InfoAut
Immagine di copertina per il post

Guerra: It’s the end of the world as we know it (and I feel fine)

||||

Condividiamo di seguito la puntata 18 di Il nuovo disordine mondiale, la rubrica sulla guerra di Sandro Moiso per Carmilla.

E’ la fine del mondo che conosciamo e mi sento bene.
Quando esattamente 35 anni fa, era il 1° settembre 1987, i R.E.M. fecero uscire sul mercato discografico il loro singolo, certo non potevano nemmeno lontanamente immaginare che la loro canzone fosse destinata ad essere ancora così attuale all’inizio del secondo decennio del terzo millennio. Dimostrando come, quasi sempre, l’immaginario delle culture ritenute “basse”, in questo caso quello legato alla musica rock, ha saputo anticipare il futuro e lo ha letteralmente “cantato” più e meglio degli esperti economico-politici e degli esponenti ufficiali della cultura mainstream.

That’s great, It starts with an earthquake

E’ fantastico, inizia con un terremoto.
E’ il primo verso della canzone e serve benissimo per confermare ciò che abbiamo anticipato negli interventi precedenti sul tema della guerra e le sue conseguenze e che oggi si verifica in dimensioni ancor maggiori di quelle che si potevano immaginare fin dai primi giorni del conflitto in Ucraina.

Così, mentre l’ostinazione imperialista delle parti coinvolte sta avvicinando sempre più la possibilità di una guerra non solo allargata su scala europea ma anche di carattere nucleare, il sistema di alleanze su cui si son basate le politiche economiche e militari occidentali degli ultimi settanta anni sembra destinato a subire scossoni che, fin dall’esplosione (pilotata malamente) della pandemia da Covid-19, se non lo distruggeranno ancora del tutto, sembrano destinati a ridimensionarlo in maniera ritenuta impensabile fino ad oggi.

Infatti, mentre i media mainstream hanno potuto fino ad ora sottolineare soltanto le indiscutibili difficoltà militari e politiche in cui il regime del nuovo zar è venuto a trovarsi, la crisi economica legata alla carenza di gas, alle speculazioni della borsa di Amsterdam sulla stessa materia prima e al disaccordo tra i paesi europei su come reagire alle stesse sta distruggendo nel breve periodo ciò che aveva richiesto anni per affermarsi, ovvero la stabilità e l’utilità degli accordi inerenti al funzionamento dell’Unione Europea.

Ognuno per sé sembra essere diventato il motto dell’azione dei paesi europei nei confronti di questa crisi, con la Germania, über alles, in testa nel perseguire una propria e costosissima politica energetica che risulta speculare alla decisione, presa fin dall’inizio del conflitto, di riarmare pesantemente le proprie forze armate per poter diventare a breve la terza potenza al mondo, dopo Stati Uniti e Cina, per spesa militare.

Posizione avvallata in generale dal fatto che, in forme diverse, tutti i presunti alleati europei ed occidentali stanno già operando scelte che molto spesso danneggiano gli altri componenti delle alleanze europee ed atlantiche. Una corsa al si salvi chi può che negli ultimi tempi ha raggiunto livelli parossistici.

World serves its own needs, don’t misserve your own needs.

Il mondo segue i propri bisogni, non sottovalutare i tuoi propri bisogni.
Continua così la canzone del 1987, involontaria conferma del fatto che, al di là dei discorsi ufficiali, dietro all’europeismo e all’atlantismo si nascondono le stesse spinte sovraniste che i più fessi pensano ancora essere espressione di possibili rivendicazioni popolari o, peggio ancora di classe.

Il nazionalismo non è mai morto, si era solo truccato per meglio colpire le classi meno abbienti all’interno di ogni singolo stato, scaricando le responsabilità delle scelte più dolorose per i lavoratori, il proletariato e le classi medie impoverite sulle imprescindibili regole europee di gestione finanziaria dell’esistente.

Classi imprenditoriali e dirigenti assolutamente vili e pavide, soprattutto qui in Italia ma anche nel resto d’Europa, hanno finto collaborazione e unità di intenti soltanto per non accollarsi scelte assolutamente impopolari, ma ora il travestimento è caduto e il Re è nudo. Come nella paradossale opera teatrale di Alfred Jarry, i diversi protagonisti della vicenda sono condannati a prendersi gioco l’un dell’altro in una spirale che non potrà far altro che peggiorare sempre più la situazione generale.

La Francia ha annunciato che non venderà più la propria energia elettrica all’Italia e, contemporaneamente, che si opporrà alla realizzazione di un metanodotto che porti dalla Spagna alla Germania, attraversando il suo territorio nazionale, il gas alla seconda. L’Austria, per alcuni giorni e per motivi inerenti al pagamento in rubli, ha fatto sì che l’Italia non ricevesse più il gas russo attraverso il valico di Tarvisio. Paesi dell’Est europeo si oppongono, come l’Ungheria, alle sanzioni alla Russia oppure chiedono un maggiore sforzo militare, come la Polonia, nei confronti della stessa, mentre i paesi fondatori dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica iniziano a tentennare davanti alla richiesta, ribadita da Zelensky, di un ingresso dell’Ucraina nella Nato per timore di un aggravarsi e di una conseguente svolta in senso nucleare del conflitto.

La narrazione ufficiale dei media, fino a pochi giorni or sono, continuava ad insistere sul progressivo allontanamento della Cina di Xi dalla Russia di Putin, travisando le parole del primo a proposito del “rispetto” dell’integrità territoriale degli stati e della loro autonomia politica che, più che all’Ucraina e ai referendum russi sui territori del Donbasss e del Lugansk, erano rivolte agli Stati Uniti affinché interrompano la loro azione di sostegno politico e militare a Taiwan, epicentro del conflitto futuro tra le due potenze rivali. Che più che libertà e diritti riguarderà lo scontro tra il dollaro e il renminbi yuan come monete di riferimento per gli scambi internazionali.

Nella sguaiata narrazione mediatica occidentale, i problemi sembravano essere sempre e soltanto quelli degli avversari, ignorando quelli altrettanto gravi e forse ancor più reali dello schieramento euro-occidentale, in cui il divide et impera statunitense ha giocato e continua a giocare un ruolo niente affatto secondario. Ma si sa, la speranza è l’ultima a morire e il tam tam della guerra avrebbe dovuto ancora una volta servire a distogliere l’attenzione di massa dai problemi immediati che dalla prima derivano e che potrebbero rimettere in discussione la stessa: caro bollette, crisi azionarie, chiusura di aziende, perdita di posti di lavoro e inflazione.

Alcuni di questi fattori, sovranismo rivelato dietro alle politiche nazionali degli stati più “convintamente europeisti” e divisione tra i membri europei della Nato, potrebbero far buon gioco al nuovo governo di centro destra. L’avvicinamento di Giorgia Meloni a Mario Draghi potrebbe essere più che il frutto di un inciucio europeista, quello della necessità del capitalismo italiano di riprendersi uno spazio di manovra nelle questioni energetiche e lo stesso iper-atlantismo della prima potrebbero ben accordarsi con una protezione accordata dagli Stati Uniti a un nascente governo non troppo allineato con la Germania. La cui riduzione della potenza economica e politica, ma domani anche militare, rimane uno dei principali obiettivi statunitensi in Europa, sia per i governi democratici che per quelli repubblicani. Del quale anche l’ambiguo e disastroso attentato alle condotte di North Strem 1 e 2 potrebbe essere una conseguenza e/o un’espressione.

Ad indebolire la futura azione di governo, però, più che le lotte che iniziano a svilupparsi contro le “bollette di guerra”, potrebbero essere le differenti promesse elettorali degli alleati contro cui la stessa Confindustria, nelle parole di Bonomi (niente flat tax e niente prepensionamenti!), ha levato una differente e contrarissima voce. Rischiando di far nascere un governo già morto allo stato fetale.

The ladder starts to clatter with fear fight.

La scala inizia a traballare con la paura della lotta, continuava ancora la canzone di Bill Berry, Peter Buck, Mike Mills e Michael Stipe.
Lo dimostra il fallimento del governo di Liz Truss alla sua prima uscita con la proposta dell’abbassamento, se non l’abolizione, delle tasse per i più ricchi. Ancora una volta non tanto, per ora, per la mobilitazione del movimento “Don’t Pay” che in qualità di primo ministro aveva cercato di esorcizzare con l’istituzione di un fondo plurimiliardario per la riduzione delle bollette, ma proprio per un attacco implacabile da parte degli organismi finanziari internazionali e del loro principale organo di informazione sul territorio britannico, il «Financial Times».

Dopo l’opposizione dei mercati, di buona parte del partito conservatore e dei maggiori quotidiani britannici, che hanno definito il piano, per l’abolizione delle tasse più alte per i più ricchi e del tetto alla remunerazione dei dirigenti bancari, della Truss e del suo ministro delle finanze Kwarteng, in alcuni casi, come folle e cattivo (mad and bad), il quotidiano della finanza inglese non ha potuto far altro che sottolineare come:

Resta da vedere se la disputa sulla rottamazione del tasso di 45p tempererà le ambiziose riforme dal lato dell’offerta di Truss volte a stimolare la crescita. Quando è diventata primo ministro il mese scorso, si è impegnata ad affrontare questioni di lunga durata relative alla pianificazione per aumentare la costruzione di case e l’accessibilità economica dell’assistenza all’infanzia, ma il suo fallimento con la riforma fiscale potrebbe farla riflettere. Un deputato conservatore che sostiene Truss ha dichiarato: “Se non riesce a ottenere un taglio delle tasse di 2 miliardi di sterline, non riesco a vedere come abbia una speranza nell’inferno di pianificare la riforma o qualsiasi altra cosa. Liz voleva essere radicale, ma ha fallito al primo ostacolo”1.

Nessuna altra Tatcher sembra dunque delinearsi all’orizzonte, sia sul piano internazionale che italiano, e questa potrebbe già essere una buona notizia per chi si oppone al modo di produzione dominante. Le cui difficoltà stanno esplodendo ben più rapidamente di quanto si potesse immaginare e senza nemmeno una sconfitta militare intercorsa davvero sul campo.

Semmai se c’è una cosa che, sul campo di battaglia, può essere anch’essa sintomo della fine di un certo mondo che conosciamo può essere individuata nel fatto che uno dei fattori delle difficoltà militari russe deriva proprio dal rifiuto di combattere e arruolarsi di molti giovani, e meno giovani, russi richiamati o chiamati alle armi in questo periodo.
Confermando quanto sostenuto da tempo, oltre che da chi scrive queste note, da Domenico Quirico in un coraggioso articolo su «La Stampa» del 30 luglio di quest’anno.

L’unica speranza che questo macello finisca dunque non è nelle abilità e nelle qualità dei leader dell’Est e dell’Ovest, regrediti a termini rozzi e primitivi, stupefacenti in un tempo e in un mondo reputati civili. Risiede semmai nella volontà rivoluzionaria di porvi fine di coloro che combattono, che vengono ogni ora, ogni giorno uccisi, da una parte e dall’altra, ucraini e russi. Abbiamo bisogno tutti, e soprattutto noi europei che questa guerra subiamo a un passo, di uno sciopero, eversivo, rivoluzionario, dei combattenti che riproponga con successo quanto accaduto nel 1917, durante la Prima guerra mondiale.
Dalle trincee in cui milioni di uomini ogni giorno sopportavano il contatto con la morte e ogni istinto di vita sotto i bombardamenti, la sporcizia, il furore omicida sembrava dover inaridire fino alla radice, esplose, dilagò improvviso irresistibile universale il grande sciopero della pace. In Russia fu, subito, Rivoluzione. Negli altri Paesi belligeranti (in Italia fu Caporetto) ci vollero i plotoni di esecuzione per domare la rivolta. Ma non fu che una breve tregua prima che il moto dilagasse un anno dopo come un fuoco in una pianura riarsa.
Ucraini e russi sono entrati in guerra ammalati dei loro particolarismi, di nazionalismo orgoglioso gli uni, di imperialismo brutale gli altri. Per due, tre mesi questi particolarismi e l’odio che la sofferenza fa crescere nei confronti del nemico, di chi ha aggredito e specularmente di chi, ostinato, non si arrende, resiste, uccide, sono stati sufficienti per motivare i combattenti, per sorreggere la propaganda.
Ma a contatto delle verità eterne e immutabili che la sofferenza sociale della guerra rimette ferocemente in luce giorno dopo giorno, gli uomini nelle trincee del Donbass e di Cherson sentiranno che il cerchio del loro orizzonte impedisce loro di pensare e di agire, li soffoca in una atmosfera assassina di morte e di inutili volontà.
[…] La fine rivoluzionaria di questa guerra criminale avverrà quando i combattenti si ribelleranno, insieme, alla sofferenza. Sono loro che gettando contemporaneamente i fucili possono rompere il cerchio dei pregiudizi, degli interessi, dei simboli vani, delle bugie. Sono loro che rifiutando di combattere spazzeranno, con il soffio del loro possente respiro di vittime, di sacrificati, il cerchio degli interessi che a Mosca e a Kiev non sono i loro.
[…] Non sono Putin e Zelensky, o Biden, che possono spezzare il cappio della guerra. Gli uomini di buona volontà a cui deve rivolgersi, scavalcando, ignorando i capi, sono gli uomini disperati, sporchi, esausti, straziati delle trincee. Il popolo della guerra.
Dopo mesi di sofferenza, di avversione alimentata tra loro, ora ucraini e russi hanno una cosa in comune: la sofferenza. Ora non credono più a quello che è accaduto, sanno che ancora una volta tutto è avvenuto per un errore di calcolo criminale2.

Ipotesi rafforzata ancora dagli scontri avvenuti in una base di arruolamento in prossimità di Mosca.

Nel 223esimo giorno di guerra in Ucraina, una maxi rissa tra nuove reclute e soldati è scoppiata in una base dell’esercito russo vicino Mosca. Secondo quanto riferito da Baza, «i nuovi arrivati» non hanno ricevuto un caldo benvenuto, ma al contrario «i soldati che prestavano servizio» nella base gli «hanno ordinato di consegnargli i vestiti ed i telefoni cellulari». Le nuove reclute – chiamate alle armi nel quadro della mobilitazione parziale annunciata da Puti – hanno respinto le richieste e ne sarebbe scaturita una rissa nella quale avrebbero avuto la meglio, tanto che circa 20 soldati si sarebbero rinchiusi in un edificio e avrebbero chiamato la polizia per chiedere aiuto3.

And a government for hire and a combat site
But it’ll do, save yourself, serve yourself.
World serves its own needs, listen to your heart bleed
It’s the end of the world as we know and I feel fine

E un governo a noleggio e un sito di combattimento/ma lo faranno e allora salvati, servi te stesso/Il mondo serve i propri bisogni, ascolta il tuo battito cardiaco/È la fine del mondo come lo conosciamo e mi sento bene.

Sì, a vederla in positivo e nonostante tutto, il vecchio mondo sta finendo. Con i suoi conflitti imperialistici e il suo scellerato dominio di classe. Con le sue tragiche diseguaglianze e le sue menzogne. E’ un mondo solo, come Draghi mentre parlava davanti ad un’aula delle Nazioni Unite deserta. Un mondo vecchio e moribondo che vorrebbe pace sociale e stabilità soltanto per continuare con lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla donna, dell’ambiente e di ogni risorsa vitale fino al loro esaurimento. Un treno che sta lentamente rotolando sui binari della propria distruzione.

Per tutto questo, dunque, è giunto il momento per chi si batte nei movimenti di carattere sindacale, territoriale e ambientale di unire le forze in direzione di un unico obiettivo comune: accelerare la tendenza all’inevitabile superamento dell’attuale modo di produzione. Whatever it takes!

 

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

europaguerrarussiaucraina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: il Mendoza avanza contro contadini e indigeni, tra la vendita di terre demaniali e progetti minerari

Ancora risuonano nei paraggi di Los Molles e di El Sosneado, i fatti degli inizi del 2023, quando nel sud provinciale giunsero dei fuoristrada con foto del Generale Roca e proclami negazionisti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Li hanno uccisi senza che muovessero un muscolo”: Esecuzioni sommarie, fame e sfollamenti forzati da parte dell’esercito israeliano nel Nord di Gaza

La squadra sul campo dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo ha documentato strazianti episodi di uccisioni sommarie ed esecuzioni extragiudiziali di civili da parte di soldati israeliani, eseguite senza alcuna giustificazione. Fonte: English version Dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani – 17 novembre 2024Immagine di copertina: Il fumo si alza da un edificio residenziale dopo un attacco israeliano a Beit […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nuova Zelanda: migliaia di indigeni Maori assediano il Parlamento

Dopo poco più di una settimana, la marcia lanciata dal popolo Maori in difesa dei propri diritti è arrivata a Wellington.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Basta armi a Israele: manifestazione regionale a Torino

Nella giornata di sabato 5000 persone provenienti da tutto il Piemonte si sono radunate a Torino per dare vita ad un ricco e partecipato corteo regionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: la Francia (forse) libererà Georges Abdallah, militante comunista incarcerato dal 1987

Originario di Kobayat, nel nord del Libano, militante del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina prima e tra i fondatori delle Fazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi dopo l’invasione israeliana del Libano

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Occupata la Leonardo spa dall’Intifada Studentesca a Torino

Ieri come Intifada studentesca abbiamo occupato la sede della Leonardo Spa! In 50 siamo entratə all’interno dello stabilimento mentre altre 50 persone bloccavano l’ingresso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La coreografia pro-Palestina degli ultras del PSG è diventata un vero e proprio caso politico

Riprendiamo l’articolo di Calcio e Rivoluzione, che mette in luce il caso politico nato intorno alla coreografia pro-Palestina messa in scena dagli ultras del PSG durante una partita di Champions League. Questo episodio ha scatenato reazioni accese da parte delle autorità francesi e aperto un dibattito sul rapporto tra politica e sport, evidenziando come certi […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Netanyahu si nasconde in un bunker sotterraneo per paura degli attacchi dei droni

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe lavorato da una “camera blindata sotterranea” per paura di subire attacchi drone di rappresaglia da parte dei movimenti di resistenza regionali.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La vergognosa narrazione occidentale mostra nuovamente il significato di informazione di guerra

Venerdì 9 novembre i militari dell’IDF (ricordiamo che in Israele è presente la leva obbligatoria) e tifosi del Macabi Tel Aviv hanno strappato e bruciato bandiere palestinesi dai balconi olandesi, insultato e aggredito persone e giornalisti, inneggiato alla morte degli arabi e dei bambini palestinesi per ore nel centro cittadino e fischiato il minuto di silenzio ai morti di Valencia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Amerika Trump again

Fin dalle prime ore dall’inizio dello spoglio, la vittoria elettorale di Trump si stagliava netta, ben oltre le previsioni di chi scommetteva sulla sua rielezione, macinando stato in bilico dopo stato in bilico, mentre Fox News si sbilanciava a dichiarare la vittoria in anticipo su tutte le testate nazionali del mainstream media a stelle e strisce. 

Immagine di copertina per il post
Formazione

Leonardo occupata: costruire una prassi per boicottare la guerra

L’Intifada ha annunciato sin dall’inizio dell’anno accademico l’intenzione di proseguire con l’azione di boicottaggio contro Israele e i suoi alleati.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ancora Trump, non stupitevi

Ad un primo sguardo superficiale queste elezioni negli Stati Uniti sono state un replay di quelle del 2016. Trump vince nonostante le previsioni dei sondaggisti più autorevoli.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’esplosione delle spese militari italiane

Nel 2025 a 32 miliardi (di cui 13 per nuove armi).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Appesi sulla facciata di Palazzo Madama: protesta di XR alla festa delle forze armate

Due persone si sono appese all’impalcatura di Palazzo Madama durante la Festa delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale, srotolando uno striscione con scritto “Onorano guerre, distruggono terre”.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

L’Ai attuale è una grande operazione ideologica e di marketing, confezionata per aumentare il controllo delle persone e restringere il margine di libertà digitale” (1) Intervista a Stefano Borroni Barale, da Collegamenti di Classe L’Intelligenza artificiale (Ai) è un tema oggi talmente di moda che persino il papa ha ritenuto indispensabile dire la sua sull’argomento. […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Gli Stati Uniti verso le elezioni: guerre e guerra civile

Manca poco più di una settimana alle elezioni negli Stati Uniti e nonostante i pronostici regna l’incertezza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Vertice dei Brics a Kazan: si prospetta la fuoriuscita dal dollaro?

In questi giorni si è tenuto l’incontro internazionale dei Brics+ che ha coinvolto 36 Paesi a Kazan, alla guida la Russia di Putin.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Guerre, transizioni ecologiche ed estrattivismi: un’analisi critica del presente

Proponiamo una prima parte del dibattito dal titolo “Guerre, transizioni ecologiche ed estrattivismi: un’analisi critica del presente” che si è tenuto a settembre a Venaus in occasione del campeggio di Ecologia Politica Network.