“Gli Hamas” stanno arrivando: una visione della violenza dall’interno di Israele
Non ci sono mai palestinesi, mai persone, solo “Hamas”, e “Hamas” è, tra l’altro, maschile e singolare (in ebraico). “Hamas pensa;””Hamas crede;” “Hamas dovrebbe saperlo;” “Quando Hamas capirà, si fermerà;” e infine,”Quando Hamas sarà colpito duramente, non oserà mai più attaccare Israele”.
Fonte: english version
Di Miko Peled – 20 Maggio 2021
Foto di copertina: Gli israeliani attendono le sirene che avvertono di un possibile attacco missilistico di “Hamas ‘in una casa ad Ashkelon, 20 maggio 2021. John Minchillo | AP
GERUSALEMME OCCUPATA – Dopo meno di 48 ore a Gerusalemme, mi è chiaro che il massacro di Gaza non finirà presto. C’è un ampio sostegno popolare in Israele per l’infinito spargimento di sangue e Benjamin Netanyahu è più forte che mai sia a livello nazionale che internazionale.
Secondo la stampa israeliana, Netanyahu e il suo governo hanno tutti ricevuto chiamate dal Presidente Joe Biden e dai membri del suo gabinetto che dimostrano il loro eterno, incessante e incondizionato sostegno al massacro dei palestinesi. Per quanto sia difficile da vedere, in particolare da Gerusalemme, dove sono a meno di un’ora di macchina da Gaza, non dovrebbe esserci alcuna sorpresa.
Quando Joe Biden dice di essere sionista, intende dire che sostiene l’apartheid, la pulizia etnica e il Genocidio in Palestina. Significa che darà finanziamenti e armamenti illimitati a Israele per attuare le politiche più crudeli, sanguinose e razziste contro i palestinesi, senza fare domande.
“Gli Hamas”
Per tutta la mattina (e sono solo le 9 del mattino) la TV israeliana (tutti i canali) ospita esperti, ex Generali e Colonnelli dell’esercito israeliano (chi sapeva che ce ne fossero così tanti?), che sputano menzogne per scusare, giustificare e persino glorificare le azioni dell’IDF a Gaza.
“Noi tutti sosteniamo l’IDF e i suoi comandanti”, dicono mentre dalla Striscia di Gaza giungono notizie di ulteriori morti e distruzioni. C’era senza dubbio un promemoria che diceva a tutti in TV di menzionare “Hamas” ogni volta che parlavano dei palestinesi a Gaza.
Non ci sono mai palestinesi, mai persone, solo “Hamas”, e “Hamas” è, tra l’altro, maschile e singolare (in ebraico). “Hamas pensa;””Hamas crede;” “Hamas dovrebbe saperlo;” “Quando Hamas capirà, si fermerà;” e infine,”Quando Hamas sarà colpito duramente, non oserà mai più attaccare Israele”.
Inutile dire che nessuno dei relatori è palestinese. Invece, i notiziari israeliani hanno i loro esperti di “Affari Arabi”, i loro esperti di “Hamas” e i loro esperti della “Comunità Araba in Israele”.
Gli ebrei israeliani ne sanno abbastanza per analizzare, spiegare e per lo più giustificare la violenza israeliana contro i palestinesi ovunque, eppure da nessuna parte si sente dire che i nativi della Palestina, le persone a cui appartiene questo paese e che hanno subito così tanti torti, stanno parlando.
Persone normali, enormi sofferenze
Questa mattina ho ricevuto un’e-mail da un amico a Gerusalemme Est. In questa e-mail, pone una domanda a cui forse è impossibile rispondere:
“Ieri il mio nipote più giovane che ha compiuto 15 anni all’inizio di questo mese stava camminando nel nostro quartiere verso la bottega del barbiere per farsi tagliare i capelli, quando è stato fermato da 10 soldati che lo hanno picchiato prima di lasciarlo andare. Perché? Qualcuno che ha un po’ di buon senso può rispondermi? Non c’erano manifestazioni e le persone nel nostro quartiere si facevano gli affari propri. I soldati erano equipaggiati e non erano in pericolo”.
Come si possono spiegare le azioni di bande armate e razziste che indossano un’uniforme ufficiale, che rappresentano lo Stato e usano il loro potere, status e armi per picchiare e intimidire le persone che vogliono vivere una vita normale? Non è dissimile dal cercare di capire le azioni dell’ex agente di polizia di Minneapolis e ora detenuto Derek Chauvin, che ha assassinato con calma e freddezza George Floyd in pieno giorno, davanti a persone che filmavano la scena con i telefoni. Può una mente razionale e savia spiegare tutto questo?
Sciopero generale
Il 18 maggio è stato dichiarato uno sciopero generale in Palestina e le successive manifestazioni e proteste che hanno avuto luogo in tutta la Palestina hanno visto diversi morti e feriti tra i palestinesi. Prima dello sciopero, alcuni datori di lavoro israeliani avevano già detto che qualsiasi palestinese che non si fosse presentato al lavoro quel giorno sarebbe stato licenziato. Circa un terzo dell’economia israeliana dipende fortemente dai cittadini palestinesi di Israele. Negli ospedali israeliani, un gran numero di medici, infermieri e personale di manutenzione sono cittadini palestinesi di Israele. Hanno la capacità di mettere in ginocchio gli ospedali e l’economia israeliana.
È stato riferito che il supervisore delle scuole palestinesi all’interno della Palestina del 1948, nel distretto settentrionale, ha già richiesto i nomi di tutti gli insegnanti che non si sono presentati al lavoro a Qalasawe e Taibe, due grandi città palestinesi. Secondo la legge israeliana, il licenziamento di un dipendente deve essere fatto di persona e il dipendente può avere un rappresentante sindacale per ricevere rappresentanza legale gratuita. Il grande punto interrogativo rimane: I cittadini palestinesi di Israele potranno avvalersi di questo servizio e di questa legge?
Sono stato anche avvertito da amici che qualora dovessi visitare persone in qualsiasi parte della zona del “Piccolo Triangolo”, o nelle città di Qalansawe, Taibe e Tira, dovrò andarci durante il giorno. Dopo il tramonto, mi hanno detto che le strade sono chiuse a causa delle proteste e la polizia arresta, picchia e spara indiscriminatamente.
Gerusalemme
Verso la fine dell’assalto israeliano del 1967 alle terre arabe, la parte orientale della città di Gerusalemme fu occupata da Israele, compresa la Città Vecchia e la Moschea di al-Aqsa. Questo assalto ha avuto conseguenze enormi e nella memoria collettiva israeliana c’è una frase che è la più iconica dell’intera guerra. Quando l’Haram al-Sharif fu preso dalle forze israeliane, il comandante disse: “Har Ha’bait Beyadeinu”, Il Monte del Tempio è nelle nostre mani. L’immagine più iconica di quella guerra è la foto dei soldati conquistatori al Muro Occidentale.
Il comandante, Mordechai Gur, non era un uomo religioso. I suoi soldati non erano persone religiose e a quei tempi non si vedevano i sionisti religiosi che si vedono oggi in Israele. Questo commento fu fatto perché anche gli israeliani laici guardano all’Haram al-Sharif, il complesso di al-Aqsa, e credono che dovrebbe essere usato come simbolo nazionale, un luogo che rappresenta qualcosa che Israele ha perso e merita di riprendersi. E così, il desiderio di vedere al-Aqsa distrutta, e sostituita da una struttura che chiamano semplicemente tempio, non è solo un sentimento religioso, ma anche estremista e nazionalista.
La violenza, il razzismo, gli atteggiamenti estremisti e un mix tossico di religione e nazionalismo rendono il sionismo molto pericoloso. Da Gaza ad al-Aqsa, dal Naqab a sud al Wadi Ara a nord, vediamo all’opera gli elementi pericolosi del sionismo.
Miko Peled è scrittore collaboratore di MintPress News, autore di pubblicazioni e attivista per i diritti umani nato a Gerusalemme. I suoi ultimi libri sono “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five”.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
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