Turchia, la rabbia non cessa. Oggi sciopero generale
Ieri, a Istanbul, Ankara e in varie città del Paese, gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine sono durati fino alle prime luci del giorno. Più di 900 persone ferite, tra cui molti bambini e bambine, più di 400 arresti e una caccia spietata ai giornalisti: questo è il bilancio della giornata sotto la repressione criminale da parte della polizia che continua a fare uso di idranti con sostanze urticanti e gas lacrimogeni contro le migliaia di manifestanti e a detenere più persone possibili. Alla rappresaglia si aggiungono i molti ospedali ed infermerie attaccate e distrutte selvaggiamente da parte della polizia con centinaia di dottori arrestati e come loro diversi avvocati.
Per oggi intanto, è stato indetto uno sciopero generale di 24 ore convocato dai due maggiori sindacati turchi e successivamente appoggiato da altri sindacati di diverse categorie, come quello dei medici, degli ingegneri, degli architetti e dei dentisti per protestare contro le misure repressive del governo turco e la violenza della polizia.
Nel frattempo Erdogan continua con la sua politica di discredito relativa alla composizione della piazza turca e alla situazione formatasi nel Paese, insistendo sui complottismi internazionali e supposti “terroristi” (parola tanto cara al primo ministro) che stanno mettendo in subbuglio “l’ordine” del paese, un “ordine” che ora il capo del governo turco vorrebbe ritrovare a tutti i costi. A lui, come da copione, si unisce anche il Ministro degli Interni Muammer Guler, che ha già minacciato i manifestanti per oggi pomeriggio, dichiarando la manifestazione illegale e avvertendo che non sarà tollerata. Con questi presupposti, tra le varie dichiarazioni, anche quella relativa all’utilizzo dell’esercito nelle piazze per le prossime giornate e in particolare per oggi. Nell’annaspamento di Erdogan non vi sono solo minacce e atti criminali di repressione, ma anche il tentativo di mobilitare i suoi sostenitori di partito con fondi pubblici e servizi pubblici per incentivare le persone a sostenere il governo con azioni violente contro i manifestanti, emblematico del momento di drammatica difficoltà in cui si trova: nella giornata di ieri, qualche decina di sostenitori del premier turco hanno attaccato a Istanbul una delle principali sedi del primo partito di opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (CHP). Gli assalitori, armati di bastoni e inneggianti al primo ministro, hanno cercato di irrompere negli uffici del CHP, ma sono stati respinti da chi era nell’edificio.
A Istanbul per il momento la polizia ha tolto il divieto di accedere a piazza Taksim, chiusa dopo lo sgombero forzato di sabato scorso mentre continua a essere isolato Gezi Park, dove non è permesso l’accesso. In queste ore si stanno svolgendo per le strade di Istanbul più cortei in diversi quartieri della città, sotto il controllo a vista della polizia in assetto antisommossa. Un altro giorno di proteste e di lotta che vede migliaia di persone riversarsi nelle strade.
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