
Pavia: contro riarmo, guerra e genocidio
Come è andata la prima assemblea della rete dei movimenti pavesi
L’iniziativa è stata promossa da diversi movimenti e collettivi cittadini, da quello per l’abitare a Fridays for future, dal nodo pavese di Non Una Di Meno alla Brigata Basaglia locale, passando per la Polisportiva Popolare, il circolo Radio Aut, Karáma collective solidarity e il collettivo Thawra nato dall’intifada studentesca, e ha visto la partecipazione di decine di giovani e altre realtà politiche e associative cittadine.
Si è tenuta lo scorso giovedì 10 luglio, nel cortile delle magnolie in università, un’assemblea pubblica che ha visto grande partecipazione, curiosità, interesse, voglia di confrontarsi e di mettersi in gioco collettivamente per dire no a guerra, genocidio e riarmo. Una pluralità di voci e di punti di vista è partita dalla consapevolezza che quanto fatto finora non basta. Questo incontro ha visto la convergenza di percorsi di lotta già attivi in città, da cui partire per costruire reti sociali allargate e profonde.
Nel corso della discussione sono stati identificati diversi nodi da affrontare, da quello sulla funzione della formazione e della ricerca, a quello della sanità, intesa in senso ampio, passando per il ruolo che banche e grandi aziende svolgono, cercando rendita e profitto, nell’accelerare lo scivolamento verso una guerra che viene presentata dall’alto come inevitabile.
L’accettazione di un presente di tagli e di morte passa da una propaganda martellante e una repressione, talvolta esplicita, come nel caso del decreto sicurezza, talvolta più subdola, volta a soffocare le voci di dissenso.
Contro la narrazione della guerra calata dall’alto dalle élite globali, è emersa la necessità di parlare delle conseguenze che la guerra ha in termini di morte e devastazione nelle zone direttamente colpite e delle ricadute che un’economia di guerra, come quella a cui ci sta costringendo il governo italiano, ha sulle condizioni materiali di vita delle persone. Così si è parlato di bisogni e diritti: ad un salario adeguato, a una casa, alla liberazione delle donne e delle soggettività, alla libertà di movimento persone con background migratorio, costrette all’interno di un sistema di accoglienza sempre più opprimente, alla sanità accessibile e gratuita per tutte e tutti, all’istruzione e all’università, ad accedere a centri antiviolenza femministi sufficientemente finanziati.
Dalla discussione è emersa dunque la necessità di smascherare la retorica di guerra e di contrapporre all’economia di guerra lotte che nascano dal riconoscimento dei bisogni e dei diritti sociali negati.
Una nuova assemblea si terrà a inizio settembre, per iniziare ad organizzare insieme il dissenso attraverso una pluralità di pratiche, dai cortei ai volantinaggi, dallo sciopero al boicottaggio e al sabotaggio della guerra, riconoscendo come controparti quei soggetti, istituzionali e non, che attraverso il riarmo intendono peggiorare le nostre vite. La necessità emersa è quella di un percorso di lunga durata, che non si esaurisca in uno o due piazze ma che sia in grado di contrastare fattivamente il piano NATO di riarmo e i tagli che il governo Meloni cercherà di scaricare sulle classi subalterne.
Si è anche sentito il bisogno di fare parte di un movimento nazionale ed europeo contro la guerra e di mettersi in rete: per questo si è deciso di partecipare anzitutto all’assemblea nazionale “guerra alla guerra” che si terrà il 27 luglio alle ore 12 a Venaus, nell’ambito del festival alta felicità organizzato dal movimento No Tav.
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