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Blitz della Guardia Civil, arrestati membri della Generalitat: Rajoy alza la posta sul referendum catalano

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Quattordici arresti tra esponenti del governo autonomo di Catalogna e tecnici responsabili delle procedure di voto per il referendum consultivo del primo ottobre sull’indipendenza della Catalogna. Migliaia di catalani scendono in piazza questa mattina contro il colpo di mano di Madrid e del premier Rajoy.

Il blitz della Guardia Civil spagnola ha interessato il dipartimento dell’economia, degli esteri, del lavoro e degli affari sociali e nella sede del governo di Barcellona oltre che al centro catalano di telecomunicazioni e tecnologia. L’operazione attua per conto del ministero degli interni la sentenza del Tribunale Costituzionale che l’8 settembre aveva bocciato la costituzionalità della consultazione referendaria: l’indivisibilità dello stato spagnolo resta un dogma infallibile anche nello Stato post franchista e attorno al quale si aggrumano interessi di varia natura, non solo ideologica e nazionalista: l’economia catalana è vitale per lo stato iberico. Carles Puigdemont ha convocato una riunione d’urgenza di tutti i ministri della Generalitat e nel frattempo migliaia di catalani sono scesi in piazza davanti alle sedi amministrative del governo catalano ancora presidiate dalla Guardia Civil per difendere il proprio diritto al voto del primo ottobre e contro l’arroganza del governo di Madrid. Si tratta anche e soprattutto di uno scontro politico forte contro il Partido Popular di Mariano Rajoy, funestato dagli scandali ma ancora in sella, quasi come un’ostentata provocazione fatta in nome della democrazia e della legittimità delle istituzioni spagnole. Lo stesso Rajoy sembra interpretare con forza questo passaggio al fine di ricostruire una legittimità del proprio esecutivo e della sua figura attorno al consenso spagnolista e in nome del pugno duro in difesa dell’unità nazionale. Una strategia di unità nazionale che però in Catalogna non attecchì neanche in occasione del rito della commozione nazionale dopo l’attentato di questa estate a Barcellona.

Le linee di fuga dai centri del potere restano un’invarianza in questa fase, riformulandosi spesso e volentieri dentro nuovi ordini sovrani in continuità con poteri e interessi soggiacenti anche agli equilibri precedenti. Lo stesso governo di centro-sinistra di Puigdemont e la sua formazione politica Junts-pel-sì sono legati ai grossi blocchi di interesse economico-finanziari delle classi dirigenti catalane. Comunque le contraddizioni della lunga crisi europea si approfondiscono, dalla Brexit al referendum catalano, e anche le forze che del “discorso populista” e della sua reinterpretazione hanno fatto la propria bandiera terremotando il quadro politico recente come Podemos faticano a cedere il passo allo sviluppo di possibili rotture istituzionali per non compromettere il quadro governativo entro il quale provano a ritagliarsi una compatibilità come forza di rinnovamento. Anche davanti al blitz della Guardia Civil il leader di Podemos Iglesias, sostenitore delle forme di partecipazione democratica e di un decentramento federalista, non si è spinto oltre una condanna di principio del tipo “queste cose in democrazia non succedono”. Debole.
Lo sviluppo di questo scontro potrebbe innescare nuove forze contro il PP, contro le dimensioni istituzionalità centralista, in grado di attivare, attorno alla questione referendaria, un’opportunità di rimescolare le carte anche dentro il fronte indipendentista catalano assumendo il superamento anche degli assetti paralleli di istituzionalità che fino a ora, nel contesto della Generalitat, hanno promosso il referendum. Staremo a vedere.

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pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

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