Modena: lotte alla Maserati
Da molti mesi i lavoratori denunciano la mancata assenza di dialogo con la dirigenza aziendale soprattutto sui piani industriali dell’ azienda stessa, piani industriali che sono influenzati dalle mosse della casa madre del tridente, la Fiat dell’ amministratore delegato Marchionne. E’ noto come a piccoli ma pesanti passi, questa figura stia tentando di cambiare le strategie aziendali del gruppo fiat, arrivando prima o poi anche negli stabilimenti modenese di Maserati, Ferrari e New Holland.
Riportiamo qui sotto una nota di un delega Fiom della Maserati, una nota datata di qualche giorno come l’articolo ancora sotto che per dover di cronaca doveva uscire alcune settimane fa, ma per diversi motivi pubblichiamo solo ora, riscontrando però l’attualità del pezzo.
Nota delegato Fiom Maserati
Oggi 14 giugno, i lavoratori della Maserati sono scesi in lotta per la mancata risposta da parte dell’azienda in merito al saldo del PDR relativo all’anno 2010 e per chiedere un tavolo sui futuri piani industriali.
I dirigenti di questa azienda continuano a nascondersi dietro pretestuose giustificazioni, glissando ogni possibilità concreta di un confronto attraverso il quale sono costretti a dire come stanno esattamente le cose: i lauti profitti di questi signori continuano a crescere(gli utili dell’anno 2010 hanno avuto un incremento del 40%),mentre chi lavora e suda veramente deve lottare anche per conquistarsi qualche denaro in piu’.
Pertanto, è solo con una risposta radicale degna di essere chiamata tale che i lavoratori possono far sentire la rabbia della propria coscienza di classe e poter alzare la testa di fronte a tale arroganza e autoritarismo legittimati in base alla legge dell’Aut-Aut di Marchionne.
Per questa ragione che si è ritenuto più opportuno scendere in lotta con scioperi a scacchiera che possano determinare situazioni di alto disagio sulle linee di montaggio, ma anche in altri reparti. Il risultato dello sciopero è andato oltre le nostre aspettative con una partecipazione attiva da parte dei lavoratori dell’80% circa. Domani si continuerà con queste modalità di lotta, valutando momento per momento le risposte da dare.
Beppe Violante Rsu Fiom Maserati
Vogliamo continuare questo parallelismo tra le vicende dello stabilimento dell’ex Bertone di Torino e la Maserati di Modena, legati dalla stessa produzione della stessa marca: la Maserati.
Per fare questo abbiamo sentito un delegato RSU Fiom della Maserati di Modena ed estrapolato le dichiarazioni di due compagni, sempre di Modena, del Comitato centrale della Fiom-Cgil.
Entrambe i delegati giudicano un errore la decisione della Rsu Fiom della Ex Bertone, nel dare l’indicazione di votare SI al referendum sul ricatto di Marchionne e nel sottoscrivere l’accordo. Questa scelta è vista in maniera negativa soprattutto dal punto di vista delle lotte, considerandola un passo indietro rispetto alle azioni intraprese dalla Fiom nelle lotte di Pomigliano e Mirafiori.
Pur non condividendo le scelte del rsu dell’ex Bertone, a questi lavoratori viene portata tutta la solidarietà rispetto a questa scelta, perché ancora una volta viene messa sulla testa dei lavoratori, una scelta che si ripercuote poi a livello nazionale.
A fronte di questo però, il delegato della Fiom-cgil Giuseppe Violante, ritiene necessario che a fronte del voto all’ ex Bertone, tutte le RSU di tutte le categorie prendano posizione verso le scelte attuate, per dare un segnale forte contro l’attacco che Marchionne sta portando.
Uscendo dal merito del voto, siamo entrati nella querel degli stabilimenti, visto che a Modena ogni volta che si parla di Maserati, si parla sempre di un possibile spostamento di linee produttive e addirittura dello spostamento dello stabilimento. – la sensazione è che le produzioni di Modena non subiranno cambiamenti, semplicemente perché a Modena si continueranno a produrre le auto di lusso mentre a Torino si dovrebbero produrre auto Maserati con costi minori, inoltre la Maserati è legata alla Ferrari per un 30% dei pezzi di montaggio e dei motori delle macchine, quindi è impensabile che spostino la fabbrica da qui.- Questo ci racconta G.V. e continua – la cosa preoccupante è che alla Maserati siamo senza piano industriale da diversi anni e la dirigenza continua a non sentire le nostre richieste anche per darci una sicurezza lavorativa.- Come si può notare dagli scorsi articoli sulla Maserati la situazione non è cambiata, soprattutto perché a oggi continua la politica dell’ambiguità di Marchionne, che alle dichiarazioni non c’è seguito di applicazioni operative.
Proprio dalle parole di Marchionne, dobbiamo ripartire per capire come si muove la politica modenese, sulla questione Maserati, anche qui con alcuni articoli eravamo entrati nel merito e Giuseppe va a confermare quello che avevamo già scritto- la politica modenese vuole mantenere lo stabilimento a Modena ma solo per una questione di prestigio, per mantenere in vita quella che è la denominazione di Modena, “Motor Valley”, non di certo pensano ai lavoratori della fabbrica-. Queste ultime parole sono un dato di fatto, perché lo possiamo constatare tutti i giorni nelle politiche sociali che la giunta modenese, targata PD, porta in città, aumentano le casse integrazioni, aumentano gli sfratti ma nel frattempo questa giunta continua ad arricchirsi attraverso speculazioni con la cementificazione del territorio ma anche con la stessa manfrina della motor Valley.
Referendum ex-Bertone – Ripartire dal No di Pomigliano e Mirafiori
di Paolo Brini e Antonio Santorelli (Comitato Centrale Fiom-Cgil)
Giudichiamo un errore la decisione dei compagni della Rsu Bertone di dare indicazione per il Sì al referendum imposto da Marchionne, sottoscrivendo successivamente l’accordo. Una decisione che è stata presa in consulta con la segreteria nazionale, che si è assunta la responsabilità di non rispettare nella sostanza il mandato che gli era stato affidato dal Comitato centrale.
L’indisponibilità alla firma da parte dell’organizzazione nazionale perde ogni valore nella misura in cui si è concordata, la firma dei nostri compagni delegati.
Non vediamo in questa operazione alcun elemento di “genialità operaia” ma piuttosto un cedimento che avrà forti conseguenze sulla prosecuzione della battaglia intrapresa in questi mesi contro l’attacco forsennato di Marchionne ai diritti fondamentali dei lavoratori del gruppo Fiat.
Comprendiamo le enormi difficoltà della scelta, ma questa decisione di votare Sì, presa per altro all’ultimo momento, non rappresenta alcuna “mossa del cavallo” ma piuttosto un arretramento del fronte che la Fiom ha messo in campo grazie in primo luogo alla generosità mostrata dai compagni di Pomigliano e di Mirafiori.
Occorreva, contrastare Fiat sul terreno di una vertenza articolata e dal carattere generale, coinvolgendo, i lavoratori e le lavoratrici metalmeccanici/che tutti/e. Niente di tutto questo è stato fatto per cambiare i rapporti di forza e determinare un esito diverso della vertenza.
I lavoratori e le lavoratrici della Bertone hanno espresso con il loro Sì la volontà di difendere il posto di lavoro e a loro va la nostra totale e incondizionata comprensione e vicinanza.
Il fatto che i delegati della Fiom abbiano immediatamente rassegnato le dimissioni per non aver rispettato il mandato di coniugare diritti e lavoro non può che vederci solidali nei loro confronti, e rispettosi della loro onestà, ma riteniamo che tutta la vicenda poteva prendere una piega diversa se invece di restare immobili ci fosse stata un’audace ed energica azione di lotta intrapresa dal gruppo dirigente della Fiom, piuttosto che attendere passivamente il susseguirsi degli eventi, lasciando l’iniziativa in mano alla Fiat.
Riconoscere la sconfitta e i limiti mostrati nella nostra azione sindacale è condizione imprescindibile per evitare che questi errori si ripropongano in futuro nel prossimo inevitabile attacco allo stabilimento che segue nella lista nera di Marchionne.
L’argomento che è stato avanzato per giustificare la diversità di posizioni tra la Bertone e ciò che la Fiom ha difeso a Pomigliano e Mirafiori è la minaccia della Fiat di portare i libri in tribunale.
Non disconosciamo questo elemento ma consideriamo altresì che quando si è forti come sindacato (alla Bertone avevamo questa forza) e i lavoratori agiscono come un sol uomo ciò che è tecnicamente possibile per la controparte non sempre si ha il coraggio di attuarlo. Soprattutto se si è determinati ad andare fino in fondo non disdegnando forme di lotta più radicali.
La peggior cosa che possa avvenire è subire una sconfitta senza combattere, forse ancora peggio di questo è che i gruppi dirigenti non abbiano la forza di riconoscere la sconfitta dicendo le cose come stanno, e difendano argomenti molto simili a quelli che pochi mesi fa sono stati utilizzati da Bonanni e Angeletti contro di noi.
Anche nell’ipotesi di una sconfitta, l’aver preso una posizione di limpida opposizione avrebbe permesso di mantenere aperta una prospettiva di rilancio. Tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro scelta nell’urna, l’avrebbero compresa. Questa è precisamente la lezione di Pomigliano e Mirafiori, che ha visto apparentemente prevalere l’accordo ma che in realtà ha permesso di mantenere aperta la mobilitazione.
Le dichiarazioni della Marcegaglia, dimostrano fino a che punto il padronato è intenzionato ad incunearsi nella crepa con l’obiettivo di sfondare la diga.
Non possiamo permetterlo! Dobbiamo apprendere da questa esperienza negativa, serrare le fila al nostro interno e rilanciare un’offensiva nei luoghi di lavoro senza attendere passivamente che sia sempre la Fiat a decidere quando attaccare, come attaccare e dove attaccare, sfruttando i nostri punti di debolezza.
L’unica risposta possibile è cominciare a colpire noi, con una lotta senza quartiere, lì dove fa più male non affidando la nostra risposta esclusivamente al terreno giudiziario, che deve accompagnare il conflitto ma non può proporsi di sostituirlo.
In mancanza di questo il cedimento alla Bertone sarà solo il primo di una lunga serie che possono condurre la Fiom in un vicolo cieco fatto di sconfitte e arretramenti vanificando tutte le scelte giuste e coraggiose che l’organizzazione e il gruppo dirigente ha fatto negli ultimi anni.
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