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La coreografia pro-Palestina degli ultras del PSG è diventata un vero e proprio caso politico

Riprendiamo l’articolo di Calcio e Rivoluzione, che mette in luce il caso politico nato intorno alla coreografia pro-Palestina messa in scena dagli ultras del PSG durante una partita di Champions League. Questo episodio ha scatenato reazioni accese da parte delle autorità francesi e aperto un dibattito sul rapporto tra politica e sport, evidenziando come certi temi sociali trovino spazio negli stadi, nonostante i tentativi istituzionali di limitarne l’espressione.

La quarta giornata della Champions League 2024/2025 ci ha regalato tantissime sorprese. Non solo l’inaspettata sconfitta del Manchester City di Pep Guardiola caduta allo Stadio José Alvalade di Lisbona sotto i colpi di un Viktor Gyökeres sempre più in formato super o la vittoria del Milan contro i campioni in carica del Real Madrid ma soprattutto quello che è successo a Parigi. Se stiamo scrivendo di questo turno della competizione continentale per club più importante e seguita al mondo è, infatti, per analizzare quel che abbiamo visto andare in scena sugli spalti del Parco dei Principi di Parigi appena prima del fischio di inizio di PSG – Atlético Madrid e tutto quello che ha provocato. Partita che – per la cronaca – ha visto la squadra del “Cholo” Simeone battere per 2 a 1 i padroni di casa, passati in vantaggio al quarto d’ora del primo tempo con Zaire-Emery, riacciuffati dalla rete dell’ex difensore dell’Udinese Molina e poi sconfitti dal gol vittoria all’ultimo minuto dell’argentino Angel Correa.

Ma cosa è successo precisamente sugli spalti dello stadio del PSG?

Dalla Virage Auteuil, curva frequentata dai gruppi del tifo organizzato parigino, è stata calata una maestosa coreografia su cui erano raffigurati diversi simboli palestinesi: una bandiera della Palestina insanguinata, la moschea di Gerusalemme, alcuni carri armati, la sagoma di una persona che indossa la kefiah, un ragazzino con indosso una bandiera del Libano e la scritta bella grande “Free Palestine” attorniata dai colori rosso e blu del PSG. Poco più in basso, contemporaneamente, è stato srotolato un altro striscione, a completamento della coreografia, con su scritto “la guerra in campo ma la pace nel mondo” con il chiaro riferimento a quanto accade in Palestina da un anno a questa parte. È la coreografia più grande e d’impatto dell’ultimo anno – assieme ad alcune preparate dalla tifoseria del Celtic – dedicate al popolo palestinese. Una sensibilità verso ciò che accade in Palestina che non è nuova tra i supporters parigini che, anzi, da qualche anno, portano sugli spalti alcune bandiere palestinesi proprio per rimarcare tutta la loro vicinanza e solidarietà. La Virage Auteuil, da qualche tempo, è diventata la casa di tantissimi giovani delle banlieue parigine, per lo più musulmani e di seconda generazione, che hanno fatto dell’antirazzismo e dell’anticolonialismo uno dei loro tratti distintivi. Ed è proprio nella natura stessa di chi anima la curva che è da ricercare la sensibilità e la vicinanza alla causa palestinese. Un cambio di rotta abbastanza netto rispetto al recente passato quando la parte più calda del tifo parigino era assiepato e rappresentato dalla Kop de Boulogne le cui tendenze politiche erano riconducibili all’estrema destra con slogan, cori e simboli di chiaro stampo razzista e fascista. Ma sulle gradinate del Parco dei Principi, dopo oltre tre decenni di dominio incontrastato dei sovranisti e nazionalisti francesi, qualcosa sembra essere cambiato. Le nuove generazioni di ultras, riunite sotto la sigla Collectif Ultras Paris (CUP), approfittando anche della lotta alla Kop portata avanti negli anni ‘90 dall’allora proprietà Canal+ che ha portato di fatto allo scioglimento dei gruppi storici della Boulogne, hanno preso il testimone e spostato più a sinistra – o comunque creato sensibilità attorno a valori tipici della sinistra quali antirazzismo ed anticolonialismo – una buona parte del tifo parigino che popola ogni settimana la Virage Auteuil.

Si può in parte spiegare così la coreografia pro-Palestina di mercoledì sera che nel giro di qualche ora ha fatto il giro del mondo con tutte le principali piattaforme social praticamente invase dalle foto e dai video fatti da chi era presente allo stadio e prontamente ricondivisi da chiunque supporti la Palestina. Una viralità ed una sovraesposizione mediatica che ha provocato un effetto a catena nel bene e nel male. Parallelamente alle centinaia di migliaia di persone che hanno condiviso la coreografia in segno di apprezzamento e supporto per quanto fatto dalla tifoseria parigina c’è stato anche chi ha criticato il gesto, chi ne ha preso le distanze e chi ha strumentalizzato il tutto per colpire e criminalizzare la solidarietà con la Palestina.

È il caso del presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia, Yonathan Arfi, che al termine della partita aveva postato queste righe sul suo account X: “Striscione scandaloso questa sera al Parc des Princes! Una mappa in cui lo Stato di Israele non esiste più. Un combattente palestinese mascherato. Questo non è un messaggio di pace ma un incitamento all’odio”. A raccogliere l’assist sono stati poi due ministri del governo Macron: il ministro degli interni Bruno Retailleau, membro dei Repubblicani, che sempre dal suo account X ha sollecitato il PSG a dare spiegazioni, minacciando ripercussioni qualora episodi di questo genere si ripeteranno: “Chiedo al PSG di dare spiegazioni e ai club di assicurarsi che la politica non rovini lo sport, che deve sempre rimanere un elemento di unità. Questa coreografia non doveva trovare spazio in quello stadio e messaggi di questo tipo infatti sono vietati dai regolamenti della Ligue e della UEFA. Se dovesse ripetersi, sarà necessario considerare di vietare le coreografie per quei club che non fanno rispettare le regole” e il ministro dello Sport Gil Avérous che ha rincarato la dose, invitando il PSG a rispettare le regole delle competizioni in cui è impegnato. “No alle derive inaccettabili nelle tribune dei nostri stadi. I campi sportivi non devono diventare tribune politiche”. Il regolamento della UEFA a cui fanno riferimento i due ministri è quello disciplinare e nello specifico l’articolo 16.4 che permette di sanzionare qualsiasi messaggio provocatorio ed inappropriato per un evento sportivo nello specifico qualsiasi messaggio provocatorio di natura politica, ideologica, religiosa o offensiva. Un principio che la massima istituzione calcistica europea applica a seconda dei propri interessi e che i rappresentanti politici europei richiamano all’osservanza in relazione alle parti chiamate in causa. Basti pensare alle tante iniziative promosse direttamente dalla UEFA in favore dell’Ucraina e per la pace in quei territori o ai diversi striscioni che, in più occasioni, sono stati mostrati dagli spalti degli stadi in occasioni di partite sotto l’egida della UEFA in cui si chiedeva il rilascio dei prigionieri israeliani che non hanno mai creato alcun tipo di polemica o sconcerto. Un doppio standard che profuma tanto di complicità e che non deve più sorprendere.

Il messaggio del ministro degli interni francese dimostra semmai come anche in Francia sia praticamente vietato manifestare solidarietà e vicinanza con il popolo palestinese. Come la difesa tout court di Israele e delle sue politiche sia questione fondamentale per Macron ed i suoi. Al punto che, il giorno successivo la partita, il presidente della Federazione calcistica francese, Philippe Diallo, e il direttore generale del PSG, Victoriano Melero, hanno ricevuto una convocazione ufficiale presso il Ministero dello Sport per chiarire quanto avvenuto al Parco dei Principi. Il tutto nonostante, stavolta, la UEFA avesse fatto sapere che non avrebbe aperto alcun caso disciplinare nei confronti del PSG poiché lo striscione esposto non poteva essere considerato provocatorio o offensivo; nonostante il CUP avesse chiarito – semmai ce ne fosse stato bisogno – che quella coreografia non aveva lo scopo di veicolare un messaggio d’odio ma era un appello alla pace tra i popoli e che per la realizzazione e il dispiegamento della stessa non avessero avuto bisogno dell’aiuto o della compiacenza del club. Parole che combaciavano con quanto dichiarato dalla società qualche ora prima per rispondere indirettamente al ministro degli interni: “Il club non era a conoscenza del progetto di esporre un messaggio del genere. Il Paris Saint-Germain ricorda che il Parco dei Principi è – e deve rimanere – un luogo di comunione attorno ad una passione comune per il calcio e si oppone fermamente a qualsiasi messaggio di carattere politico nel suo stadio“. Parole che avrebbero dovuto spazzar via ogni dubbio sulle eventuali responsabilità dirette della società parigina, il cui presidente, il qatariota Nasser Al-Khelaïfi, ricordiamo essere anche il presidente dell’ECA – European Club Association – e membro del Comitato Esecutivo dell’UEFA e che, invece, non sono bastate a placare le polemiche interne al governo francese anche alla luce di equilibri che poco hanno a che fare con lo sport del calcio. Alcune analisi circolate nella stessa serata di mercoledì, infatti, collegavano la coreografia della Virage Auteuil proprio alla vicinanza che il governo del Qatar, di cui Al-Khelaïfi è membro di spicco, intrattiene con la Palestina ed in particolar modo con Hamas. Analisi che, però, in buona o cattiva fede, non tengono conto delle mille sfaccettature della realtà e di uno scenario geopolitico ben più complesso, intrigato e dalla geografia variabile di come viene descritto.

Non a caso, a seguito dell’incontro di venerdì tra il gli esponenti del governo Macron e la dirigenza del PSG, quest’ultima ha dichiarato che in futuro si impegnerà ad ottenere in anticipo le coreografie del CUP, condizione sine qua non per il loro ingresso al Parco dei Principi. L’accesso al Parco dei Principi, inoltre, sarà vietato da mercoledì, e per una durata indeterminata, al gruppo di tifosi CUP al di fuori dei giorni della partita“. Ma non solo perché il PSG – fanno sapere dal Ministero dell’Interno e da quello dello Sport – ha deciso di vietare ai suoi ultras di realizzare coreografie o mostrare striscioni fino alla fine dell’anno e che ogni trasgressione sarà severamente punita. “Il Ministro dell’Interno, il Ministero dello Sport, della Gioventù e della Vita associativa e il Segretario di Stato incaricato della cittadinanza e della lotta contro le discriminazioni hanno preso atto degli impegni del club e presteranno particolare attenzione al rispetto di questi impegni affinché gli eventi sportivi rimangano luoghi liberi da qualsiasi messaggio di carattere politico” la nota ministeriale a conclusione dell’incontro.

Il potere politico è dall’ottobre scorso che – in combutta con quello mediatico – prova a criminalizzare i movimenti in solidarietà con la Palestina, gruppi del tifo organizzato inclusi, e a condannare ogni gesto in favore della popolazione palestinese. Con altrettanta costanza e tenacia, però, anche chi è al fianco della Palestina non ha mai smesso di mostrare la propria solidarietà continuando a lanciare messaggi e a sfruttare ogni spazio a disposizione per farlo. Probabilmente è anche per questa incredibile pressione che – da un anno a questa parte – si sta producendo e che anziché diminuire aumenta giorno dopo giorno, che la controparte sta poco a poco arretrando ed abbassando il tiro esattamente come la UEFA che ha fatto sapere che non sarà aperto alcun caso disciplinare nei confronti del PSG poiché lo striscione esposto non può essere considerato provocatorio o offensivo.

venerdì mattina dove sono stati ricevuti da Othman Nasrou, segretario di Stato incaricato della Cittadinanza e della Lotta contro le discriminazioni per chiarire l’accaduto.

Augurarsi la pace nel mondo e quindi la fine del genocidio in Palestina, così come la piena e totale libertà del popolo palestinese non sarà mai un principio derogabile né tanto meno sanzionabile dalla UEFA o dagli apparati repressivi dei nostri governi.

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