Gaza: 20esimo giorno di assedio. Blitz israeliano via terra. Il Nord della Striscia spianato di bombe.
Palestina.
Nelle prime ore di giovedì 26 ottobre 2023, 20esimo giorno di attacco contro Gaza dopo l’attacco in territorio israeliano compiuto da Hamas, l’esercito di Tel Aviv fa sapere di essere entrato all’interno del nord della Striscia usando reparti di fanteria e carri armati per colpire presunte postazioni di lancio di missili anticarro “e preparare – dicono i soldati – il futuro campo di battaglia”. Tel Aviv sostiene di avere ucciso decine di persone, definite genericamente “terroristi”.
Sarebbe, secondo diversi analisti, la terza operazione del genere in 3 giorni; la prima ufficializzata da Tel Aviv che prepara così anche mediaticamente l’invasione via terra, come ribadito da Netanyahu: “non si sa quando e come, ma avverrà”. A suo dire l’unica via per “eradicare Hamas e liberare gli ostaggi è entrare” nella prigione a cielo aperto chiamata Striscia di Gaza.
Qui, da 20 giorni si bombarda, giorno e notte: il nord della Striscia (nello scatto, quel che resta di Beit Hanoun) i raid israeliani hanno ucciso circa 8mila persone, tra cui quasi 3mila bambini, a cui aggiungere 20mila feriti. Ci sono poi almeno un migliaio di dispersi, sotto le macerie. Un terzo degli ospedali e due terzi delle cliniche di assistenza sanitaria di base hanno chiuso senza carburante e medicinali. Acqua e cibo continuano a scarseggiare ovunque.
Oggi, giovedì 26 ottobre 2023, si segnala un violento fuoco d’artiglieria a est del campo profughi di Bureij (nel centro della Striscia), dove fonti di Hamas parlano anche di un elicottero israeliano colpito, non è chiaro se abbattuto o solo danneggiato. Massicci bombardamenti aerei di Tel Aviv martellano poi sia a Nord che a Sud, verso il valico di Rafah e Khan Younis. Qui centrato un intero palazzo residenziale, con almeno 18 vittime e 40 feriti.
Ai numeri delle vittime palestinesi il presidente Usa Biden ha detto di “non credere”, nonostante immagini e video forniti ogni giorno dai giornalisti indipendenti di Gaza, che Israele mette nel mirino: in 20 giorni sono 20 i reporter ammazzati, uno al giorno, da Tel Aviv. Muoiono anche i famigliari dei giornalisti: nelle scorse ore il capo dell’ufficio a Gaza di Al Jazeera, Wael Dahdouh, ha perso moglie, figlio e figlia, uccisi da un bombardamento israeliano che ha colpito l’abitazione in cui si trovavano.
Laconica l’Onu: “non esiste alcun posto sicuro a Gaza”.
Si tratta nel contempo per la liberazione dei 224 ostaggi portati dentro Gaza, 12 dei quali con passaporto Usa: al riguardo il quotidiano israeliano Haaretz fa sapere che “il rilascio di un significativo numero di ostaggi potrebbe avvenire in due giorni, forse anche meno in base, all’andamento dei negoziati”. Da un lato Hamas tratta, dall’altro continua a fare partire razzi: in serata una salva si è diretta verso il centro di Israele. 2 hanno colpito, facendo danni materiali, Rishon Le Zion.
In Cisgiordania, invece, sono quotidiani i raid di coloni e dell’esercito occupante: spari e incursioni militari all’alba nella zona di Tubas, verso nord, tra Nablus e Jenin. Scontri tra agricoltori palestinesi e coloni israeliani tra Deir Jrar e Taybeh, a est di Ramallah, durante la raccolta delle olive. I residenti palestinesi sono stati assaliti da una trentina di coloni israeliani, che però stavolta avrebbero avuto la peggio, costretti alla ritirata. 7 i feriti, 5 palestinesi – lievi – e 2 israeliani, uno dei quali in gravi condizioni. Dal 7 ottobre in West Bank, dove Hamas è minoritaria e governata dal 2005 da Abu Mazen (Fatah), sono 140 gli attacchi dei coloni. 103 le vittime palestinesi tra cui 29 minori. 2mila i feriti, 1400 le persone sbattute in prigione senza accuse né processo.
Lato nord: nella notte la Difesa aerea israeliana ha intercettato un missile terra-aria lanciato dal Libano contro un drone di Tel Aviv che a sua volta aveva invaso lo spazio aereo libanese, nell’ambito delle tensioni continue con Hebzollah, di fronte alle quali migliaia di civili – libanesi e israeliani – hanno lasciato le loro case. In risposta, gli aerei israeliani hanno colpito la base di lancio del missile.
Lato internazionale. Veti incrociati al Consiglio di Sicurezza dell’Onu su due risoluzioni rivali in materia di Palestina. Sul tavolo dei 15 c’erano una risoluzione della Russia che chiedeva il cessate il fuoco e un’altra degli Stati Uniti che non parlava di cessate il fuoco e affermava solo il diritto a difendersi di Israele. La mozione Usa è stata bloccata dal veto russo ma pure dal no e dall’astensione della maggior parte dei Paesi. Bocciata pure la risoluzione presentata dalla Russia, che però ha ricevuto il numero di sì necessari di quasi tutti gli Stati membri, bloccata solo per il veto di Usa e Gran Bretagna.
Una bozza per il cessate il fuoco presentata dalla Giordania sarà intanto esaminata in giornata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Anche se approvata, cosa probabile visti i numeri, non sarebbe comunque vincolante, a differenza di quelle del Consiglio di Sicurezza.
Capitolo europeo. Oggi e domani a Bruxelles il Consiglio europeo durante il quale si mescoleranno la questione palestinese (si tratta sulle parole: “pausa umanitaria” o “pause umanitarie”) e quella ucraina, dato che ci sarà anche Zelensky, che chiederà più sanzioni contro Mosca. Si parlerà anche di migranti, con la Von Der Leyen a chiedere una nuova missione europea di respingimenti, più rimpatri e altri accordi con i Paesi della sponda sud, in particolare l’Egitto.
L’intervista a Meri Calvelli, cooperante di ACS e presidente del Centro italiano di scambi culturali “Vik” attivo da anni all’interno di Gaza. Ascolta o scarica
SOLIDARIETA’ IN ITALIA – Il Centro italiano di scambi culturali “Vik” di Gaza, dedicato al compagno e volontario internazionalista Vittorio Arrigoni, ha aderito alle due mobilitazioni nazionali previste tra venerdì 27 e sabato 28 ottobre. Venerdì a Roma (ore 18, Esquilino) ci sarà la fiaccolata lanciata da Amnesty International e Aoi (Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale) con un appello congiunto a istituzioni italiane ed europee per “porre al centro dell’azione politica il rispetto dei diritti umani e della vita delle popolazioni civili” oltre ad “affrontare con urgenza la crisi umanitaria a Gaza e le violazioni dei diritti umani”. Fiaccolate anche in altre 7 città, come Milano (piazza Castello, ore 19.00)
Sabato 28 ottobre invece, sempre a Roma ma alle ore 15 da Porta San Paolo (metro Piramide) corteo nazionale per la Palestina, “per la lotta di liberazione anticoloniale, per spezzare l’assedio a Gaza, per fermare il genocidio” indetta da Giovani Palestinesi d’Italia e Movimento Studenti Palestinesi in Italia e ripresa da decine di realtà solidali. “Il massacro non si non si fermerà finché in Palestina esisterà uno Stato coloniale animato da un’ideologia razzista. Non può esserci pace senza giustizia”, si legge nel comunicato d’indizione del corteo nazionale per la Palestina del 28 ottobre a Roma.
Sempre dall’Italia, giovedì sera un gruppo di cittadine-i ha srotolato uno striscione nella navata centrale del Duomo di Milano con la scritta “Basta guerre, basta ingiustizie”. Avrebbero voluto leggere un comunicato, ma sono stati sbattuti fuori prima di averne la possibilità. “Siamo cittadini e cittadine – questo il testo – che non reggono più nell’assistere a ciò che avviene nel mondo. Queste frasi dobbiamo dirle, scriverle, gridarle ovunque, nei luoghi più importanti e meno importanti, nei luoghi più impensati”. E così ieri sera hanno indossato le lettere componendo questa scritta di pace prima che i cartelli venissero strappati via dalla vigilanza del Duomo: “La stragrande maggioranza degli abitanti di questo pianeta non ne può più di guerre, ingiustizie, sofferenze, morti, uccisioni, violenza, armi, missili, bombe – concludono le persone che hanno partecipato all’azione – Fermate le guerre, Pace ora”.
La corrispondenza da Milano con Andrea De Lotto, nostro collaboratore e presente all’azione in Duomo a Milano. Ascolta o scarica
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