le imputate hanno spiegato di aver agito con la speranza che la loro azione producesse mutamenti politici, di non voler offendere o esprimere odio razziale come invece sosteneva l’accusa.

Una condanna che le Pussy Riot si aspettavano dal sistema repressivo russo, in forte contrasto con il diritto sulla libertà di parola, sulla libertà d’espressione, scatenando aspre dispute anche sulla stretta relazione fra chiesa ortodossa russa e il Cremlino.

In un’ intervista le Pussy Riot hanno detto che non chiederanno la grazia a Putin, ma che deve essere lui, il presidente, a chiedere loro di essere graziato.

Molte le manifestazioni di solidarietà con le Pussy Riot, in Russia, dove si registrano alcuni arresti, come all’estero.

 

Dalla dichiarazione di chiusura al processo di Yekaterina Samutsevich:

“Rispetto alla macchina giudiziaria noi non siamo nessuno, e abbiamo perso. Dall’altra parte, abbiamo vinto. Il mondo intero adesso vede che il procedimento penale contro di noi è stato fabbricato. Il sistema non può nascondere la natura repressiva di questo processo. Ancora una volta, il mondo vede la Russia in modo differente da come Putin cerca di presentarla nei suoi quotidiani incontri internazionali.”

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