Sulle trasformazioni di San Salvario
In questo periodo il nostro quartiere è spesso sulle cronache dei quotidiani per via di quella che viene ormai comunemente definita movida e per le retate organizzate dalle forze dell’ordine.
Per chi è nato a Torino o ci vive da lungo tempo è evidente il radicale cambiamento di immagine di San Salvario che oggi è caratterizzato -oltre che da una forte presenza di migranti- da un’intensa vita notturna che crea dibattito tra gli abitanti del quartiere, della città, i politici locali, le figure che si occupano di ordine pubblico e, addirittura, l’arcivescovo Nosiglia.
Abbiamo visto comparire sui balconi dei palazzi delle vie maggiormente interessate dalla presenza di locali, striscioni che reclamano il diritto al sonno, alla tranquillità, così come cartelli che si chiedono provocatoriamente se resterà qualche centimetro di marciapiede libero dai dehors.
Indubbiamente la questione è sentita. La nostra intenzione, però, è quella di provare ad ampliare un po’ lo sguardo per provare a comprendere alcuni dei meccanismi che hanno portato al verificarsi di queste trasformazioni. Un primo aspetto, innegabile, è che si tratta di trasformazioni imposte dall’alto: nessuno ha consultato gli abitanti del quartiere per chiedere loro come si potesse cambiare in meglio, che cosa mancasse, che cosa avrebbero desiderato ecc ecc… Ora, a conti fatti, e quando ormai ci sembra di poter anche dire che ci si sta già orientando verso altre zone della città in cui effettuare nuove speculazioni, si dà spazio -sulle cronache locali e nei consigli di circoscrizione- agli abitanti che si lamentano, a strampalati progetti di ZTL notturne e all’improvvisa emergenza sicurezza data dalla presenza di alcuni spacciatori.
Ci viene spontaneo chiederci: come mai nessuno ha pensato di interpellare prima chi abita in quartiere? Ci sembra evidente che l’unica logica che ha animato la volontà di concentrare un gran numero di locali notturni in uno stesso quartiere, per di più così densamente abitato, sia la volontà di speculazione.
Non possiamo, oltretutto, leggere questo cambiamento di immagine senza metterlo in relazione con la chiusura dei Murazzi, luogo storico della movida torinese. In quel caso un’operazione della magistratura guidata dai ben noti Padalino e Rinaudo, ha messo improvvisamente in luce irregolarità strutturali, tasse non pagate ecc ecc Non è nostra intenzione fare discorsi complottisti, bensì ipotizzare che le irregolarità erano sicuramente note da tempo ma che la causa scatenante sia stata data dal fatto che, seppur non in mezzo alle case, come invece è nel caso di San Salvario, la vita notturna dei Murazzi e di piazza Vittorio (a cui spesso si riferisce come il salotto buono di Torino) dava fastidio ad una classe di cittadini ritenuti di “serie A” rispetto alla composizione popolare e studentesca di chi abita tra Porta Nuova e il fiume Po.
San Salvario ha una storia molto più complessa: lo sviluppo urbanistico del quartiere iniziò verso la metà dell’ottocento dopo l’abbattimento delle mura difensive che circondavano il centro storico. In pochi anni divenne uno dei quartieri residenziali preferiti dalla borghesia torinese e rimase tale fino agli anni ottanta del secolo scorso quando iniziò a caratterizzarsi come primo approdo dei migranti che venivano a lavorare nelle industrie cittadine. Iniziò ad esser conosciuto come uno dei quartieri multietnici e sul suo territorio si trovano anche i luoghi di preghiera di religioni differenti: le chiese cattoliche, il tempio valdese, la sinagoga e la controversa moschea di via Saluzzo, all’interno di un basso fabbricato. Anche analizzando i luoghi di culto si possono leggere alcune dinamiche di potere che si sedimentano a partire dall’intreccio dell’identità culturale-religiosa ma soprattutto dal peso economico e politico delle comunità di riferimento; per cui abbiamo una sinagoga in una piazzetta resa appositamente pedonale e sorvegliata costantemente dai militari, circondata da attività commerciali della comunità ebraica mentre la moschea si trova nascosta, all’interno di un basso fabbricato, una presenza inevitabile ma poco gradita e sicuramente non dotata della stessa dignità degli altri luoghi di culto presenti in San Salvario.
Le dinamiche economiche e di potere sono dunque la lente che stiamo utilizzando per leggere le trasformazioni sul territorio, rifiutando invece un approccio morale o di principio che non pensiamo fornisca strumenti adeguati per cogliere la rilevanza tutta politica di questi cambiamenti imposti al quartiere.
Trasformarlo nel quartiere dei giovani, nel momento in cui la stessa Torino è investita dalla retorica del sindaco Fassino che la descrive come la città dei giovani svela delle intenzioni precise: cambiare il volto non solo di quelle strade e piazze ma anche, e soprattutto, degli abitanti.
La crisi -che nella nostra città morde più che in altri luoghi- ha fatto sì che gli storici negozietti e botteghe artigiane (s)vendessero facilmente per lasciare il posto agli innumerevoli locali notturni e questo ha fatto sì che alcune vie di San Salvario cambiassero volto non solo di notte, ma anche di giorno… Sono venuti meno tutta una serie di servizi e negozietti perciò alcune strade, di giorno, sono completamente deserte e di notte si animano per la per la presenza di centinaia di giovani.
Giovani che vengono visti esclusivamente come consumatori o come potenziali affittuari e per i quali in quartiere sono quasi del tutto assenti spazi in cui poter chiacchierare, conoscersi senza essere costretti necessariamente a spendere soldi.
Cucire su San Salvario l’immagine di quartiere dei giovani si traduce anche -con quello che, evidentemente, viene ritenuto un sinonimo- in un aumento spropositato del costo degli affitti.
In quanto comitato di quartiere sappiamo bene di cosa stiamo parlando: da diverso tempo ci occupiamo di resistenza agli sfratti e abbiamo incontrato molte persone o nuclei familiari a cui non è stato rinnovato, da parte del padrone di casa, il canone di locazione al momento di scadenza del contratto; al fine di poter affittare, singole stanze -possibilmente a studenti fuori sede- ad un prezzo sensibilmente più alto. La crisi infatti non ci vede tutti sulla stessa barca, altra immagine retorica spesso evocata dai politici nostrani, ultimamente particolarmente cara al governo Renzi. C’è chi specula sulla crisi e per questo si arricchisce sempre più. E’ il caso, ad esempio, dei diversi palazzinari presenti in quartiere che, a fronte di un numero sempre maggiore di singles, anziani, o famiglie che hanno enormi difficoltà a pagare l’affitto o il mutuo, possono invece permettersi il lusso di tenere interi palazzi di loro proprietà vuoti, aspettando un buon compratore o il momento più adatto per affittarli. Palazzinari che in altri casi sono noti per affittare in nero posti letto agli immigrati a prezzi elevatissimi in stabili fatiscenti.
L’aumento degli affitti produce a sua volta un ricambio pianificato degli abitanti del quartiere che, presentato come alla moda, dev’essere in grado di attirare studenti e nuovi abitanti provenienti da classi più abbienti mentre i più precari o meno desiderabili vengono respinti in aree più periferiche. In quest’ottica leggiamo le operazioni contro lo spaccio portate a termine in maniera sensazionalistica e spettacolare, con un dispiego di forze spropositate e nella maniera più visibile e rumorosa possibile, durante il fine settimana, ora che fa più caldo e c’è più gente in giro, perché si sappia, perché non passi sotto silenzio che San Salvario adesso è un quartiere che si sta ripulendo, nel quale è desiderabile riuscire ad abitare. I migranti vanno bene solo se danno un tocco di esotico che fa meno provincia e i giovani se pagano gli affitti e consumano nei locali, creano già qualche problema quando parlano a voce alta quando parlano fuori dai locali figuriamoci quando prendono parola sul loro presente e futuro! Quando si organizzano collettivamente per resistere agli sfratti, quando insieme ad altri abitanti decidono di dire no ad un progetto di parcheggio sotterraneo in corso Marconi che prevede la costruzione di box privati a pagamento, quando organizzano presidi insieme ai lavoratori contro la chiusura di un ospedale come il Valdese perché la regione opera tagli sul diritto alla sanità.
La situazione attuale è questa: viviamo in una zona che sta cambiando profondamente e rapidamente, queste trasformazioni sono imposte dall’alto senza che ci sia stato alcun confronto con gli abitanti. L’immagine proposta è quella di un quartiere che si sta tentando di pacificare espellendo tutto ciò che non si conforma o che crea ostacoli a questa vetrina. Noi sappiamo che è solo un’immagine, che in realtà è un quartiere ricco di contraddizioni e che in questo scenario sta a noi prender parola!
Comitato di quartier San Salvario
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