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Incidente mortale all’Ilva di Taranto. Sciopero di 24 ore

Si tratta del terzo gravissimo incidente all’interno dell’Ilva nel giro di pochi mesi (gli altri due avvenuti a pochissima distanza tra ottobre e novembre), a testimonianza delle condizioni di lavoro precarie e prive di sicurezza che vigono nello stabilimento. Sfruttamento e profitto continuano a causare morti sia dentro che fuori dai cancelli dell’Ilva.

La notizia dell’incidente ha scatenato la rabbia degli altri lavoratori presenti nello stabilimento mentre i vari sindacati indicono una giornata di sciopero che acquista più una connotazione rituale che una reale presenza o proposta altra che vada negli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici. A indire lo sciopero, non solo Slai Cobas ma anche la Fim Cisl ha detto di voler proporre a Fiom e Uilm la stessa iniziativa.

Ascolta Salvatore del Comitato Cittadini e lavoratori liberi e pensanti (RadioBlackOut):

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Il comunicato del Comitato Cittadini e lavoratori liberi e pensanti

Siamo costretti a denunciare l’ennesimo incidente mortale.

In soli 4 mesi piangiamo il terzo operaio caduto sul posto di lavoro e l’ennesimo ferito grave che si aggiunge ad una lista ormai lunghissima di infortuni in un’azienda che ha sempre dichiarato di aver investito ingenti somme di denaro per garantire la sicurezza degli operai e che, invece, ha sempre avuto il profitto come unico obiettivo.

Il luogo in cui è avvenuto l’incidente, la batteria 9, è tra gli impianti posti sotto sequestro dalla Magistratura a Luglio scorso. Nonostante il provvedimento, la batteria in questione come tutta l’area a caldo dello stabilimento non ha mai smesso di produrre anche grazie alla “legge salva-Ilva” che, successivamente e solo a parole, garantisce lavoro, salute, sicurezza e tutela ambientale ma che, in realtà, difende solo i profitti dell’azienda.

Contrariamente a quanto dichiarato dal ministro Corrado Passera quest’oggi che afferma la contrapposizione tra Magistratura e Stato e la mancanza di chiarezza da parte dell’azienda rende incerto il futuro degli operai che vivono, in prima persona, questa situazione ormai è insostenibile.

Prima il “braccio duro” dell’azienda e, successivamente, il decreto Salva-Ilva precludono la possibilità oggettiva di manutenzione, rifacimento e ammodernamento degli impianti, lasciandoli in marcia a scapito della sicurezza sul lavoro.

Come da sempre avvenuto, non ultimi i casi di Claudio Marsella e Francesco Zaccaria, l’unica reazione dei sindacati è l’ormai rituale sciopero di 24 ore che costringerà, una volta terminato, gli operai di quel reparto a tornare sugli impianti incriminati senza sapere come prevenire incidenti analoghi.

Sette mesi di denuncia e iniziative dimostrano che la famiglia Riva e lo stato italiano hanno reso un fabbrica, che sarebbe dovuta essere certezza di reddito per un’intera comunità, una fonte di morte per cittadini e per gli operai.

A Taranto, o si muore per inquinamento o si muore in fabbrica per mancanza di sicurezza.

Esprimiamo la nostra solidarietà alle famiglie degli operai coinvolti nell’incidente e ribadiamo, con forza, l’assoluta inefficacia di una legge che tutela gli interessi economici di una sola famiglia e la necessità di avviare una “Vertenza Taranto” che affronti e risolva le problematiche reali di una città intera.

Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti

 

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