Invertire la Partita. La natura come campo di battaglia
Sabato 5, è iniziata la settimana di iniziative e azioni lanciate su scala internazionale da Extinction Rebellion, movimento mondiale di disobbedienza civile non-violenta, cresciuto negli ultimi mesi sull’onda delle rivendicazioni ecologiste iniziate da F4F e sviluppatosi come proposta di intersezione tra un ideale di giustizia climatica e l’abbattimento del capitalismo.
Con un’occupazione di 17 ore nell’ala di uno dei principali centri commerciali della capitale, a Place d’Italie, comincia a Parigi la prima delle “giornate internazionali di ribellione”, promosse dal movimento ecologista.
L’appello dal tono quasi escatologico, Derniere occupation avant la fin du monde [Ultima occupazione prima della fine del mondo], lanciato qualche giorno prima dagli attivisti di XR, dichiarava la volontà di riunire assieme i movimenti sociali e quelli ambientalisti, rinsaldando quei legami di affinità le cui ultime espressioni di successo si erano date il 21 settembre a Parigi. A sottoscrivere l’appello: Comité Adama, Desobeissance Ecolo Paris, Comité de Liberation et d’Autonomie Queer, alcuni comitati dei Gilets Jaunes, Terrestres, Youth for Climate Paris, Cerveaux non Disponibles, Radiaction, ACTA, Deep Green Resistance IDF, EODRA, Plate-forme d’enquêtes militantes, collectif Peuple révolté. Una volta dichiarato il luogo, l’occupazione ha poi visto la partecipazione di membri di altre organizzazioni, gruppi di giovani e singoli solidali.
Il centro commerciale è stato designato come il luogo perfetto in cui manifestare la contrarietà a quel sistema iperconsumistico ed iperproduttivistico che incrementa di giorno in giorno la crisi ecologica planetaria. “Il problema è sistemico” denunciano gli attivisti, ma, fino ad ora, il risultato della partita è negativo: “Ecology 0 – Extintion 1”, scrivono su un muro.
“Italie 2” è un centro commerciale che conta oltre 120 boutique, di proprietà della società Hammerson; quest’estate è stato per la maggior parte rilevato da Axa con l’intenzione di estenderlo per una spesa complessiva di 473 milioni di euro. L’anno precedente, la compagnia assicurativa Axa era stata denunciata da un’associazione ecologista per i suoi persistenti investimenti nelle centrali a carbone polacche. Il blocco di 2/3 di “Italie 2” ha così significato una messa a critica non solo della sfera della produzione e del consumo, ma altresì un messaggio diretto alle imprese ostacolanti una delle rivendicazioni chiave dei movimenti ecologisti, quella dell’impegno per la progressiva eliminazione delle emissioni di carbonio.
L’occupazione, iniziata circa alle 10:30 del mattino, è proseguita fino alle 4 del mattino seguente, quando, della media degli oltre mille presenti durante le ore diurne, gli ultimi 200 attivisti rimasti all’interno hanno deciso di lasciare autonomamente il luogo, senza ceder nulla alle pressioni subite dalla polizia nel corso di tutta la giornata. In 17 ore, le barricate erette contro le porte d’ingresso e le uscite di emergenza hanno resistito ai tentativi degli sbirri e dell’antisommossa (arrivati dal mattino con un carosello di camionette a circondare l’edificio) di fare irruzione, anche quando gli attacchi si sono fatti più insistenti, dopo l’orario di chiusura del centro commerciale al pubblico (per una cronaca puntuale della giornata: https://reporterre.net/L-action-d-Extinction-Rebellion-a-eu-lieu-a-Paris-au-centre-commercial-Italie-2). Ciononostante, gli attivisti sono riusciti a mantenere una permeabilità con l’esterno, che permetteva un ricambio di persone e la possibilità di introdurre degli approvigionamenti, ma soprattutto favoriva l’intento di estendere la portata politica dell’evento a tutti quei gruppi che, a pochi metri dall’edificio, si stavano organizzando con attività, discorsi o anche solo con la presenza.
La confluenza dei vari gruppi di movimento che si è data a più riprese nel corso della giornata (la presenza dei comitati fuori dall’edificio, così come l’arrivo di parecchi Gilet Jaunes in serata) ha dimostrato come la priorità dell’iniziativa non fosse unicamente ricondurre la crisi ecologica alle sue cause sistemiche, radicate nel sistema di produzione capitalistico e imperialista, ma anche ricompattare il fronte di lotta contro chi si erge a difesa del sistema a discapito della giustizia sociale. Mentre dentro l’edificio la situazione veniva orizzontalmente autogestita e scandita da varie attività e gruppi assembleari incentrati sul rapporto tra ecologia ed imperialismo, o sessismo e patriarcato, gli interventi che si sono susseguiti all’esterno dinnanzi all’ingresso hanno rimarcato come sia impossibile condurre una lotta ecologista senza tenere in conto la dimensione popolare. Prende parola la sorella di Adama, Assa Traoré, su come la costruzione del mondo sia legata alla storia e sia una storia impietosa quella di chi è stato espropriato delle proprie risorse; doppiamente espropriato della possibilità di decidere quale sarà il suo mondo è chi abita i quartieri popolari: “Non si parla dell’ecologia senza parlare dell’Africa, senza parlare dei morti in quartiere. I primi a soffrire della catastrofe climatica saranno i poveri. La polizia continuerà a sopprimere, arrestare, uccidere. E la polizia è la stessa ovunque. Non si parla dell’ecologia senza parlare delle vittime”. Un giovane Gilet Jaune indipendente dichiara di essere lì quasi per caso, sentendosi comunque nel posto giusto: “Questo centro commerciale è attraversato da decine di migliaia di persone ogni giorno, mia madre non riesce neanche a comprarci la carne da mangiare a fine mese. Giustizia climatica e sociale per riprendersi il mondo”.
Con queste premesse si giocherà la partita di un movimento ambientalista e sociale la cui capacità di organizzazione inizia ad andare oltre le modalità della marcia pacifica, tanto da spaventare la controparte politica incapace di negoziare (al punto da scatenare episodi di repressione come quello avvenuto a Londra in contemporanea all’azione parigina: https://www.theguardian.com/environment/2019/oct/05/london-police-arrest-extinction-rebellion-activists-in-advance-of-environment-protest).
La scommessa più interessante riguarda la possibilità di veder scendere nel campo di battaglia della giustizia climatica i diversi fronti di lotta.
Se è vero che per il capitalismo la crisi climatica offre una chance di riorganizzazione produttiva nonchè di speculazione sulla catastrofe, forse i movimenti sociali, femministi, anti-razziali e ambientalisti non possono che provare a scendere in campo con un obiettivo comune e provare a invertire quel risultato di partita.
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