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Fenomeni di frammentazione degli habitat ed effetto margine al Parco del Meisino

La conoscenza dal basso che sta contribuendo a rafforzare la lotta per la salvaguardia del parco del Meisino è un tesoro inestimabile, che ci ricorda come la scienza non sia neutrale, ma qualcosa da poter utilizzare per amplificare le battaglie a difesa del vivente che portiamo avanti.

Pubblicheremo per questo una serie di approfondimenti di stampo naturalistico che ci aiuteranno a comporre il puzzle che caratterizza i complessi ecosistemi che vogliamo proteggere.

Durante queste ultime settimane, la difesa del Meisino ha conosciuto vari sviluppi. Ad oggi i lavori esterni all’ex-galoppatoio, nella zona a protezione speciale sono stati bloccati grazie all’aiuto di esperti e attivisti.

Centrali sono le contraddizioni che emergono rispetto alla salvaguardia e alla protezione della natura. Tanti sono gli esperti che si sono espressi rispetto alla Cittadella dello sport: naturalisti, biologi, idrogeologi, veterinari, ma anche persone che si sono informate a lungo per conoscere il complesso ecosistema che compone parchi come quello del Meisino.

Da una parte i tecnici del comune, l’ente Parco Po e vari altri competenti delle scienze naturali hanno considerato la ZPS (Zona a protezione Speciale) e i suoi abitanti -tra cui i ricci, specie a rischio estinzione in Piemonte- come sacrificabili, nonostante la loro riconosciuta importanza, per espliciti fini economici. Dall’altra studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici, attivisti che il Meisino l’hanno imparato a conoscere, passeggiandoci ogni giorno, informandosi e osservando attivamente il parco. Sono questi ultimi che si sono spesi per denunciare la connivenza tra le istituzioni preposte alla tutela ambientale, tra cui l’Università di Torino, e gli interessi politici ed economici di chi quel progetto l’ha fatto nascere.

Il seguente approfondimento è stato redatto da uno studente di Etologia Animale e attivista per la salvaguardia del parco del Meisino.

La frammentazione dell’habitat è una delle maggiori cause di estinzione e di allontanamento di specie o popolazioni sia in piccola, o piccolissima scala, sia in larga scala, a causa dei disturbi diretti ed indiretti con la popolazione umana, come l’alterazione della capacità di reperire e utilizzare risorse, es. trofiche e spaziali. La conseguenza di questo fenomeno è l’isolamento di popolazioni sempre più piccole, che presto o tardi sono destinate all’estinzione;

La frammentazione ambientale o frammentazione degli habitat è quel processo dinamico, solitamente di origine antropica, che divide un ambiente naturale in frammenti più o meno disgiunti tra loro riducendone la superficie originaria. È un processo che cresce su scala globale, legato all’aumento vertiginoso della popolazione umana che necessita di nuove terre da coltivare, di ampliare i centri urbani e le vie di comunicazione (Farina, 2001).

La scomparsa degli habitat e la frammentazione di quelli residui, costituiscono una delle principali minacce alla biodiversità (Hanski, 2005); entrambi i processi agiscono spesso in concerto e non sempre sono facilmente discriminabili l’uno dall’altro (Lindenmayer & Fischer, 2006).

È importante non identificare il fenomeno di ‘frammentazione dell’habitat’ come unico fattore da tenere in considerazione. Questo, di conseguenza, causa deleteri effetti a cascata inevitabili e inaggirabili, anche con il miglior piano di gestione naturalistica e/o faunistica.

Il peggior effetto conseguenziale che si verificherà è quello definito come effetto margine, o edge effect. Con ‘margine’ si intende quella zona di transizione tra due tipologie di patch territoriali. Nel caso del parco del Meisino sarà riconducibile alla fascia territoriale adiacente alle strutture in costruzione, il cui spessore varia soggettivamente a seconda dell’entità del lavoro e della specie disturbata.

All’interno di questo ‘margine’ andranno ad alterarsi significativamente le condizioni ambientali, quali in particolare la composizione vegetale e il disturbo antropico diretto (inquinamento sonoro e visivo), e di conseguenza la composizione faunistica, soprattutto legata alle specie meno generaliste, più fragili, che di solito sono inserite in piani conservazionistici in quanto caratterizzate da un alto o altissimo livello di vulnerabilità all’interno della IUCN (International Union for the Conservation of Nature).

Pensare di fare interventi spot come quelli proposti al parco del Meisino non andrà a danneggiare solo la patch di territorio vittima dell’intervento, ma questo avrà una inevitabilmente una forte ripercussione anche sull’area circostante, che sarà caratterizzata da una rete di dannose opere, che insieme porteranno a gravi conseguenze ecologiche. Cambieranno in toto un numero di condizioni imprevedibile, ma che porteranno con certezza assoluta, al declino della biodiversità presente.


https://www.eticoscienza.it/2018/09/04/reti-ecologiche-il-dramma-della-frammentazione-del-territorio/

Nel processo di diminuzione di un’area territoriale non si può certo trascurare l’effetto margine. Se prendiamo come esempio un bosco possiamo suddividerlo in due zone: una interna, estremamente produttiva, e una fascia esterna che funge da margine. Se questa area viene divisa in due la zona interna viene estremamente ridotta mentre la fascia esterna aumenta notevolmente le sue dimensioni. Le due zone hanno caratteristiche e funzioni diverse e conseguentemente ospitano al loro interno diverse tipologie di specie animali. L’impatto negativo è quindi inversamente proporzionale alla dimensione originaria del territorio frammentato: più piccolo è il territorio, maggiore è il danno in caso di frammentazione. https://www.eticoscienza.it/2018/09/04/reti-ecologiche-il-dramma-della-frammentazione-del-territorio/

Con forti probabilità (si consiglia di approfondire l’etologia delle specie presenti) le specie definite in immagine come “interior species” scompariranno totalmente, perché isolate e confinate in patch territoriali estremamente esigue, che non consentiranno loro una libera espressione etologica e biologica.

Viene riportata sotto la cartina scaricata dal Geoportale di Torino, che rappresenta il progetto (quasi) in toto. Mancano infatti la zona che sarà interamente adibita ai bagno con docce e deposito di strumentazioni di ricambio e utili per la costruzione dell’intero impianto

Legenda

  1. Viali alberati
  2. Percorso didattico
  3. Area gioco
  4. Area fitness
  5. Pump track
  6. Skills bike park

GIALLO: limite (estremamente minimo) del disturbo creato dagli interventi (all’interno di ogni perimetro), ovvero limite di cornice, oltre il quale -a livello teorico- la fauna può essere presente in modo indisturbato.

In questa immagine vengono evidenziate con il rosso le zone ad altissimo disturbo, con il giallo quelle definite come ‘edge habitat’ e con il verde quelle definite come ‘interior habitat’.

Nelle zone identificate come ‘edge habitat’ ci sarà una drastica diminuzione delle popolazioni della maggior parte delle specie, mentre nelle zone ad altissimo disturbo, a seconda della specie, si può ipotizzare una totale scomparsa della stessa o una sua fortissima riduzione.

Chiaramente è una considerazione generale, sarebbe necessaria un’analisi dell’etologia e della biologia della singola specie, in relazione all’impatto di costruzione e di utilizzo delle singole strutture, ma di certo questo grosso margine sarà presente e saranno impattati fortemente mammiferi medio-grandi (volpe-cinghiale(pochi avvistamenti)), l’avifauna; soprattutto rapaci notturni e grandi migratori, e anfibi.

È importante ricordare che ci sono specie, che, seppur a seguito di questo progetto potrebbero non essere direttamente influenzate dalle ‘opere’, andranno in contro a declino numerico a causa del disturbo dato dalle attività umane e dall’utilizzo delle opere in realizzazione. Parlando concretamente anche se un albero secolare non viene abbattuto, la vicinanza, anche a decine di metri, da strutture ludiche, porterà le specie di mammiferi e uccelli meno generaliste (che necessitano di condizioni ambientali più restrittive), che abitano l’albero, ad allontanarsi a causa del disturbo sonoro. Questo si verificherà con forti probabilità anche all’interno delle zone verdi; gli ‘interior habitat’.

A questo abbozzo di studio si deve aggiungere

  • la frammentazione (e conseguenziale creazione di margini di disturbo sempre più spessi e tendenti allo sterile) causata da un incremento di utilizzo delle strade, non tenute in considerazione in questo studio, ma anch’esse di impatto rilevante.
  • il devastante impatto che ci sarà durante la realizzazione delle opere.

Osservando la carta sopra riportata, le aree verdi, quindi quelle definite come ‘interior habitat’, risulterebbero, a seguito del progetto, estremamente esigue, e soprattutto sono patch territoriali che dal punto di vista arboreo e arbustivo sono meno rilevanti di quelle invece interessate dal progetto. Le aree 5, 6 e 2 sono quelle più ecosistemicamente rilevanti per dimensione di copertura vegetale continua e, in particolare per la zona 2, in quanto zona umida di importanza cruciale. Le aree restati, quelle verdi, non direttamente interessate dl progetto, non possiedono una copertura vegetale così importante e non sarebbero mai in grado di compensare il ruolo ecosistemico delle aree che verranno modificate e/o distrutte, ricordando che il taglio di 200 alberi dovrebbe corrispondere della nuova messa a dimora di 6000 alberi per una compensazione adeguata dell’impatto ecologico (rimane una forte sottostima perché non si considera in toto l’importanza di un albero maturo, ma solo del compenso di co2).

L’invito è quello di non focalizzarsi su una specifica specie, perché seppur ritenuta socialmente importante in quanto possa suscitare empatia, è importante capire come questo approccio, che è quello messo in atto in tante opere greewashing non fa altro che sterilizzare e appiattire la totalità dell’areale.

Area umida al parco del Meisino

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