InfoAut
Immagine di copertina per il post

Gli israeliani non manifestano per la democrazia

La democrazia in Israele significherebbe la fine dell’Apartheid. Non è quello che vogliono i manifestanti israeliani.

Fonte: English version
Di Yara Hawari – 16 gennaio 2023

Immagine di copertina: Gli israeliani protestano contro la nuova coalizione di destra del Primo Ministro Benjamin Netanyahu e le sue proposte di riforma giudiziaria a Tel Aviv il 14 gennaio 2023 (Reuters/ Amir Cohen)

Durante il fine settimana, decine di migliaia di israeliani sono scesi nelle strade di Tel Aviv e di altre città per protestare contro quella che vedono come un’erosione della democrazia del loro Paese. Le manifestazioni sono state innescate dalla legislazione annunciata dal governo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu che, se approvata dalla Knesset (Parlamento), depotenzierebbero il sistema giudiziario israeliano. La mossa è vista da molti come un tentativo del Primo Ministro, perseguito con l’accusa di corruzione, di frenare la magistratura e di evitare il carcere.

Alcuni degli slogan esposti durante le proteste proclamavano: “la fine della democrazia” sotto un “governo criminale”. Di sicuro, la coalizione di Netanyahu di partiti religiosi di estrema destra e conservatori non è sostenitrice del pluralismo, dei diritti civili e delle libertà. Includono il kahanista armato di pistola Itamar Ben-Gvir, che è il nuovo Ministro della Sicurezza Nazionale, e l’autoproclamato “orgoglioso omofobo” Bezalel Smotrich, che ha assunto il Ministero delle Finanze.

Lo stesso Netanyahu non è di sicuro un sostenitore dello stato di diritto, avendo fatto di tutto e di più per aggrapparsi al potere ed evitare di essere ritenuto responsabile di corruzione.

Ma individuare lui come un “Ministro del Crimine” e il suo governo come colui che “distrugge la democrazia israeliana” è una vera forzatura. Non c’è stato nessun Primo Ministro israeliano che non sia stato un criminale e non si sia macchiato le mani del sangue dei palestinesi, e non c’è stato nessun governo israeliano che abbia effettivamente sostenuto la democrazia. Lo “Stato democratico” israeliano è ed è sempre stato un mito, un’illusione costruita per sostenere l’oppressione del popolo palestinese e continuare la sua espropriazione.

Basta guardare chi si è presentato alle proteste “pro-democrazia”. C’era l’ex Primo Ministro e Ministro della Difesa Benny Gantz, che è stato accusato di crimini di guerra durante la guerra a Gaza del 2014. Ha detto alla folla che avrebbero dovuto combattere in “tutti i modi legali per prevenire un colpo di Stato”. Poi c’era l’ex Ministra degli Esteri Tzipi Livni, accusata anche lei di crimini di guerra a Gaza, ma per la guerra del 2009 nella Striscia. Ha dichiarato: “Insieme proteggeremo lo Stato perché è lo Stato di tutti noi”.

Ma “per tutti noi” non è. Ciò è stato chiaro quando la folla è diventata ostile nei confronti del piccolo numero di antisionisti che si sono presentati alla protesta con bandiere palestinesi. Questi sono stati subito aggrediti da altri manifestanti “pro-democrazia”.

Vale anche la pena dare un’occhiata all’istituzione che Netanyahu è accusato di aver aggredito: la Corte Suprema di Israele, che supervisiona l’impegno del regime israeliano nei confronti del suo quadro costituzionale, noto anche come Leggi Fondamentali. I manifestanti affermano che è un’organo importante che, se depotenziato, ridurrebbe i controlli e gli equilibri all’interno dello Stato israeliano.

Ma il lungo primato di sentenze della Corte Suprema contro i diritti dei palestinesi mette in discussione se abbia mai mantenuto controlli ed equilibri sul potere militare israeliano assoluto o piuttosto se abbia fornito una copertura legale per i crimini del regime israeliano contro il popolo palestinese.

Ad esempio, in una sentenza del 2018 sulle regole d’ingaggio del fuoco libero utilizzate dall’esercito israeliano durante la Grande Marcia del Ritorno a Gaza, la Corte ha concluso che l’esercito si è attenuto ai principi di necessità e proporzionalità, il che palesemente non è il caso. Durante i due anni in cui si è svolta la Marcia, 214 palestinesi disarmati sono stati uccisi e decine di migliaia sono rimasti feriti (molti sono diventati invalidi) a causa delle sparatorie indiscriminate da parte dell’esercito israeliano.

A luglio, la stessa Corte ha stabilito che un insediamento ebraico illegale costruito su un terreno palestinese di proprietà privata in Cisgiordania era legale, aprendo la strada a ulteriori confische di massa di terra palestinese occupata, il che equivale a un crimine di guerra. Lo stesso mese ha anche approvato la revoca della cittadinanza ai cittadini palestinesi di Israele ritenuti “sleali”.

Questi sono solo alcuni esempi tra i tanti che dimostrano come la Corte Suprema israeliana abbia continuamente avallato le violazioni dei diritti palestinesi fin dalla sua istituzione. Naturalmente, questo fatto è completamente ignorato dai manifestanti, che la vedono come un’istituzione che garantisce i loro diritti.

Di fatto, la legislazione sulla riforma giudiziaria insieme all’agenda ultraconservatrice perseguita dagli alleati di estrema destra di Netanyahu ha scatenato il panico tra i sionisti liberali. Le loro libertà, di cui hanno sempre goduto a scapito dei diritti dei palestinesi, stanno per essere erose. Non potranno più proclamare orgogliosamente che il loro Stato è un baluardo in una regione altrimenti selvaggia.

La maschera sta cadendo e il regime israeliano sta rivelando al mondo una dura verità: che le sue stesse fondamenta sono intrinsecamente antitetiche alla democrazia.

In quale altro modo si può descrivere un’entità che è stata costruita sulla pulizia etnica di altre persone e implementa un regime di Apartheid? In quale altro modo si può descrivere un regime che tiene sotto chiave un intero gruppo di persone? In quale altro modo si può descrivere un regime le cui leggi fondanti sanciscono la supremazia di un gruppo di cittadini su un altro?

Se il governo di estrema destra di Netanyahu dovesse cadere domani, nulla di tutto questo cambierebbe. Infatti, i manifestanti “pro-democrazia” non vogliono che cambi. Questo perché vogliono preservare la supremazia ebraica e l’Apartheid israeliano dal Fiume Giordano al Mar Mediterraneo più di ogni altra cosa.

Yara Hawari è Analista Capo della Rete Politica Palestinese Al-Shabaka. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Politica del Medio Oriente presso l’Università di Exeter, dove ha tenuto vari corsi universitari e di cui continua a essere ricercatrice onoraria. Oltre al suo lavoro accademico, incentrato sugli studi indigeni e sulla storia tramandata, è una assidua commentatrice politica che scrive per vari media tra cui The Guardian, Foreign Policy e Al Jazeera English.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

israelenetanyahupalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Contestati i ministri della guerra al Politecnico di Torino

Riceviamo e ricondividiamo il comunicato del CUA di Torino sulla contestazione di ieri al convegno istituzionale tenutosi alla sede del Valentino del Politecnico. Ieri mattina un gruppo di student3 dell’Università di Torino ha contestato il convegno a porte chiuse che si è tenuto al castello del Valentino su tecnoscienza e intelligenza artificiale, con ospiti di […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Milano: 25 Aprile con la resistenza palestinese

Milano – Per un 25 Aprile con la Palestina, Piazza Duomo h. 13:30.
La Resistenza non è soltanto memoria, ma è oggi. Palestina libera!

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Messico: i Me`phaa di Tilapa creano sistema di giustizia a difesa del loro territorio

Il popolo Me`phaa di Tilapa, Guerrero, ha presentato il proprio sistema di giustizia denominato Sicurezza di Protezione Territoriale Indigena (Serti), per “difendere il territorio da una prospettiva indigena, olistica e integrale”, di fronte alle minacce di progetti minerari, saccheggio territoriale e controllo dei gruppi del crimine organizzato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Protezione Civile: 2.000 palestinesi scomparsi a seguito del ritiro delle forze israeliane da alcune aree di Gaza

La Difesa civile della Striscia di Gaza ha rivelato in un comunicato divulgato domenica che circa duemila palestinesi sono stati dichiarati dispersi in varie aree dell’enclave dopo il ritiro delle forze di occupazione israeliane (IOF) da esse.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Un documento trapelato dal New York Times su Gaza dice ai giornalisti di evitare le parole: “Genocidio”, “Pulizia Etnica” e “Territorio Occupato”

Nel mezzo della battaglia interna sulla copertura del New York Times riguardo la guerra di Israele, i principali redattori hanno emanato una serie di direttive.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

USA per la Palestina: dipendenti Google licenziati e studenti alla Columbia University sgomberati dalla polizia

Negli Stati Uniti proteste in corso a sostegno del popolo palestinese, per il quale diversi settori della società civile si sono mobilitati.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Giornata di mobilitazione per il clima e a sostegno della Palestina.

Da Nord a Sud Italia questa mattina lo sciopero climatico lanciato da Fridays For Future ha riempito le piazze di giovani e giovanissimi che hanno ribadito le connessioni stringenti tra la devastazione dei territori e le guerre, rappresentando un forte grido in sostegno alla Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Appello alla mobilitazione in sostegno alla popolazione di Gaza ed alla resistenza palestinese

Ci appelliamo a tutt3 coloro che vogliono sostenere la resistenza del popolo palestinese per difendere una prospettiva universale di autodeterminazione, uguaglianza, equità e diritti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Attacco iraniano a Israele: quali conseguenze per il Libano?

Lo Stato ebraico potrebbe intensificare la lotta contro Hezbollah, ma secondo gli esperti una guerra aperta sul territorio libanese è improbabile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Paese Mapuche: il popolo mapuche convoca una marcia a Temuco contro un megaprogetto elettrico

Viene convocata anche per chiedere la fine della promulgazione e dell’applicazione di leggi che cercano di fronteggiare i genuini processi di rivendicazione territoriale che comunità e Pu lof portano avanti in attesa della ricostruzione e liberazione nazionale mapuche.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Sui fatti di ieri, rispondiamo ai Ministri.

Sui fatti di ieri, tutti i ministri presenti si sono spesi in dichiarazioni abbastanza perentorie e retoriche ai giornali, come al solito ribaltando la realtà e ricostruendo uno scenario molto fantasioso su quelle che sono state le dinamiche della piazza di contestazione.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Parigi: marcia contro il razzismo e islamofobia vietata dalla prefettura.

Il 21 aprile è prevista una importante marcia contro il razzismo e l’islamofobia, per la tutela dei giovani che nei quartieri popolari sono sistematicamente obiettivo della violenza e del razzismo della polizia e dello Stato.