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Google ha aiutato Israele a diffondere propaganda di guerra a 45 milioni di europei

Uno studio ha rilevato che, da quando ha colpito l’Iran il 13 giugno, l’Agenzia Pubblicitaria del Governo Israeliano ha speso decine di milioni in annunci pubblicitari solo su YouTube.

Fonte: English version

Di Alan MacLeod – 10 luglio 2025, da InvictaPalestina

Mentre continua il suo conflitto con i vicini, Israele sta combattendo un’altra guerra con altrettanta intensità, spendendo enormi quantità di denaro per bombardare l’Europa con messaggi che giustificano le sue azioni e allarmismi che i missili nucleari iraniani trasformeranno presto le loro città in macerie.

Uno studio ha rilevato che, da quando ha colpito l’Iran il 13 giugno, l’Agenzia Pubblicitaria del Governo Israeliano ha speso decine di milioni in annunci pubblicitari solo su YouTube. In palese violazione delle politiche di Google, questi annunci giustificano e celebrano l’attacco come una necessaria difesa della civiltà occidentale e affermano che Israele sta portando avanti “una delle più grandi missioni umanitarie al mondo” a Gaza.

I Paesi maggiormente presi di mira da questa campagna includono Regno Unito, Francia, Italia, Germania e Grecia.

Guerra dell’informazione

“Un Regime fanatico che lancia missili contro i civili, mentre persegue la costruzione di armi nucleari. Mentre l’Iran prende deliberatamente di mira le città, Israele agisce con precisione per smantellare questa minaccia”. Così inizia uno spot del governo israeliano che centinaia di migliaia di utenti di YouTube in Europa sono stati costretti a guardare.

“Gli architetti del terrorismo dietro l’eliminazione di Israele pianificano: eliminati. Israele prende di mira solo siti militari e terroristici, non civili. Ma la minaccia rimane”, continua la voce fuori campo, su una musica minacciosa e una grafica elaborata. “Porteremo a termine la missione per il nostro popolo, per l’umanità. Israele fa ciò che deve essere fatto”, conclude.

“Il programma missilistico balistico dell’Iran non è solo una minaccia per Israele, è una minaccia per l’Europa e il mondo occidentale”, afferma un altro spot, visto da 1,5 milioni di spettatori in sole tre settimane. “L’Iran sta sviluppando missili con una gittata di circa 4000 km. Questo pone l’Europa alla distanza d’attacco del Regime”, aggiunge, mentre le immagini mostrano praticamente l’intero continente tingersi di rosso sangue, a indicare un attacco nucleare. “Questa non è la minaccia di domani. È la realtà di oggi. La minaccia rappresentata dal Regime iraniano deve essere fermata. Israele fa ciò che deve essere fatto”.

Messaggi minacciosi come questi, tradotti in diverse lingue, hanno raggiunto decine di milioni di persone in tutta Europa. Altri spot del governo israeliano adottano un approccio diverso, tentando di presentare Israele come una vittima virtuosa e un partecipante involontario alla guerra. Come osserva uno spot pubblicitario:

“Immaginate questo: state tenendo in braccio il vostro neonato in una stanza d’ospedale. Poi si accendono le sirene antiaeree. L’Iran lancia missili balistici contro gli ospedali, contro israeliani innocenti. Pazienti, medici, neonati: presi di mira deliberatamente. Mentre l’Iran prende di mira famiglie e bambini, Israele risponde con precisione, colpendo siti militari. Questa non è una guerra scelta. Chi prende di mira civili e ospedali diventa il bersaglio”.

Le affermazioni contenute in tali video sono spesso altamente discutibili. Ad esempio, circa 935 iraniani sono stati uccisi in attacchi israeliani, rispetto ai soli 28 israeliani, il che suggerisce che Israele sia molto meno attento a evitare le morti civili rispetto al suo avversario. Infatti, dall’ottobre 2023, Israele ha ripetutamente e deliberatamente preso di mira gli ospedali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha documentato almeno 697 attacchi israeliani contro strutture mediche.

Il 94% degli ospedali di Gaza è stato distrutto o danneggiato e oltre 1.400 membri del personale medico sono stati uccisi. Tra questi, il Dottor Adnan al-Bursh, primario di ortopedia presso l’Ospedale al-Shifa, che sarebbe stato seviziato a morte dalle guardie carcerarie israeliane. Secondo l’UNICEF, Israele ha ucciso o ferito oltre 50.000 bambini palestinesi. Un’infermiera americana che ha lavorato a Gaza ha dichiarato che i soldati dell’IDF sparano regolarmente ai genitali dei ragazzi per impedir loro di riprodursi.

Ciononostante, la pubblicità israeliana presenta il Paese come il salvatore del popolo palestinese. Un video del Ministero degli Esteri, con una musica epica e suggestiva, descrive Israele come impegnato in “una delle più grandi operazioni umanitarie al mondo in questo momento”. “Ecco cosa significa il vero aiuto. I sorrisi non mentono. Hamas sì”, conclude.

Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati, ha definito lo spot “scandaloso” e ha sfidato direttamente YouTube: “Come si può permettere una cosa del genere?”. Il video è stato tradotto in italiano, francese, tedesco e greco ed è stato visualizzato da quasi sette milioni di persone solo su YouTube.

Propaganda trasparente

Tutti i video citati appaiono nel Centro Trasparenza di Google Ads come contenuti a pagamento dell’Agenzia Pubblicitaria del Governo Israeliano, e vi sono solide prove che poche, se non nessuna, delle loro milioni di visualizzazioni siano organiche. Le cinque versioni del video “Aiuti Umanitari a Gaza”, ad esempio, hanno collettivamente solo poche migliaia di “Mi piace”, appena l’1% di quanto ci si aspetterebbe generalmente da video con questo numero di visualizzazioni, e solo due commenti in totale.

La differenza tra contenuti organici e a pagamento è più evidente nei video che Israele non ha promosso. Altri video sul canale YouTube del Ministero degli Affari Esteri israeliano ricevono solo decine di visualizzazioni al giorno, non milioni, il che suggerisce fortemente che quasi il 100% del loro traffico sia costituito da pubblicità a pagamento.

La portata di questa operazione di pubbliche relazioni è difficile da sopravvalutare. Anche se il governo israeliano aumenta le tasse e taglia la spesa interna, il bilancio per le pubbliche relazioni all’estero è cresciuto di oltre il 2.000%, con il Ministero degli Affari Esteri che riceve 150 milioni di dollari (128,3 milioni di euro) in più per la diplomazia pubblica.

Gran parte di questo denaro viene evidentemente speso in pubblicità. Nell’ultimo mese, il Ministero degli Affari Esteri israeliano ha caricato video che hanno superato i 45 milioni di visualizzazioni solo su YouTube. I Paesi più presi di mira includono Regno Unito, Francia, Italia, Germania e Grecia.

La Grecia è un caso particolarmente degno di nota. Negli ultimi 12 mesi, l’agenzia pubblicitaria del governo israeliano ha finanziato 65 diverse campagne pubblicitarie su YouTube rivolte al Paese.

La versione greca di un recente spot pubblicitario, intitolato: “Un sistema efficiente è in funzione, che fornisce aiuti laddove sono necessari”, presenta Israele come un benevolo portatore di vita a Gaza e ha raccolto oltre 1 milione di visualizzazioni in soli quattro giorni, pari a quasi il 10% dell’intera popolazione greca. Il video al momento non ha commenti e ha meno di 3.000 “Mi piace”.

Il Ministero degli Affari Esteri israeliano carica i suoi video in inglese, francese, tedesco, italiano e greco. I Paesi che non parlano queste lingue, come Slovacchia, Danimarca e Paesi Bassi, sono ancora presi di mira, sebbene gli utenti di quei Paesi ricevano generalmente la versione inglese.

Israele ha evitato di prendere di mira nazioni i cui governi hanno formalmente condannato le sue azioni, come Irlanda o Spagna, senza spendere nulla per raggiungere quelle popolazioni. L’amministrazione Netanyahu, evidentemente, ha deciso di cercare di consolidare il sostegno nei Paesi alleati, nonostante le loro popolazioni si stiano sempre più rivoltando contro Israele.

Sebbene molte di queste cifre possano sorprendere i lettori, questa indagine ha esaminato solo la campagna pubblicitaria di una singola organizzazione, l’Agenzia Pubblicitaria del Governo Israeliano, e su una singola piattaforma, YouTube. Non include altri gruppi governativi e non governativi israeliani, né la miriade di organizzazioni che compongono collettivamente la Lobby filo-israeliana in Occidente. Israele ha anche tentato di influenzare il dibattito su altre piattaforme, tra cui Facebook, Instagram, TikTok e Twitter. Ciò che viene presentato qui è solo la minima parte di un’operazione molto più ampia.

Israele e la Silicon Valley

Alcuni video pubblicati dal governo israeliano tentano di dipingere Israele in una luce positiva, ma in realtà perpetuano stereotipi Razzisti sulla civiltà occidentale e sulla sua presunta superiorità. In uno spot, Benjamin Netanyahu afferma:

“Voglio rassicurare il mondo civilizzato: non permetteremo che il Regime più pericoloso del mondo si appropri delle armi più pericolose del mondo. La crescente gittata dei missili balistici iraniani porterebbe quell’incubo nucleare nelle città d’Europa e, infine, in America”.

Quindi, il Primo Ministro israeliano insinua che la minaccia iraniana sia rilevante solo se mette in pericolo il cosiddetto “mondo civilizzato”, ovvero Europa e Nord America. “Mai Più è ora. Oggi Israele ha dimostrato di aver imparato le lezioni della storia”, continua Netanyahu, paragonando direttamente la Guerra dei 12 giorni (iniziata da Israele) all’Olocausto. “Quando i nemici giurano di distruggervi, credeteci. Quando i nemici costruiscono armi di distruzione di massa, fermateli. Come ci insegna la Bibbia, quando qualcuno viene a ucciderti, alzati e agisci per primo”.

Le norme pubblicitarie di Google proibiscono esplicitamente gli annunci che “mostrano contenuti scioccanti o promuovono odio, intolleranza, discriminazione o violenza”. Eppure, molti degli annunci qui descritti giustificano esplicitamente l’aggressione israeliana.

Contattato per chiedere quanto l’agenzia pubblicitaria del governo israeliano abbia speso in pubblicità, quante visualizzazioni abbiano generato tali annunci, se l’azienda abbia risposto ai commenti di Albanese e se i video violassero le sue norme, Google non ha risposto alle prime tre domande e ha ribadito di avere “norme pubblicitarie rigorose che regolano i tipi di annunci che consentono sulla loro piattaforma”. “Queste norme sono disponibili al pubblico e vengono applicate in modo coerente e imparziale. Se annunci violano tali norme, vengono immediatamente rimossi”, ha aggiunto l’azienda, lasciando intendere di non considerare tali annunci una violazione dei suoi regolamenti.

Pochi tra coloro che hanno studiato i legami di Google con il governo israeliano saranno sorpresi dall’enorme libertà d’azione concessa dal gigante della Silicon Valley all’amministrazione Netanyahu. L’ex amministratore delegato Eric Schmidt è noto per essere uno dei più accaniti sostenitori di Israele. Google ha investito finanziariamente in Israele almeno dal 2006, anno in cui ha aperto i suoi primi uffici a Tel Aviv. Nel 2012, durante un incontro con lo stesso Netanyahu, Schmidt dichiarò che “la decisione di investire in Israele è stata una delle migliori che Google abbia mai preso”.

Anche il co-fondatore dell’azienda, Sergey Brin, è intervenuto in difesa di Israele, denunciando le Nazioni Unite come “apertamente antisemite” e comunicando al personale di Google che usare il termine “Genocidio” per descrivere le azioni israeliane a Gaza è “profondamente offensivo per molti ebrei che hanno subito veri e propri Genocidi”.

All’inizio di quest’anno, con l’economia israeliana in gravi difficoltà a seguito della campagna di 18 mesi contro i Paesi vicini, l’azienda di Schmidt è intervenuta in soccorso, iniettando miliardi in Israele con un’acquisizione record. Google ha acquisito l’azienda locale di sicurezza informatica Wiz per 32 miliardi di dollari (27.372 milioni di euro). La cifra monumentale pagata, pari a 65 volte il fatturato annuo di Wiz e con un incremento dello 0,6% dell’economia israeliana, ha indotto alcuni analisti a chiedersi se l’accordo avesse più a che fare con la garanzia dell’economia israeliana che con un oculato investimento commerciale.

Solleva inoltre interrogativi sulla sicurezza dei dati personali più sensibili degli utenti Google, dato che Wiz è stata fondata e continua a essere gestita da ex spie israeliane del gruppo di spionaggio Unità 8200.

Google ha una lunga storia di stretta collaborazione con i servizi segreti israeliani. Un’inchiesta del 2022 ha identificato almeno 99 ex agenti dell’Unità 8200 impiegati da Google.

Tra questi c’è Gavriel Goidel, responsabile strategia e operazioni di Google Research. Goidel è entrato in Google nel 2022 dopo una carriera di sei anni nello spionaggio militare, durante la quale è diventato Responsabile dell’Apprendimento presso l’Unità 8200. Lì, ha guidato un ampia squadra di agenti che hanno setacciato i dati di spionaggio per “comprendere gli schemi degli attivisti ostili”, secondo il suo racconto.

L’ inversione di tendenza

Google non è l’unico gigante tecnologico a reclutare spie israeliane per dirigere i suoi dipartimenti politicamente più sensibili. Lo stesso studio ha rilevato che centinaia di ex agenti dell’Unità 8200 sono impiegati in aziende come Meta (ex Facebook), Microsoft e Amazon. E anche una quantità significativa di ciò che l’America legge sul Medio Oriente è scritta da ex spie israeliane.

Un’inchiesta di inizio anno ha scoperto una rete di ex membri dell’Unità 8200 che lavorano nelle principali redazioni americane.

Wikipedia è un altro teatro di guerra chiave per lo Stato israeliano. Un progetto supervisionato dal futuro Primo Ministro Naftali Bennett ha schierato migliaia di giovani israeliani per monitorare e modificare l’enciclopedia virtuale, rimuovendo i fatti problematici e inquadrando gli articoli in modo più favorevole a Israele. Chi apportava il maggior numero di modifiche riceveva ricompense, tra cui voli gratuiti in mongolfiera.

Il Ministero degli Affari Esteri ha anche lanciato una campagna per molestare e intimidire gli studenti americani, istituendo una “forza speciale” per condurre operazioni psicologiche volte, secondo le sue stesse parole, a “infliggere conseguenze economiche e occupazionali” ai manifestanti filo-palestinesi. Sebbene il Ministro degli Esteri Eli Cohen sia a capo della forza, quest’ultima sottolinea che le sue azioni “non dovrebbero portare la firma dello Stato di Israele”.

In un contesto di crescenti critiche, il governo israeliano ha cercato di invertire la rotta invitando influencer a colloqui diretti con Netanyahu. Ad aprile, il Primo Ministro israeliano ha incontrato personalmente personalità conservatrici del Web, tra cui Tim Pool, Dave Rubin, Sean Spicer, Bethany Mandel, David Harris Jr., Jessica Krause, Seth Mandel e Mollie Hemingway, dove hanno discusso su come convincere al meglio l’opinione pubblica occidentale a una guerra con l’Iran e su come contrastare il sentimento antisionista in Rete.

Altre personalità dei social media riferiscono di aver ricevuto ingenti somme di denaro in cambio di poche parole di sostegno a Israele.

Per quanto riguarda il cambiamento di rotta dell’opinione pubblica europea, Israele ha il suo bel da fare. Un recente sondaggio di YouGov ha rilevato che il Paese è ampiamente disprezzato in tutto il continente. Ad esempio, gli italiani che hanno un’opinione “molto sfavorevole” (43%) su Israele sono oltre 20 volte più numerosi di quelli che hanno un’opinione “molto favorevole” (2%).

Anche in Germania, dove il sostegno popolare per Israele è più alto, solo il 21% ha dichiarato di avere un’opinione favorevole dello Stato (di cui solo il 4% molto favorevole), mentre il 65% si è dichiarato apertamente contrario (di cui il 32% fortemente contrario).

Una vasta maggioranza di britannici, nel frattempo, ha concordato con l’affermazione: “Israele tratta i palestinesi come i Nazisti trattavano gli ebrei”. Il 48% ha risposto affermativamente, contro solo il 13% che si è detto contrario. Questo nonostante i governi europei offrano un pieno sostegno a Israele, criminalizzando persino le proteste pro-Palestina e perseguitando i giornalisti che si oppongono al sostegno occidentale a Tel Aviv.

Il governo israeliano spende milioni di dollari ogni giorno in gigantesche campagne pubblicitarie volte a cambiare l’opinione pubblica. A tal fine, sta sviluppando una rete di pubbliche relazioni sofisticata quanto i sistemi d’arma avanzati che utilizza contro i suoi vicini. Solo su YouTube, la sua pubblicità a pagamento, tradotta in cinque lingue, ha raggiunto almeno 45 milioni di persone nell’ultimo mese. Resta da capire se questa strategia si rivelerà efficace. Dopotutto, è difficile convincere il pubblico a sostenere un Genocidio.

Alan MacLeod scrive per MintPress News. Dopo aver completato il suo dottorato di ricerca nel 2017, ha pubblicato due libri: “Bad News From Venezuela: Twenty Years of Fake News and Misreportin” (Cattive Notizie Dal Venezuela: Vent’anni di Notizie False e Mistificazioni) e “Propaganda in the Information Age: Still Manufacturing Consent” (Propaganda nell’Era dell’Informazione: Fabbricare il Consenso), oltre a numerosi articoli accademici. Ha anche collaborato con FAIR.org The Guardian, Salon, The Grayzone, Jacobin Magazine, Common Dreams, American Herald Tribune e The Canary.

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