InfoAut
Immagine di copertina per il post

VINO NUOVO IN OTRI NUOVI

||||

Agricoltura, economia e guerra

Da Malanova.info

Un’intera economia basata sulle energie fossili trascina nella sua débâcle anche l’agricoltura, il manualistico “settore primario” che oggi decade sempre di più nelle percentuali del prodotto interno lordo. “Quando avranno inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero, preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche”, profetizzava Toro Seduto.  Senza chimica, senza i fertilizzanti derivati dal petrolio pare che non si possa più coltivare. Echi di carestia si alzano nel mondo. Secondo alcuni analisti la guerra in Ucraina avrebbe fatto innalzare il costo dei fertilizzanti del 170%.

A lanciare l’allarme è la Borsa merci telematica italiana (Bmti) che ha effettuato un approfondimento sui listini delle Camere di commercio e delle Borse Merci italiane. Dall’analisi emergono diffusi aumenti nella settimana che va dal 28 febbraio al 4 marzo, con un +3,8% per l’urea, attestata sugli 875 euro a tonnellata (+120% rispetto a un anno fa), e un +0,9% per il nitrato ammonico, salito sui 675 euro a tonnellata (+140% rispetto al 2021). Gli incrementi però – sottolineano a Bmti – si estendono a tutto il comparto, interessando anche i fertilizzanti a base di potassio e fosforo, con rialzi su base annua del +112% per il cloruro di potassio e del +96% per il perfosfato triplo. L’area del Mar Nero – prosegue ancora Bmti – costituisce, inoltre, uno snodo fondamentale per il commercio globale di questi prodotti, con la Russia primo esportatore mondiale e l’Ucraina che ricopre un ruolo importante per l’export dell’urea (ottavo esportatore mondiale nel 2020), principale elemento nutritivo a base di azoto per le coltivazioni (a questo link l’articolo del Sole 24 Ore).

Secondo altri osservatori un aumento ben più cospicuo del costo dei fertilizzanti è avvenuto a causa del blocco del Covid.

Secondo il report di Christine Ro, della BBC, l’anno scorso (e ancora non c’era la guerra in Ucraina) il prezzo dei fertilizzanti si è impennato del 320%. Motivi? L’interruzione della catena degli approvvigionamenti, il costo dei noli marittimi, la fiammata della ripresa post-pandemica, con lo sbilanciamento tra domanda e offerta e l’astronomico rialzo del costo del gas. Che era già alto prima dell’invasione di Putin (a questo link l’articolo di approfondimento).

Già prima dell’invasione russa dell’Ucraina il commercio mondiale di prodotti agro-alimentari stava vivendo una acuta fase di stress dovuta a prezzi record. Tra le cause, una combinazione di crescenti costi energetici legati alle tensioni diplomatiche tra i maggiori produttori mondiali di gas e petrolio e il resto della comunità internazionale; le criticità logistiche e gli ampi sprechi legati al funzionamento just-in-time delle filiere produttive globalizzate investite dalle chiusure e dai ritardi causati dalle politiche di contrasto al COVID-19; e una serie sempre più ricorrente di eventi climatici estremi verificatisi in Paesi del mondo che ricoprono un ruolo fondamentale nel commercio agroalimentare quali lunghi periodi di siccità in Brasile, Argentina ed Africa Orientale uniti a vaste inondazioni in Cina (link all’articolo dell’ISPI).

Secondo l’agronomo Paolo Caruso, “coltivare un ettaro di frumento costa circa 600 euro in più rispetto all’anno scorso. Un terzo dell’aumento riguarda soltanto i fertilizzanti”. L’aumento dei prezzi dei concimi chimici e quello relativo all’energia hanno prodotto una tale situazione che naturalmente si riverbera sui prezzi al dettaglio, rincari del cibo e delle bollette che peseranno evidentemente sugli stipendi fissi dei dipendenti italici. 

Se gli aumenti del gas e i relativi aumenti dei fertilizzanti chimici hanno subito aumenti vertiginosi già prima della guerra in Ucraina, molto probabilmente la stessa è usata come foglia di fico per nascondere la deriva sistemica del capitalismo. Così come la pandemia più che essere prevenuta viene curata con i costosissimi vaccini, la carestia globale viene giustificata da una guerra che riguarda un’area relativamente piccola del globo terraqueo. Non si vogliono vedere, anzi si vogliono deliberatamente occultare, i danni sistemici che il modello economico mondiale ci sta procurando. All’alert prodotto da diversi rapporti scientifici che propongono una netta inversione dei modelli produttivi mondiali si risponde con delle pezze per nascondere gli squarci di una tela consunta che sarà destinata a squarci maggiori nei prossimi tempi. Anzi, in verità, lo spauracchio del blocco dell’export russo di gas, ha velocizzato la “riconversione della conversione” europea. Dal trionfalistico Green deal si è immediatamente passati alla ri-conversione a carbone delle industrie e delle centrali da tempo alimentate a gas considerata l’energia ponte, più economica e meno inquinante, verso le rinnovabili. Addio cambiamenti climatici, addio economia verde.

“Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano” (Mt 9, 16-17).

La scommessa allora non è implementare strategie per mantenere lo status quo dell’economia mondiale trovando dei piccoli correttivi ma come cambiare radicalmente un sistema che ha ampiamente dimostrato di non funzionare, un nuovo otre dove versare un nuovo vino. Ma le abitudini, si sa, sono difficili da correggere e quindi si preferisce, per non scontentare nessuno, continuare a versare vino negli otri vecchi destinati inevitabilmente a rompersi. Sarà colpa di Putin e della sua guerra imperialista o difensiva, a seconda di come la si pensi, sarà colpa della Cina e dei suoi esperimenti virali o della tradizione di mangiare pipistrelli, sarà colpa del destino cinico e baro… tutto pur di non cambiare un modello di sviluppo che invece di inverare le famose “magnifiche sorti e progressive” ci sta conducendo, lentamente ma inesorabilmente, nel baratro dell’inquinamento climalterante, di una stabile pandemia globale e, pare, tra qualche tempo in una carestia senza sbocchi.

Questo dato sarebbe motivo sufficiente per far nascere nuove idee del campo dell’antagonismo mondiale che invece rimane a guardare l’evolversi “dell’internazionale conservatrice”, nazionalista e razzista. Divisi in mille rivoli che inseguono sempre le falle del sistema moribondo, aggredendo la coda invece che attaccarsi alla testa del flusso degli eventi per provare ad analizzarli e dirigerli verso prospettive nuove. Mentre i reparti nazisti dell’esercito Ucraino diventano i nuovi eroi della resistenza europea, mentre ideologie occultiste e razziste stanno alla base dei nuovi maître-à-penser di destra, mentre la Meloni vola nei sondaggi, la sinistra internazionale, istituzionale e non, pensa ai diritti civili LGBTQ, al gender fluid, al diritto dei migranti ad essere sfruttati ‘decorosamente’ dal capitale in un campo di concentramento coltivato a pomodori,  al problema – sollevato dal segretario del Pd Letta poco tempo fa – dell’apertura del sacerdozio alle donne; tutte questioni ben tollerate e addirittura sponsorizzate dal mainstream. Proposte di ‘costume’ (passateci il termine) e mai declinate come si dovrebbe, come forme di dominio del capitale. Proposte che non scalfiscono il modo di produzione e riproduzione imperante. Nessun cenno alle dinamiche dell’automazione, del lavoro sempre più inesistente, precario e parcellizzato nel nord del mondo con i lavori usuranti spostati strategicamente nel sud del globo. Informatica e automazione in occidente, opifici tradizionali in oriente: possiamo affermare, senza tema di smentite, che se si fermano Cina, India, Pakistan e altri importanti pezzi del mosaico asiatico si ferma l’intera produzione mondiale.  Semplicemente perché negli ultimi 30-35 anni abbiamo designato quei luoghi come quelli preposti alla produzione manifatturiera e in special modo i passaggi produttivi meno remunerativi o più costosi in termini di lavoro e più impattanti a livello ambientale (da un recente articolo di Malanova).

Oggi, però, in epoca di conflittualità geopolitica, ci si accorge che in molti campi la Russia, la Cina, l’India sono ormai indispensabili, perché i fertilizzanti si producono lì come gran parte delle altre merci fondamentali che poi vengono impacchettate e distribuite da Amazon o pubblicizzate da Google. Gli stessi dazi e le stesse sanzioni spesso si ritorcono contro le economie di chi le ha comminate. Un esempio su tutti per ritornare al tema: pare che il costo dei fertilizzanti non sia decuplicato a causa della stretta russa mai avvenuta ma a causa dei dazi imposti dall’occidente e le minori importazioni: L’inasprimento delle tensioni sui mercati delle materie prime dei diversi comparti da fine febbraio 2022 (energia, metalli, non metalli, fertilizzanti, derrate agricole) è dipeso dal fatto che Russia e Ucraina, e in misura minore anche la Bielorussia, sono tra i principali fornitori mondiali di queste commodity. I tre paesi, infatti, detengono quote molto elevate dell’export mondiale di diverse commodity. […] Presi insieme, i due paesi arrivano quasi al 25% dell’export mondiale di grano. Per il mais, Russia e Ucraina esportano circa il 17,5% su scala globale. […] Ricadute economiche delle cosiddette “auto-sanzioni” da parte dei paesi occidentali, mossi in alcuni casi dalla volontà di ridurre i propri rapporti commerciali con l’economia russa per motivazioni reputazionali e/o legali: l’eventuale interruzione, anche temporanea, dell’import di qualche materia prima dalla Russia (sebbene le sanzioni ufficiali non lo prevedano) inevitabilmente contribuirebbe ad acuire la tensione sui mercati e quindi sui prezzi, perché ridurrebbe l’offerta effettivamente disponibile di quella specifica commodity (Centro Studi Confindustria, L’economia italiana alla prova del conflitto in Ucraina, 2022).

La propaganda di guerra e il clima emergenziale, come al solito, sono utilizzati come strumento di governance per ricalibrare le politiche economiche a danno dei popoli e dell’ambiente. Non si parla più dell’inversione verde che aveva caratterizzato tutto il dibattito pre e post covid. Rimangono sulla carta, certo, gli obiettivi prefissati ma non le azioni che avrebbero dovuto essere compiute per avere da qui a 30 anni una reale diminuzione delle emissioni inquinanti e climalteranti e un autentico impatto sui cambiamenti climatici. Non che fossimo appassionati del programma farlocco che andava sotto il nome di Green Deal (Malanova, Capitale e natura: le strategie di smaltimento e il mantra della decarbonizzazione, 2022) ma oggi cade anche l’ultima foglia di fico che copriva, colorandola di verde, l’immane tragedia che vivremo se nessuno avrà il coraggio di proporre una vera inversione sistemica. Questa tragedia, non giriamoci intorno, ha il nome di capitalismo.

La redazione di Malanova

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Bisognidi redazioneTag correlati:

agricolturaguerraTRANSIZIONE ECOLOGICA

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Italia: una società anziana, malata e sempre più diseguale

Due recenti rapporti ci offrono un affresco delle condizioni in cui versa la società italiana, disegnando uno scenario di forti diseguaglianze, frammentazione sociale e crisi demografica.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Briosco dice No all’Italian Raid Commando nella scuola del paese

A Briosco, paesino di poche migliaia di abitanti in Brianza, si è tenuta la 37esima edizione dell’Italian Raid Commando ossia una esercitazione militare cammuffata da competizione/allenamento da svolgersi nella palestra della scuola, resasi disponibile per l’accoglienza, oltre che nei boschi circostanti.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Falerna: uomo muore per strada dopo aver trovato la guardia medica chiusa

La vicenda di Falerna, in cui un uomo muore davanti alla guardia medica chiusa, rappresenta una realtà drammatica e simbolica della situazione della Calabria, dove gli interessi privati hanno divorato i servizi essenziali. da Addùnati Questo episodio non è un caso isolato, ma la conseguenza di anni di abbandono, tagli e decisioni politiche sbagliate frutto […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Libertà per Tarek,Anan, Ali e Mansour. Libertà per il popolo palestinese

Riceviamo e pubblichiamo da compagne e compagni di Roma questo appello in solidarietà a Tarek Dridi, Anan, Alì e Mansour. Mercoledì 21 si invitano tutt a partecpare al presidio in solidarietà al tribunale a L’Aqula per il procecesso di Anan, Alì e Mansour, mentre giovedì 22 al faro del gianicolo si porterà solidarietà a Tarek […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Stop Riarmo: assemblea pubblica a Torino

Riprendiamo l’indizione dell’assemblea pubblica e segnaliamo il percorso di Stop Riarmo che si sta sviluppando a Torino.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

In ricordo di Sara Marzolino

La redazione di Infoaut si unisce al Movimento No Tav nel ricordo di Sara, giovane compagna reggiana che ci ha lasciati ieri.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

La città cantiere e il mito delle grandi opere: una chiamata dallo Stretto a intrecciare voci, resistenze, immaginari

Ci sono progetti che non si misurano solo in chilometri di cemento, in tonnellate d’acciaio e in cavilli ingegneristici. Progetti che dall’alto piombano sulla vita delle persone imponendo devastazione, macerie e profitto per pochi.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

La sanità tra finanziarizzazione ed economia di guerra

È un anno, il 2025, caratterizzato dalla Terza guerra mondiale, che rischia di ampliarsi e deflagrare oltre quei “pezzetti”, che percepì e segnalò per primo, solo pochi anni fa, Papa Francesco e dalla svolta protezionistica dei dazi innescata dal presidente USA Trump, un passaggio epocale, paragonabile, per portata storica, agli accordi di Bretton Woods, alla […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Blackout in Spagna: un segnale inascoltato

Cercando i fatti Giorgio Ferrari ci guida tra speculazioni, bugie e contraddizioni.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Non lasceremo loro nulla”. La distruzione del settore agricolo e dei sistemi alimentari di Gaza /2

Questo rapporto “Non lasceremo loro nulla” (*) affronta la distruzione del settore agricolo e delle strutture legate alla produzione alimentare durante l’assalto militare israeliano in corso sulla Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023. di Palestinian Centre for Human Rights, da ECOR Network Qui la prima parte. II. La distruzione israeliana del settore agricolo e dei sistemi […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Manifestazione nazionale contro il riarmo, la guerra e il genocidio in Palestina: 21 giugno a Roma

La data per la manifestazione nazionale a Roma contro il riarmo e la guerra è stata individuata nel 21 giugno, poco prima che si tenga il summit NATO all’Aja dal 25 al 25 giugno sulla Difesa e la spesa militare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Missioni militari 2025. Carta bianca per la guerra

“Sono attualmente in corso 39 missioni e operazioni internazionali, per una consistenza media di 7.750 unità, un contingente massimo autorizzato pari a 12.100 unità, e un onere finanziario complessivo che ammonta a 1,48 miliardi, divisi tra 980 milioni per il 2025 e 500 milioni per il 2026”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Disarmiamoli: verso il 21 giugno a Roma

Ripubblichiamo il comunicato uscito dall’assemblea nazionale chiamata dalla Rete dei Comunisti, da Potere al Popolo e USB a Roma che guarda alla data di manifestazione nazionale del 21 giugno. In questa fase ogni mobilitazione nella prospettiva di attivarsi contro il riarmo generale, contro la militarizzazione della società e a sostegno della resistenza palestinese è da sostenere e attraversare.

Immagine di copertina per il post
Contributi

Putin: un politico professionale

A distanza di tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina, ultimo atto di un lungo conflitto tra due paesi e tra due imperi, riprendiamo un’intervista inedita di qualche mese fa alla studiosa Rita di Leo, sulla biografia politica di Vladimir Vladimirovič Putin.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’imperialismo nell’era Trump

Che cos’è oggi l’imperialismo, di cui la cosiddetta “era Trump” è precipitato? Come si è trasformato, tra persistenza e discontinuità? Non sono domande scontate, di mera speculazione teorica. da Kamo Modena Ma nodo fondamentale da sciogliere per porsi all’altezza delle sfide pratiche e politiche poste da questi tempi sempre più accelerati di crisi sistemica. Per […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Non lasceremo loro nulla”. La distruzione del settore agricolo e dei sistemi alimentari di Gaza

Questo rapporto “Non lasceremo loro nulla” (*) affronta la distruzione del settore agricolo e delle strutture legate alla produzione alimentare durante l’assalto militare israeliano in corso sulla Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023. di Palestinian Centre for Human Rights, da ECOR Network Ciò include bombardamenti e razzie di terreni agricoli, sradicamento e bruciatura di […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Trump 2.0: una svolta epocale?

Un confronto sulla percezione che sulle due sponde dell’Atlantico si ha della crisi in corso è importante, ma deve scontare uno choc cognitivo dovuto alla difficoltà di mettere a fuoco una svolta forse epocale.