Nakba: 63esimo anniversario di lotta, morti ai confini di Libano Siria e Israele
Una fiammata di proteste, come non si vedeva da anni per l’anniversario della Nakba (la catastrofe nazionale palestinese), ha avvolto i confini tra Israele, Libano e Siria, oltre ai valichi tra lo Stato ebraico e la Striscia di Gaza. Il bilancio di morti, quasi tutti palestinesi, è al momento fissato a 12.
Il fatto più eclatante è avvenuto sulle Alture del Golan (territorio siriano occupato da Israele) dove migliaia di profughi palestinesi hanno superato di slancio le barriere sulle linee d’armistizio e sono arrivati fino al villaggio druso di Majdal Shams (una roccaforte storica della resistenza civile all’occupazione). I militari israeliani hanno aperto il fuoco uccidendo almeno cinque manifestanti e ferito altre decine. Le fonti ufficiali israeliane hanno riferito di feriti anche tra i soldati dello Stato ebraico. Sono stati, di fatto, gli scontri più gravi dalla guerra del 1973-74 tra Israele e Siria lungo linee armistiziali dove per oltre 40 anni la situazione è rimasta sostanzialmente calma.
Altri sei manifestanti, tra palestinesi e libanesi, sono stati uccisi nelle stesse ore dai soldati israeliani a Maroun al Ras alla frontiera con il Libano, dove centinaia di profughi si sono radunati sul lato libanese del confine, per commemorare la Naqba. I feriti sono almeno 71, secondo fonti mediche libanesi. Un giovane palestinese invece è stato ucciso anche a Gaza, nei pressi di Shujayeh, dal fuoco dell’esercito israeliano. Poco prima al valico di Eretz con Israele centinaia di ragazzi, con in mano le bandiere della Palestina, hanno aggirato i posti di controllo del governo di Hamas e dell’Autorità nazionale palestinese e si sono lanciati in una corsa di alcune centinaia di metri verso le postazioni (di cemento armato) dell’esercito israeliano accanto al terminal. Il fuoco dei militari, secondo dati del Centro di Gaza per i diritti umani, ha fatto oltre 60 feriti. E’ stata smentita la morte di un fotoreporter palestinese riferita in precedenza.
Ore 15. Da stamattina la tensione si è fatta ancora più alta, al valico di Rafah così come a quello di Eretz. Marce e scontri si registrano nella Striscia così come in Cisgiordania. Frammentate e poche le informazioni che trapelano. Disturbate le rete telefoniche. Israele è da ieri che ha alzato la sua voce di guerra, da Gaza ci raccontano che sono diversi i morti e decine i feriti.
Ascolta le dirette di Radio Onda Rossa di Roma.
Aggiornamento: il valico di Rafah è da ieri pomeriggio chiuso. 20 pullman sono partiti da Il Cairo ma 15 sono dovuti tornare indietro; c’è stato un conflitto a fuoco con i militari, i morti sono almeno 9. Oggi i pullman proveranno a ripartire, centinaia di persone si stanno muovendo con i propri mezzi, anche a piedi, verso il valico.
Report Infoaut da Gaza. 15 maggio 2011, anniversario della Nakba: oggi ci si aspetta un corteo numerosissimo qui a Gaza. La speranza di una nuova primavera è forte anche in questi territori, l’eco delle rivolte nel nord Africa e nel vicino Egitto danno forza anche a chi da anni resiste all’occupazione israeliana. Certo i palestinesi ci tengono a precisare che qui la situazione è diversa, qui c’è un occupazione; ma sanno anche che il corteo di domani è stato costruito da più mani, da più popoli. La parola d’ordine è rientro, ci si troverà di buon’ora ai vari valichi da Eretz a Rafah, ci saranno donne e uomini palestinesi che non vogliono più solo commemorare la Nakba, la catastrofe, ma dargli un significato nuovo, e al loro fianco tantissime persone che hanno a cuore la causa palestinese.
Il movimento egiziano che ha portato in piazza milioni di persone è riuscito nel suo obiettivo, quello di far cadere il Rais e ha dato stimoli nuovi anche a chi lotta in Palestina. E’ caduto un regime che di fatto collaborava con Israele e con quello Stato aveva firmato un accordo, che prevedeva la chiusura del valico di Rafah, segregando ancora di più il popolo palestinese. Ora dopo le rivolte il movimento egiziano chiede a gran voce la riapertura del passaggio ed è proprio per questo che da piazza Tahrir, diventata ormai un simbolo, partiranno centinaia di pullman con l’obiettivo chiaro di entrare nella striscia di Gaza e riaprire ufficialmente il valico.
Forza e determinazione che si sentono anche qui a Gaza. La città si sta preparando e anche le notizie che arrivano dalla West Bank rafforzano la convinzione che domani non sarà una commemorazione, ma un punto di partenza, un nuovo capitolo di una resistenza che si fa più forte. I cortei che riempiono le strade di Gerusalemme in questi giorni stanno dando un assaggio della rabbia e della determinazione dei giovani palestinesi, la risposta del governo Israeliano è la solita, arrivano continuamente notizie di feriti e di arresti. Un filo diretto lega Gaza alla Cisgiordania, passando dall’Egitto, ma non solo: per tutto il popolo palestinese è importate anche la presenza degli internazionali che scelgono di schierarsi al loro fianco, una scelta chiara; da una parte uno stato che porta avanti da decenni un’occupazione, dall’altra invece chi a questa occupazione resiste.
Noi e molti altri abbiamo scelto da che parte stare. Il convoglio Restiamo Umani ha rotto questo assedio riuscendo ad attraversare Rafah e creando un precedente che dovrà essere ripetuto. Non solo via terra però. La Freedom Flotilla è pronta a partire per cercare di rompere quel blocco via mare e in tutto il mondo si susseguono iniziative di sostegno, sabato Roma si è colorata di bandiere palestinesi per rafforzare quel filo che ci unisce. Qui a Gaza i pescatori già attendono le navi, loro che ormai da 5 anni non possono più prendere il largo senza rischiare di essere speronati dalle moto vedette israeliane. Chi arriverà a Gaza troverà una città in trasformazione: nuovi movimenti di resistenza composti da ragazzi e ragazze, che attraversano la città e ne stanno determinando il cambiamento. Un movimento slegato dai partiti, che si vuole autorganizzare e autodeterminare e che guarda al futuro con occhi nuovi. Il 15 marzo infatti si è svolta a Gaza un’importante manifestazione che ha segnato una forte linea di discontinuità con il passato: i giovani sono scesi in piazza, mettendo in discussione le autorità politiche di Hamas, ma con la consapevolezza che in questa fase l’unità delle diverse forze politiche palestinesi e del mondo arabo più in generale sono condizioni indispensabili per dare nuova forza alla resistenza contro l’occupazione sionista.
I segni dell’operazione Piombo Fuso sono ancora presenti su tutti i muri della città, ma Gaza vive, si ricostruisce giorno per giorno, ma oggi si fermerà: oggi sarà una giornata diversa, una di quelle giornate buone per lottare, per fare un passo in avanti verso i confini imposti da Israele con la consapevolezza che la Palestina non è sola.
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