Georges Abdallah: no all’annessione dei territori palestinesi!
Georges Ibrahim Abdallah è in prigione da più di 35 anni. Combattente della resistenza comunista libanese impegnata dalla parte dei combattenti palestinesi, è detenuto dal 1984 dal sistema giudiziario francese e dai governi che si sono succeduti per complicità in atti di resistenza all’invasione sionista del suo paese, il Libano. Va ricordato che questo prigioniero politico, scagionabile dal 1999, è detenuto nel carcere di Lannemezan (Francia) per ordine del governo statunitense, nonostante due scarcerazioni pronunciate dal tribunale per l’esecuzione delle sentenze.
Inoltre, in quanto militante comunista rivoluzionario, durante la sua prigionia, Georges Abdallah non ha mai rinunciato neanche minimamente al suo impegno politico anti-imperialista, che ancora oggi conferma con la sua ferma volontà e il suo fermo attaccamento alla giusta causa dei popoli oppressi della Palestina, del Libano e di tutto il mondo. La lotta per il suo rilascio è finalmente parte integrante della più ampia lotta per difendere tutti i prigionieri politici rivoluzionari del mondo. Ed è in questo quadro che la nostra solidarietà deve essere affermata anche nella lotta di Georges Abdallah, una lotta permanente contro l’imperialismo, il capitalismo e per una Palestina libera.
Di seguito, la dichiarazione di Georges Abdallah contro l’annessione della Cisgiordania, contro l’occupazione sionista e a sostegno della resistenza del popolo palestinese, pubblicata dal Collectif pour la Libération de Georges Ibrahim Abdallah e letta durante la manifestazione che si è tenuta a Parigi lo scorso 27 giugno alla quale abbiamo partecipato insieme a molte organizzazioni di classe arabe, nordafricane e internazionali, continuando a costruendo mobilitazioni che vedano le due sponde del Mediterraneo lottare insieme.
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Cari/ amici/che, cari/e compagni/e,
In condizioni particolarmente difficili, le masse popolari palestinesi e le loro avanguardie rivoluzionarie combattono senza sosta dalla fine degli anni Sessanta. L’emergere e l’affermarsi della rivoluzione palestinese contemporanea, dopo la sconfitta della borghesia araba e dei suoi vari regimi nel 1967, hanno certamente suscitato l’entusiasmo delle masse popolari e delle forze vive del mondo arabo, soprattutto nel Mashrek (l’insieme dei paesi arabi che si trovano a est rispetto al Cairo e a nord rispetto alla penisola arabica, ndt). Tuttavia, i reazionari di tutte le parti non hanno mai voluto, e non possono volere, coesistere con questo focolaio rivoluzionario in questa regione e in un certo senso appoggiare una vera resistenza all’entità sionista che, tra l’altro, non è solo uno strumento tra tanti altri al servizio dell’imperialismo per il saccheggio e il dominio della regione. Si tratta infatti di un’estensione organica dell’imperialismo occidentale. Ecco perché la lotta del popolo palestinese nella regione assume un compito molto più complicato di qualsiasi altra lotta di liberazione nazionale contro il colonialismo tradizionale.
Fin dai primissimi anni Settanta, la liquidazione della rivoluzione palestinese è stata all’ordine del giorno delle forze imperialiste e dei loro affiliati reazionari regionali. Guerre e massacri si sono susseguiti da allora e le masse popolari li hanno affrontati con i mezzi e le capacità disponibili… anche se la rivoluzione è stata lacerata (lo è ancora oggi) tra due poli: uno che cerca a tutti i costi negoziati e infinite concessioni e l’altro che punta sulla resistenza con tutti i mezzi e soprattutto sulla lotta armata. Si sono combattute innumerevoli battaglie, alcune sono state perse, altre sono state vinte, ma nel complesso e nonostante tutte le perdite e nonostante tutti gli errori, le masse popolari sono riuscite a consolidare alcune conquiste il cui significato strategico nessuno oggi può contestare.
Il popolo palestinese è ancora lì e la causa palestinese è più viva che mai: un percorso storico i cui contorni sono tracciati dal sangue dei rivoluzionari palestinesi e dalle dinamiche perpetuate dall’impegno prematuro di questi giovani ragazze e ragazzi della Palestina – luce, sempre più illuminante, fiaccole di libertà, indomabili Eroi della resistenza prigionieri nelle carceri sioniste…
Tutti loro affermano in questi giorni il loro rifiuto dei famigerati accordi di Oslo. Forse sarebbe utile sottolineare che queste iniziative, in vista di un eventuale negoziato e a costo di concessioni tutt’altro che trascurabili, si sono moltiplicate dal cosiddetto “programma intermedio” noto come “programma in dieci punti” intorno al 1974, all’apice della lotta palestinese; poi con l’accettazione delle risoluzioni 242 e 338 all’epoca della confessione del Consiglio nazionale del 1988; e infine con Oslo, che non è servita né a fermare la colonizzazione e la confisca delle terre palestinesi né a impedire la sempre più accelerata giudaizzazione di Al-Quds…
Per più di 27 anni “loro” hanno continuato ad alimentare illusioni sulla creazione di uno “Stato veramente sovrano” su meno del 22% della Palestina nel bel mezzo di un progetto di insediamento attivo, una colonizzazione degli insediamenti; illusioni di due “Stati” uno accanto all’altro come vecchi vicini che erano caduti su un pezzo di terra; illusioni sulla capacità dell’entità sionista di esistere semplicemente in tempo di pace e di stabilire altri rapporti con la regione (e non solo con il popolo palestinese) che non riflettano gli interessi di questa “estensione organica dell’imperialismo”.
Dal 1993, le masse popolari palestinesi sono state costrette a sopportare orribili massacri, un assedio genocida e la detenzione di bambini e di intere famiglie, per non parlare della demolizione di case e di altre proprietà, perché uno strato di acquirenti ha potuto intravedere i suoi interessi fiorenti alla fine del fantastico tunnel!
Certo non è una cosa da poco uscire dalle paludi di Oslo, tanto più che gli strumenti di repressione sono essenzialmente legati ai meccanismi di controrivoluzione al servizio dell’occupante sionista…
Il popolo palestinese e i suoi combattenti d’avanguardia hanno accumulato durante tutto il loro percorso di lotta esistenziale ciò che è necessario per raccogliere la sfida e continuare la lotta fino alla vittoria. Le forze della Resistenza nella regione sono così potenti che si può dire con fiducia e senza esitazioni: la vittoria è più che mai all’ordine del giorno. Naturalmente, le masse del popolo e i loro combattenti d’avanguardia detenuti possono contare sulla vostra attiva solidarietà.
Che fioriscano mille iniziative di solidarietà a favore della Palestina e della sua gloriosa Resistenza!
Solidarietà, tutta la solidarietà con i combattenti della resistenza nelle carceri sioniste e nelle celle di isolamento in Marocco, in Turchia, in Grecia, nelle Filippine e in altre parti del mondo!
Solidarietà, tutta la solidarietà con i giovani proletari dei quartieri popolari!
Onore ai Martiri e alle masse popolari in lotta!
Abbasso l’imperialismo e i suoi cani da guardia sionisti e gli altri reazionari arabi!
Il capitalismo non è altro che barbarie, onore a tutti coloro che vi si oppongono nella diversità delle loro espressioni!
Insieme compagni, e solo insieme vinceremo!
A tutti voi compagni e amici, il mio più caloroso saluto rivoluzionario.
Il vostro compagno,
Georges Abdallah
Lannemezan (Francia)
27 giugno 2020
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