InfoAut
Immagine di copertina per il post

Il piano energetico nazionale: sveliamo il mito della transizione ecologica 

A seguito di una interessante chiacchierata con Elena Gerebizza di ReCommon, associazione  che lotta contro gli abusi di potere e il saccheggio dei territori per creare spazi di trasformazione nella società, in Italia, in Europa e nel mondo, e che introdurrà la seconda sessione del Convegno “No alla servitù energetica” a Livorno il 29 e 30 marzo, a partire dall’esigenza di tracciare un quadro del piano energetico nazionale, riportiamo qui una restituzione in vista della discussione collettiva. 

Sicurezza energetica = sicurezza militare 

Il tema della sicurezza energetica si trova al centro delle decisioni governative, sia a livello nazionale che europeo, ne prendiamo in rassegna alcuni passaggi degli ultimi anni:

  • 2006: presentati progetti di interesse comune europeo “fast tracking” prima della crisi del gas;
  • 2008-2013: la sicurezza energetica diventa obiettivo primario, con la necessità di diversificare le forniture di gas dalla Russia, giustificazione per la costruzione del TAP (corridoio sud del gas con l’Azerbaijan);
  • 2019-20: EU Green Deal: per la transizione dal gas all’idrogeno ma, dal 2022 gas e idrogeno iniziano a viaggiare sullo stesso piano;
  • 2024:  il Draghi Competitiveness Report apre un nuovo capitolo con pacchetti di politiche che diventeranno la matrice dei passaggi a livello nazionale: promuove agevolazioni e finanza pubblica per favorire le aziende europee sul mercato globale, puntando sulla competizione, non più sulla concorrenza. Di recente si aggiunge il Clean Industrial Deal, “un piano di sostegno per la competizione e decarbonizzazione dell’industria europea” a cui vengono dedicati 100 miliardi; a questa somma va aggiunta quella del piano ReArm EU di 800 miliardi.

Ciò che risulta evidente prendendo in esame questa fase è che il tema della sicurezza energetica si lega immediatamente con la questione della sicurezza militare. Inoltre, l’obiettivo non è più decarbonizzare il sistema energetico e la produzione, ma ristrutturare una nuova agenda commerciale estremamente aggressiva dell’Unione Europea, e dell’Italia con essa, tramite modelli che includono aziende controllate pubbliche, orientata a ridefinire il ruolo dell’industria europea in chiave globale e a favorirne il business mediante l’accaparramento di risorse. Non solo, la tendenza alla semplificazione delle norme per favorire le aziende nella “competizione”, bypassando così il modello di concorrenza sul mercato, risale all’impianto Draghi e ne vediamo sino ad oggi le conseguenze. 

Ciò significa che dalla sicurezza energetica si passa alla sicurezza tout court. 

La vera faccia del colonialismo energetico: il Piano Mattei

Si tratta di un piano che non ha una vera e propria direzione politica ma è soltanto uno strumento nelle mani di grandi monopoli energetici internazionali per ottenere profitto. Anzi, la regia del Piano Mattei si incontra a porte chiuse, in completa assenza di trasparenza. A partire dall’invasione dell’Ucraina viene messo in crisi il piano di rifornimento di gas per l’Italia, dato che il 40% della fornitura arrivava dalla Russia, con il conseguente nuovo orientamento verso il GLN statunitense a più del doppio del prezzo. Il Piano prevede così di garantire l’obiettivo di rifornimento tramite canali che attingono dal continente africano, attuando una strategia compensativa che si può tradurre nel frame discorsivo “aiutiamoli a casa loro”. Ecco che il piano energetico si traduce in un piano coloniale e la sicurezza energetica diventa sinonimo di blocco dei migranti. In questo quadro però i consumi ci mostrano che la domanda di gas in Italia è in calo vd slide e, nonostante questo, si punta ad aumentare la capacità di rigassificazione entro il 2026 vd slide installando nuovi rigassificatori a Porto Empedocle, Gioia Tauro, Ravenna, oltre a quello di Piombino, con l’obiettivo di importare circa 47 miliardi di m3 di gas liquefatto. Da questo piano SNAM ottiene benefici diretti in quanto le sue infrastrutture, che andrebbero dismesse, vengono così ristrutturate mediante finanziamento pubblico. 

Il piano Mattei nasce con l’insediamento del governo Meloni e viene proposto come “nuovo modello di cooperazione”, nell’ottica di abbandonare il “paternalismo”, atteggiamento che ha fallito in Africa, sempre secondo la retorica del governo. Narrazione che nasconde un piano mirato a utilizzare risorse pubbliche già esistenti e stanziate ma ora riorganizzate in questa direzione, come il Fondo Italiano per il Clima e risorse della cooperazione allo sviluppo. Il piano prevede una minima parte di fondi elargiti e poi lo stanziamento di prestiti ad aziende italiane e a governi stranieri, la maggior parte dei quali coperti da garanzie grazie all’intermediazione di Sace e Cassa Depositi e Prestiti. 

Il primo summit “Italia-Africa” è avvenuto nel 2024 con una rappresentanza di 46 Paesi ma con il mancato coinvolgimento di grandi Paesi africani che hanno evidenziato il loro disappunto: un primo segnale che ha mostrato cosa si intenda con “cooperazione alla pari”. Alla cabina di regia partecipano associazioni di categoria, mondo della ricerca e formazione, della cooperazione internazionale, CDP e Sace. 

I paesi coinvolti nel piano sono 9 considerati strategici, ossia dove opera Eni, e 5 dove si prevedono progetti pilota di formazione ancora non ben identificati. Ciò che ne risulta è un orientamento strategico determinato non da un programma politico di cooperazione internazionale ma chiaramente orientato dal grado di profitto per aziende e multinazionali private dell’energia. Non a caso è stato l’amministratore delegato di Eni ad accompagnare Meloni nei viaggi di affari in Tunisia, in una vera e propria adventure coloniale.

In un articolo Alessandro Runci di ReCommon riportava le dichiarazioni di Meloni “Oggi abbiamo un problema di approvvigionamento energetico in Europa e l’Africa è un produttore enorme di energia […] se aiutiamo l’Africa a produrre energia per portarla in Europa possiamo risolvere insieme molti problemi”, mentre Claudio Descalzi intervistato dal Financial Times aggiungeva:  “We don’t have energy, they have energy” (loro hanno energia, noi no) dobbiamo aprirci all’Africa, dobbiamo essere i loro compagni di viaggio e aiutarli a svilupparsi”. Le conclusioni appaiono molto chiare, dunque aiutiamoli a casa loro, risolvendo così il problema delle migrazioni e assicurando la sicurezza energetica all’Europa, tentando di ritagliare un ruolo a un’Italia zoppicante nella scacchiera internazionale. 

South H2 corridor (corridoio sud dell’idrogeno)

E’ uno dei progetti facenti parte del Piano Mattei e rientra nei 5 corridoi previsti in Europa, co-promosso da Snam ed Eni. In cantiere c’è una rete di gasdotti di 3.300 chilometri per il passaggio di idrogeno, che collegherà il nord Africa con la Germania (i piani riguardanti l’idrogeno e le energie rinnovabili puntano perlopiù verso il centro Europa). A oggi esiste la dorsale del gas in territorio italiano e il progetto Transmed per il collegamento con Tunisia e Algeria. Il costo stimato per l’adattamento della dorsale e la parte mancante nel nord est italiano, per l’allacciamento con l’Austria, è di 4 miliardi di euro mentre la capacità di importazione stimata è di 4 milioni di tonnellate di idrogeno l’anno.  

Le criticità mosse al progetto sono molteplici:

  • si tratta di un piano coloniale: lo sfruttamento energetico a beneficio della Germania e di Snam viene calato dall’alto; 
  • la proprietà delle tratte africane: dal momento in cui è nato l’interesse per l’idrogeno la proprietà complessiva dei gasdotti algerini è diventata di Eni e Snam, tranne le tratte interne; 
  • il greenwashing di Snam: azienda che grazie agli investimenti pubblici ridefinisce  la propria immagine senza l’obbligo di dismissione delle proprie infrastrutture (i vecchi gasdotti) adattate ora in accattivanti pipeline multimolecola per il passaggio di idrogeno, biogas e CO2;
  • la collaborazione con la Tunisia, paese con governo autoritario  la cui gestione dei migranti è  molto critica.Il Piano prevede lo sviluppo in loco di grandi produzioni di energia rinnovabile,in parte da idrogeno,  il che rende necessaria la fruizione di enormi quantità di acqua e terra, in luoghi dove l’accesso ad acqua, terra ed energia sono causa di difficoltà e tensioni  sociali,  da esportare verso l’Europa mediante un elettrodotto, altro progetto rientrante nel Piano Mattei. 

Biocarburanti in Kenya

Altro progetto facente parte del Piano che, oltre a riportare in auge la “bufala” relativa ai biocarburanti, mette a rischio le produzioni agricole locali compromettendo l’accesso al cibo in quanto le nuove colture per i carburanti vanno a soppiantare quelle legate alle esigenze alimentari locali. 

Idrogeno e carbon capture and storage (cattura e sequestro del carbonio): la narrazione dell’hub.

Il 2024 è stato l’anno del rilancio per l’idrogeno, al quale, a differenza dei progetti passati legati al PNRR, oggi vengono accostati altri colori e non solo più il “verde”, termine chiave per il suo sdoganamento nel processo di transizione energetica. Infatti, sia all’interno del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) che della Strategia Nazionale per l’idrogeno si parla di idrogeno prodotto anche da gas fossile, con CCS e nucleare, allargando poi il campo anche alle grandi rinnovabili, ai nuovi elettrodotti e biocarburanti.  Una logica che rispecchia quello che potremmo definire il motto del Piano nazionale energetico: ci serve fare un po’ tutto, il cosiddetto mix energetico!

La  logica di fondo alla base del rilancio a 360 gradi dell’idrogeno immagina l’Italia del futuro come un hub europeo per la sua posizione geografica (siamo sulla direttrice che lo può trasportare dal Nord Africa), per il riadattamento dei gasdotti ma anche per la costruzione di impianti ad hoc per il suo stoccaggio nei porti italiani, che potrebbero ricevere idrogeno via mare in arrivo dal sud del mondo.

Ma la logica dell’hub viene riproposta anche per la tecnologia CCS per la quale Eni cerca da tempo finanziamenti pubblici, arrivando oggi a ridefinire il progetto di Ravenna come “europeo”. Ravenna in realtà è solo il perno di un progetto ben più grande denominato Callisto, che nei piani della multinazionale dovrebbe diventare l’hub mediterraneo del CCS e che dal 2029 prevede di importare CO2 liquefatta dal distretto industriale di Marsiglia e dalla valle del Rodano. Di seguito le principali criticità: 

  • la fase sperimentale di Ravenna è iniziata nel settembre 2024 senza una valutazione d’impatto ambientale
  • a oggi il progetto “CCS Pianura Padana” è stato oggetto di valutazione (VIA) ma Snam ha chiesto una pausa di 120 giorni per rispondere alle osservazioni richieste. Il progetto prevede un centinaio di chilometri di condotte tra Ferrara e Ravenna, fino all’impianto di Casalborsetti, da dove la CO2 verrebbe poi mandata ai giacimenti off shore 
  • esperienze precedenti: dopo 50 anni di tentativi questa tecnologia consente lo stoccaggio di 1 milione di tonnellate/anno di CO2 nei pochi impianti funzionanti al mondo. Eni per contro prevede di stoccarne 4 milioni l’anno, il che pone anche dubbi sul rischio economico del progetto
  • Il passaggio di gasdotti tra le città in una zona caratterizzata negli ultimi anni da eventi meteo estremi e che tra l’altro corre il rischio di essere sommersa entro decenni, pone dei dubbi relativamente alla sicurezza. Non ultimo, la pratica di pompaggio di CO2 nel sottosuolo ha già causato fenomeni sismici in altri luoghi dove è stata praticata e il territorio in oggetto soffre già del fenomeno di subsidenza a causa delle abbondanti estrazioni di gas effettuate dagli anni ‘50. 

Conclusioni e ipotesi di lavoro

Allargando lo sguardo a un contesto in rapido cambiamento, giungiamo ad alcune conclusioni: 

  • il rilancio dell’industria pesante e dell’industria della guerra vanno di pari passo con l’industria fossile e con il rilancio sul nucleare; 
  • le parole d’ordine sono “competizione” e “sicurezza”, non solo energetica; 
  • Idrogeno e CCS: non solo garantiscono lunga vita all’industria fossile (gas, petrolchimico, fertilizzanti) ma cristallizzano un modello produttivo incentrato sulle fossili;
  • siamo di fronte a una “nuova” veste dell’estrattivismo che, mantenendo le stesse dinamiche, ha come conseguenza l’aumento degli attacchi a materie prime critiche e terre rare. Questo è strettamente legato all’industria delle armi e all’industria delle grandi rinnovabili. 
  • la partnership dell’Unione Europea con gli USA rispetto al gas liquido oltre ad avere impatti sulle popolazioni europee in merito all’aumento dei prezzi in bolletta, ha importanti impatti sui territori americani, perlopiù abitati da comunità ispaniche e afrodiscendenti, dove le nuove raffinerie e i nuovi impianti di produzione di gas liquefatto e idrogeno blu impongono espulsioni e sfruttamento selvaggio dei terreni. 

L’opzione a cui ragionare collettivamente per contrastare le mille facce dell’estrattivismo e della servitù di intere popolazioni e di interi territori a beneficio dei profitti delle multinazionali dell’energia, è lavorare nella direzione dell’autonomia energetica: immaginare un orizzonte di reale sovranità popolare sull’energia affinché questa non sia più il campo di battaglia di interessi geopolitici globali che impongono fame, sfruttamento e guerra.

Qui si possono scaricare le slides dell’incontro con ReCommon

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Colpirne 39 per diseducare una città: conferenza stampa del Comitato Salviamo il Meisino

Ripubblichiamo il comunicato stampa di Salviamo il Meisino che convoca una presa di parola pubblica a seguito degli avvisi di garanzia notificati a 39 persone per LUNEDÌ 17 MARZO 2025 alle ORE 18.00 presso il CAMPUS EINAUDI – Torino.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Risorse rinnovabili: risorse illimitate? Audio dell’incontro al Politecnico

Riportiamo la registrazione dell’incontro “Risorse rinnovabili: risorse illimitate? Per una transizione energetica a misura dei territori” tenutosi il 25 febbraio al Politecnico di Torino. 

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Agrivoltaico: industria “green” che specula sulla crisi del settore agricolo

A partire da una chiacchierata con Marco, agricoltore della Val di Cornia e attivista del Comitato Terre di Val di Cornia che fa parte della coalizione TESS – Transizione Senza Speculazione, abbiamo tracciato alcuni punti chiave del ragionamento sul tema dell’agrivoltaico in vista del Convegno nazionale “No alla servitù energetica” contro la speculazione energetica che si terrà a Livorno il 29 e 30 marzo.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Nuovo Ospedale di Torino nel Parco della Pellerina. Perchè qui?

Diamo nuovamente visibilità alla difesa dei 60 mila m2 di area Verde situati nel parco della Pellerina a Torino, a supporto della quale il gruppo “Assemblea Pellerina, no ospedale nel parco” porta avanti argomenti tecnico-scientifici solidi, appena presentati in un dossier al quale hanno contribuito esperti in materia urbanistica, geologica, sanitaria, della viabilità e storica.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Risorse rinnovabili: risorse illimitate? Per una transizione energetica a misura dei territori.

L’incontro pubblico organizzato da Confluenza si terrà martedì 25 febbraio ore 14.30 al Politecnico di Torino, aula 9B.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Continua la mobilitazione contro il progetto di parco eolico Imperia Monti Moro e Guardiabella

Il Comitato di InterVento Popolare, costituitosi per contrastare il progetto di un parco eolico denominato “Imperia Monti Moro e Guardiabella” ha iniziato una campagna comunicativa mediante l’affissione di striscioni e cartelli che esprimano la contrarietà al progetto sul territorio.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Il progetto Pizzone II: la battaglia delle comunità locali e del Coordinamento No Pizzone II contro il colosso di Enel Green Power

Pubblichiamo questo contributo che riguarda il progetto di una centrale idroelettrica all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dal nome Pizzone II.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Torino, tangenziale est

Riprendiamo questo articolo di Maurizio Pagliassotti apparso sul sito Volere la Luna. Ci sembra importante dare visibilità alla mobilitazione contro il progetto di tangenziale est, sulle colline torinesi, perché il tema dei trasporti e della vivibilità delle nostre città e territori deve essere al centro di una proposta che non sia miope ma anzi, che comprenda le sfide dell’attualità.