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Messico, inchiesta riapre il caso sul destino dei 43 normalistas di Ayotzinapa

 

Per il rapporto presentato ieri, di circa 500 pagine, è infatti impossibile che i 43 corpi siano stati cremati insieme nella fossa di Cocula, come dichiarato dal procuratore generale della Repubblica della Corte messicana lo scorso dicembre al momento della sentenza di chiusura delle indagini: ciò avrebbe provocato un incendio e una devastazione della vegetazione circostante mai ravvisati da nessun testimone nella zona.

 

Sono inoltre ancora da chiarire le dinamiche di quanto accaduto, soprattutto in relazione al motivo per il quale le forze dell’ordine di Iguala aprirono il fuoco contro i 43 normalistas per poi consegnarli al gruppo narcos dei Guerreros Unidos; proprio le dichiarazioni di un pentito del cartello erano state utilizzate per dare veridicità alla tesi del procuratore, smentita dalle perizie tecniche della commissione relatrice dell’inchiesta.

 

Una delle possibilità infatti è che uno dei bus che gli studenti avrebbero dirottato per poter raggiungere una manifestazione contro la Giunta di Iguala fosse utilizzato per trasportare eroina da parte del cartello messicano; la cosa creerebbe il movente della reazione poliziesca dando contestualmente un’idea del business che muove il territorio di Iguala nella gestione del quale Stato e narcos agiscono di concerto.

 

Negli scorsi mesi sono state decine le date di piazza convocate per continuare a chiedere giustizia e verità riguardo alla vicenda dei normalistas, manifestazioni spesso caricate dalla polizia e dall’esercito che sono però riuscite a mantenere alta l’attenzione pubblica su un caso divenuto simbolo del Messico di oggi, dove Stato e narcos governano de facto in sinergia i territori e dove sin dal 2012, anno dell’insediamento del presidente Pena Nieto, sono scomparse circa 10.000 persone in un processo di fatto strategico di governance del territorio del paese.

 

 

 

 

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