Le guerre per l’acqua: attualità in Francia, prossimo futuro in Italia?
Lunga intervista realizzata dal progetto Confluenza a un attivista della regione del Poitou dove, in Francia, da quasi dieci anni va avanti un’importante lotta per la difesa del territorio contro il progetto dei mega bacini idrici.
Anche alle nostre latitudini stiamo assistendo a un sempre maggiore interesse per le risorse idriche, sotto diversi aspetti. In Piemonte i comitati per la difesa dell’acqua pubblica si battono da anni per una migliore gestione della rete idrica che sappiamo essere un vero colabrodo. I progetti di dighe e invasi sui fiumi della nostra regione vengono riproposti in maniera anacronistica e senza alcuna logica sul piano dei costi-benefici. La propaganda governativa sulle grandi opere passa anche attraverso questi piccoli progetti che però hanno importanti conseguenze sui territori, sulle colture, sulla vivibilità.
Pubblichiamo questa intervista in seguito all’iniziativa che si è tenuta venerdì 14 giugno a Biella dal titolo “Diga in Val Sessera: quali conseguenze?”. Questo incontro pubblico ha voluto riportare l’attenzione sul progetto di diga sul torrente Sessera, ostacolato dai comitati locali ma tornato in auge a seguito dell’istituzione della cabina di regia e la nomina di un commissario per accelerare la scelta degli investimenti infrastrutturali nel settore idrico, come dichiarato dal ministro Lollobrigida in visita a Biella.
Soltanto facendo rete e supportandosi a vicenda in quanto comitati e, in generale, soggetti che si attivano sui territori per la loro tutela, si potranno delineare strade possibili per costruire una forza capace di impedire la realizzazione di progetti inutili, dannosi e il conseguente sperpero di denaro pubblico.
Buona lettura!
Raccontaci di te e del collettivo di cui fai parte.
Vivo in Francia, nel Poitou, una regione agricola tra la Bretagna e Bordeaux. Vivo lì da una decina di anni e da quattro faccio parte del collettivo Bassines Non Merci, che si batte contro i progetti di grandi invasi per la raccolta dell’acqua in questo territorio. Il collettivo è nato nel 2018 per opporsi a una nuova ondata di progetti di mega-bacini in questa regione. Alcuni esistevano già negli anni 2000, e sono stati realizzati con pochissima opposizione. È una regione che è stata parecchio asservita all’agroindustria, e dove si vuole lanciare una nuova ondata di mega-bacini in un dipartimento chiamato Les Deux-Sèvres, e più in generale in tutto il Poitou, con un centinaio di progetti di grandi invasi.
Nei fatti la lotta contro i mega-bacini è iniziata negli anni 2000, con un primo collettivo chiamato Cargo, formato da abitanti e associazioni che si unirono per cercare di contrastare questi progetti utilizzando le vie legali e informando l’opinione pubblica. All’inizio non si sono raggiunti buoni risultati, finché a partire dagli anni 2010 ci sono state alcune associazioni ambientaliste abbastanza strutturate a livello nazionale, dipartimentale e regionale che hanno iniziato a presentare dei ricorsi e a mobilitare le loro reti per protestare contro questi progetti. Un esempio è costituito da France Nature Environment che con i suoi nodi locali (soprattutto Nature Environnement 17 nel dipartimento della Charente-Maritime, vicino a La Rochelle e al mare) è stata tra le prime ad avviare una vera battaglia contro questi progetti.
L’iniziativa più recente riguarda la manifestazione di Sainte Soline del 2022..
Eravamo 3000 persone; sono stati rimossi i teloni e distrutta la pompa idraulica. Due mesi dopo il tribunale ha dichiarato che quei cinque mega-bacini erano illegali. È stata una vittoria sotto ogni aspetto ed è stata l’azione più esemplare, perché era presente ogni componente del movimento: ogni segmento del movimento ha trovato il suo posto e ha adottato le sue modalità di lotta, con azioni legali, sabotaggi, azioni non-violente e resistenza attiva alla violenza della polizia. In questo modo abbiamo vinto nel 2022.
Perché questi bacini sono stati dichiarati illegali dal tribunale?
È un argomento complesso. Per molto tempo tutta una parte della rete di attivisti aveva portato avanti una campagna d’opposizione contro l’aeroporto di Notre-Dame-des-Landes creando una ZAD (Zone À Défendre) [una lotta vinta ma che ha comportato la morte di un attivista, ucciso da una granata della polizia, n.d.tr.]. Saltuariamente avevamo sentito parlare di grandi invasi, ma era un argomento che non ci toccava direttamente… Non siamo mai andati a vedere da vicino che cosa fosse un invaso, perché non era una parola che evocasse qualcosa per noi. Ed è stato solo nel 2020 che molti di noi hanno iniziato ad organizzare il collettivo Les Soulèvements de la Terre. Nei nostri territori c’era preoccupazione per i mega-bacini e allora abbiamo iniziato a indagare, abbiamo iniziato a comprendere la vastità della questione, l’enorme posta in gioco dietro questi progetti. È importante capire che cosa sono, e perché vengono proposti e progettati, e perché in Poitou e non altrove. Più esattamente nel Poitou, un po’ a sud di Nantes, in Vandea. Ma perché qui, su questo territorio e non altrove? Innanzitutto perché la loro costruzione viene falsamente presentata come la soluzione alla crisi idrica di questo territorio. Si tratta di una crisi idrica strutturale emersa a partire dagli anni ’70 e ’80, legata allo sviluppo dell’irrigazione per l’agricoltura intensiva che ha creato un problema di deficit idrico strutturale, uno squilibrio tra l’acqua disponibile e i prelievi locali. Questa situazione ha creato uno squilibrio o deficit cronico che stava causando il prosciugamento delle falde acquifere, soprattutto durante l’estate, perché molta acqua viene utilizzata per innaffiare il mais [coltura che necessita di grandi quantità d’acqua n.d.tr.]. È stato gradualmente messo in atto un programma statale per cercare di trovare una soluzione a questo problema e che mirava a ripristinare la quantità e la qualità dell’acqua nel territorio. Perché non c’era solo una graduale carenza d’acqua nelle falde, ma la poca acqua era sempre più inquinata, in particolare dai pesticidi e dai prodotti chimici utilizzati in agricoltura. Il Poitou è una regione prevalentemente agricola con una ricaduta economica abbastanza significativa. Questo programma statale si è concentrato sull’aspetto quantitativo, e la soluzione è stata di dire: l’acqua manca d’estate per l’irrigazione, e quindi per risolvere il problema e per salvare la falda freatica bisogna ridurre i consumi e i prelievi durante l’estate e aumentarli durante l’inverno: ossia si differiranno temporalmente i prelievi, ma per farlo occorre che l’acqua che si pompava d’estate venga immagazzinata da qualche parte, in infrastrutture cui è stato dato il nome ufficiale di riserve sostitutive.
Per giustificare questi progetti vengono usate due argomentazioni fallaci: si afferma che occorra pompare l’acqua in inverno perché in tale stagione c’è abbondanza d’acqua, e si dice che l’acqua andrebbe perduta scorrendo fino al mare, se non la si preleva e conserva sul territorio. Due falsità, perché non ci può essere sovrabbondanza di acqua sul territorio, e perché l’acqua non prelevata non va perduta: scorrendo nel fiume verso il mare irriga non solo il territorio ma l’intero bacino idrografico.
Nonostante queste due tesi siano scientificamente false, continuano ad essere riproposte. Soprattutto quest’anno, con la quantità straordinaria di precipitazioni piovose, si insiste a dire: “c’è troppa acqua, se avessimo dei bacini questo ci permetterebbe di immagazzinarla e utilizzarla per irrigare i campi”. In realtà queste infrastrutture, questo programma di bacini diffusi, per alleviare la pressione sui fiumi e sulle falde acquifere in estate e per garantire la disponibilità dell’acqua necessaria per l’approvvigionamento di acqua potabile, deve anche essere accompagnato da una riduzione del pompaggio. In altre parole, i programmi che riguardano gli invasi non si limitano al differimento stagionale dei prelievi: normalmente, prevedono una riduzione generale del pompaggio nel corso dell’anno.
Ogni anno ogni agricoltore, cioè ogni fattoria e ogni azienda agricola (alcuni imprenditori agricoli possiedono più aziende) deve fare domanda ad un ente statale per sapere la quantità d’acqua che ha diritto di prelevare su un volume totale condiviso relativo al bacino idrografico. C’è un ente che conferisce tali diritti di prelievo idrico nel bacino idrografico. Così, ad esempio, nella mia zona fino al 2017 gli agricoltori avevano diritto a pompare complessivamente 28 milioni di metri cubi di acqua all’anno. E poi stabilivano come suddividerli: quanti in estate, quanti in inverno ecc. Ma dal 2017 lo Stato ha annunciato che ci sarebbe stata una riduzione progressiva di 10 milioni del volume idrico concesso, motivandola con la carenza idrica e spingendo per la costruzione di mega-bacini e per il maggiore prelievo durante l’inverno.
Il 2017 è un anno particolare, perché malgrado lo Stato avesse previsto una diminuzione dei volumi complessivi da 28 a 18 milioni di metri cubi, il governo si è accorto che sarebbe stato politicamente insostenibile e controproducente. Quindi hanno lasciato tutto com’era, e per gli agricoltori non è cambiato nulla, ma intanto ci stavano costringendo a intraprendere un processo di sobrietà, di risparmio idrico, riducendo il prelievo durante il corso dell’anno.
Le associazioni ambientaliste hanno rilevato che la realizzazione di un grande invaso implicava la realizzazione di studi scientifici per verificare l’impatto di queste strutture sull’ambiente circostante. Era necessario effettuare un esame di tali studi per vedere se con la presenza di mega-bacini ci fosse realmente una diminuzione del prelievo durante il corso dell’anno. Nei rispettivi dipartimenti e regioni le associazioni hanno fatto perizie con esperti legali e hanno visto che alcuni progetti di mega-bacini avevano studi scientifici preliminari troppo deboli, non corretti, o palesemente falsi. E hanno constatato che in tutti i progetti alla variazione stagionale dei prelievi non si accompagnava una riduzione dei pompaggi. Anzi, abbiamo addirittura visto, per esempio nella mia area, che attraverso i mega-bacini i grandi agricoltori avrebbero addirittura aumentato i loro diritti di prelievo. Questo è assolutamente scandaloso. Non solo usano argomentazioni false per giustificare i grandi invasi, ma incrementano i loro prelievi. Nella mia zona, un aumento di quasi un milione di metri cubi annui!
Mi sembra che nella Charente i cinque o sei bacini siano stati rigettati in tribunale perché gli studi preliminari sull’impatto non erano sufficientemente approfonditi e motivati. Ed è per questo che sono stati ritenuti illegali.
Nella mia zona i grandi invasi hanno molta difficoltà ad avanzare seguendo vie democratiche perché tutti ormai hanno constatato che il 4% degli agricoltori aumentavano i propri volumi d’acqua sfruttando i megabacini. E così c’è stato un vero e proprio stallo politico a livello delle autorità locali. La fase in cui ci troviamo oggi è che tutte le autorità democratiche locali, quasi tutte, sono al corrente di questo scandalo, ma mentre la Camera dell’Agricoltura, che è l’ente che rappresenta gli agricoltori locali, è contro i mega-bacini, lo Stato, per bocca del Prefetto, afferma che i mega-bacini verranno costruiti. Quindi ci troviamo in una situazione molto, molto complicata.
Con quali strumenti vogliono imporre i grandi invasi, nonostante l’opposizione?
Uno degli strumenti di cui lo Stato e la FNSEA, la più grande lobby agroindustriale in Francia (con un orientamento liberale di destra) si stanno dotando a tal fine è la bozza di un disegno di Legge di Orientamento Agricolo (L.O.A.) in cui includere i mega-bacini (o riserve alternative o stoccaggio di acqua che dir si voglia) come progetti di interesse strategico per la nazione [analogia con il TAV in Italia, n.d.tr.]. E la conseguenza è che possono far prevalere l’interesse strategico sul principio di precauzione e sulle leggi ambientali.
Inoltre, dal momento che l’opposizione e la lotta ambientalista stanno aumentando in modo molto significativo, si cerca di fermarle equiparando qualsiasi azione contro queste opere statali a un tradimento della nazione, come se si passassero informazioni di intelligence a uno stato straniero. Questa legge è stata votata questa settimana all’Assemblea nazionale, ora passerà al Senato e non sarà più oggetto di un nuovo dibattito all’Assemblea nazionale. Insomma, si bypassano di nuovo le vie democratiche normali. Sarà discussa da una Commissione parlamentare, sarà un piccolo gruppo di parlamentari che ratificheranno questo disegno di legge. Questa legge che riconosce l’interesse strategico è il primo strumento con il quale si sanziona la contestazione a questo genere di progetti.
Un secondo ostacolo che stanno creando è che lo Stato sta cercando di cambiare le procedure per contestare legalmente questi progetti. Ad esempio hanno tentato di ridurre i tempi entro cui si poteva fare opposizione in tribunale. Finora avevi 4 o 6 mesi per presentare ricorso e intraprendere un’azione legale, mentre ora i tempi si sono ridotti a due mesi solamente dal momento in cui si viene a conoscenza del progetto. Per le associazioni sta diventando molto complicato perché devono valutare il progetto, trovare gli argomenti e fare ricorso entro due mesi. Infine hanno ridotto anche i gradi di giudizio e personalmente ritengo che sia la cosa peggiore. Prima c’erano tre gradi: innanzitutto presentavi ricorso al tribunale amministrativo locale (nel mio caso, a Poitiers); se perdevi potevi fare appello alla corte del distretto/regione (a Bordeaux); e se perdevi nuovamente c’era l’ultima possibilità di ricorso davanti al Consiglio di Stato (a Parigi). Ora il governo ha cambiato questo iter processuale, stabilendo che per queste vertenze esiste un solo grado di giudizio e un solo tribunale, a Parigi. In poche parole ora sarà molto più semplice bloccare le opposizioni, perché le vittorie che finora abbiamo ottenuto erano a livello dei tribunali amministrativi locali come Poitiers, dove le persone del luogo erano interessate. Ora la Corte di Parigi sarà il solo tribunale competente a giudicare su questi progetti. L’abbiamo appreso questa settimana.
Come terza mossa contro le contestazioni, il governo ha alzato enormemente il livello di repressione e sorveglianza nei confronti degli attivisti. Voi avete visto qualcosa di simile in Valsusa, ma da noi si tratta di uso di GPS militari sulle auto degli attivisti per sorvegliare i loro spostamenti, oppure delle telecamere militari sul ceppo commemorativo di Rémì Fraisse [attivista ucciso da una granata della polizia a Sivens nel 2014]. E nonostante lo scandalo che questo può aver generato nell’opinione pubblica, il governo se ne è assunto la responsabilità, già prima della manifestazione di Sainte-Soline 2. E a Sainte-Soline 2 c’è stata la volontà di mettere in conto l’uccisione di militanti. Il governo accetta nella sua teoria repressiva di andare avanti con i progetti, anche se c’è il rischio che gli attivisti e i residenti che si oppongono siano uccisi dalla polizia, come a Sainte-Soline 2.
In Francia c’era già stato il precedente storico di Sivens, nel sud della Francia, dove c’era un progetto di diga vicino a Tolosa, che aveva esattamente gli stessi obiettivi, vale a dire creare una riserva d’acqua per l’irrigazione intensiva. Ci fu una ZAD e una forte opposizione. E un giorno hanno iniziato la costruzione e un attivista è stato ucciso dalla polizia con una granata a frammentazione. Con la sua morte il progetto è stato interrotto: a seguito di ciò lo Stato aveva affermato che da quel momento per i progetti delle riserve idriche avrebbe instaurato un percorso completamente democratico per evitare conflitti e guerre per l’acqua. E così hanno intrapreso questo tipo di programma nelle aree di Les Deux-Sèvres e Poitou. Ma in realtà, molto rapidamente, tutti si sono resi conto che si trattava di una vera e propria messinscena. Era totalmente falso. E ora ci rendiamo conto che non è solo falso, ma che lo Stato è disposto a usare una violenza enorme per imporre questi progetti. Questa è la realtà che stiamo vivendo oggi sui nostri territori.
Che interessi ci sono intorno a questi bacini? Sono gli interessi dei grandi agricoltori e/o gli interessi di coloro che costruiscono questi bacini?
Sono, innanzitutto, interessi economici. Ci sono conflitti di interesse in tutti questi progetti edilizi. Sono i grandi agricoltori a spingere per la costruzione di questi grandi invasi. Ma a loro volta sono anche molto spinti dallo Stato, perché tutto fa parte di un processo di pianificazione statale per garantire una forma di controllo sulla sovranità alimentare ed economica, al fine di mantenere un’attività agricola competitiva nella zona. Per farlo stanno cercando di anticipare la mancanza di acqua nella regione, che esiste già ma peggiorerà con il cambiamento climatico. E così hanno detto che le loro soluzioni sono per questi grandi agricoltori. Costruiranno dei bacini in modo che possano privatizzare l’acqua per salvaguardare le loro coltivazioni, perché sono uno dei principali attori economici della regione.
Quello che abbiamo compreso noi, e che diciamo pubblicamente anche come collettivi, è che per tutti gli agricoltori, ma anche per tutti noi, l’accesso all’acqua è un problema reale ed enorme. Ma i mega-bacini non sono la soluzione. Sono una soluzione per alcuni, ma non per tutti. È ciò che ripetiamo sempre. E i rappresentanti eletti locali, che hanno avuto modo di esaminare i progetti e gli studi scientifici appena usciti, dicono la stessa cosa. Ad esempio, c’è uno studio scientifico commissionato dallo Stato in cui si afferma che c’è abbastanza acqua per i grandi invasi, ma che se si utilizza l’acqua per questi megabacini e per i pochi che ne usufruiscono, non ne rimarrà più per gli altri agricoltori. Lo studio dice questo… e il Prefetto dice di non riconoscere i risultati di tale studio.
A conferma di ciò che dico, tre settimane fa parlavo con il presidente della commissione idrica locale del bacino idrografico in cui vivo, che è un politico di destra. E lui stesso lo riconosceva. Mi ha detto: “Sì, se lo facciamo, è un errore per il futuro”. E ha aggiunto: “Stiamo cercando di fare in modo che il progetto non vada avanti. Ma sto ricevendo così tante pressioni dal Prefetto che non so più cosa fare”. A poco a poco tutti i rappresentanti eletti come lui, di destra e di sinistra, che hanno preso posizione contro il progetto perché mortifero per la zona, o si dimettono oppure vivono nella paura e tacciono.
Questa vicenda dei grandi invasi riguarda solo il Poitou?
Questa situazione non riguarda solo il Poitou, anche se è iniziata qui per due ragioni principali: lo squilibrio cronico nell’uso dell’acqua e la conformazione del territorio. La nostra è una grande pianura calcarea, non ci sono alture o rilievi adatte alla costruzione di dighe come nel sud della Francia. Ma i mega-bacini sono nati nel Poitou perché è anche un’area sperimentale a grande vocazione agricola: ci sono più di 1.000 progetti di mega-bacini in tutta la Francia. L’obiettivo è di avere successo in Poitou per poi esportare i loro progetti in tutta la Francia. E la nostra strategia è stata proprio quella di bloccare i grandi invasi nel Poitou per evitarne la riproposizione a livello nazionale. Per questo la nostra lotta ha preso un respiro nazionale, perché le persone si sono rese conto che se non avessimo bloccato i progetti in Poitou, si sarebbero diffusi altrove molto rapidamente.
Nel frattempo assistiamo a una strategia dei grandi agricoltori che là dove sentono che non c’è tanta resistenza da parte della popolazione presentano progetti di grandi invasi, mentre dove c’è poca resistenza progettano e costruiscono tanti bacini di dimensioni ridotte. Per i grandi agricoltori non cambia nulla, preleveranno la stessa quantità d’acqua. Si eliminano soltanto le dimensioni scandalose dell’infrastruttura, ma il risultato finale, cioè l’impatto sulle falde e sui fiumi, sarà lo stesso.
Queste infrastrutture da chi sono finanziate e a chi appartengono?
Credo che questo sia il motivo per cui c’è stata una reazione così forte a livello locale: più del 70 o 80% del costo di questi mega-bacini proviene da fondi pubblici, erogati in particolare da enti pubblici noti come Agenzie dell’Acqua, che sono organizzate per grandi bacini fluviali. Nel nostro caso, ad esempio, si tratta dell’Agenzia dell’acqua della Loira e della Bretagna, perché rientriamo nel bacino della Loira. Quindi c’è una parte finanziata dall’Agenzia Loira-Bretagna (che è collegata e dipende dal Ministero dell’Agricoltura e, soprattutto, dal Ministero della Transizione Ecologica). Il resto è finanziato dalla Regione, e un po’ dai fondi europei. Ma l’infrastruttura appartiene agli agricoltori, in modo indiretto tramite una società in cui sono riuniti gli agricoltori. Ed è una società privata. Quindi milioni e milioni di euro di denaro pubblico vengono investiti a beneficio di aziende private.
Quello che ha fatto reagire molte persone è la consapevolezza dell’assurdità di prelevare acqua dalle falde freatiche per riempire questi bacini. È stata la prima criticità che abbiamo denunciato pubblicamente. In proposito il Governo ha mentito spudoratamente per molto tempo, fino al 2021, affermando che gli invasi avrebbero raccolto acqua piovana: di conseguenza molte persone erano favorevoli alla loro costruzione. Hanno lasciato credere questo. Ma il problema dei bacini è il pozzo di pescaggio dalla falda!
La seconda cosa che ha provocato una reazione è stato il fatto che questo progetto vantaggioso per il 4% degli agricoltori è finanziato con denaro pubblico: per interessi privati.
Queste sono le argomentazioni che abbiamo ripetuto più e più volte pubblicamente e che ci hanno permesso di vincere la battaglia dell’opinione pubblica. Tuttavia vincere la battaglia dell’opinione pubblica su progetti come questo, di fronte a tali lobby, non è sufficiente. È un problema politico per noi. Cosa fare al riguardo?
Abbiamo deciso di non usare il termine “privatizzazione” bensì quello di monopolizzazione o accaparramento, intendendo con ciò non solo l’alienazione di beni comuni dal pubblico al privato, ma l’accumulazione e lo stoccaggio di questi stessi beni comuni. Questo concetto ha un legame storico con la Rivoluzione Francese, dove gli accaparratori hanno fatto una brutta fine. Oggi è lo stesso. Attraverso Les Soulevements de la Terre ci opponiamo all’operazione di monopolizzazione e il messaggio che mandiamo è: “Occhio, state attenti perché se continuate con questa logica, finirete come durante la Rivoluzione Francese”
Le centrali nucleari hanno qualcosa a che fare con il problema?
Indubbiamente il nucleare è un’altra questione che incide sul territorio, perché è un altro attore principale e grande utilizzatore d’acqua, che preleva in ingenti quantità dai fiumi per il raffreddamento delle centrali. Quando in estate i livelli delle falde e dei fiumi sono troppo bassi sorge un enorme problema sia in termini di produzione di energia sia in termini di sicurezza. Ed è sempre più frequente: negli ultimi due anni si sono verificate grandi siccità durante il periodo estivo e invernale. Per noi era fonte di grandissima paura pensare a come avrebbero gestito le centrali. Attualmente le società che gestiscono le centrali, oltre a prelevare l’acqua dai fiumi, stanno acquistando terreni per creare pozzi e prelevare l’acqua direttamente dalle falde acquifere. Si tratta quindi di un altro importante attore locale rispetto agli agricoltori. Chi viene prima? Chi ha la priorità? C’è una legge francese che dovrebbe regolare questo aspetto, stabilendo le precedenze. la prima priorità è fornire acqua potabile alle persone. La seconda priorità è garantire acqua sufficiente per gli ambienti acquatici e la biodiversità. In terzo luogo vengono gli interessi degli usi economici, vale a dire gli usi nucleari e agricoli. E questa è la terza priorità. Ma questi progetti non rispettano la legge perché, di fatto, mettono sotto pressione una riserva d’acqua e invertono l’ordine delle priorità. Non sono un esperto di diritto e quindi non so esattamente perché, ma so che purtroppo è una legge che non può essere facilmente usata come leva di contestazione.
D’altra parte, c’è un altro possibile campo d’azione su questo tema, ed è la legge quadro europea sull’acqua. C’è stato un tentativo di azione giuridica a livello europeo e a Les Deux-Sèvres abbiamo lavorato molto per far riconoscere a livello europeo il fatto che i mega-bacini hanno violato la direttiva quadro sul diritto dell’acqua. Ma è un processo molto lungo e ovviamente le grandi lobby dell’agroalimentare stanno facendo di tutto per bloccare l’azione legale, esercitando pressioni sui membri di questa commissione che è guidata da un rappresentante di destra.
Organizzazione del Movimento BNM e dei collettivi
Esiste anche una questione di ordine geografico nell’organizzazione della lotta. Qui entra in campo il concetto di bacino idrografico, nozione geografica che designa il territorio entro il quale l’insieme dell’acqua converge e scorre verso uno stesso punto di confluenza. Di solito questo punto è rappresentato in superficie da un corso d’acqua, che a sua volta si getta in un altro fiume o sfocia nel mare. In alcuni casi, il fiume è formato anche dalla falda acquifera sotterranea. C’è quindi un bacino idrografico fluviale, di superficie (che è quello che ci interessa per organizzarci) e uno geologico, delle falde freatiche. I progetti dei mega-bacini non sono organizzati per dipartimento e/o divisione amministrativa, ma per bacino idrografico. Spesso portano il nome del corso d’acqua, non della regione. Questo è piuttosto anomalo in Francia e pone non pochi problemi all’organizzazione di un’opposizione, perché spesso un progetto si estende su più dipartimenti. L’organizzazione contro questi grandi invasi quindi non può più basarsi solo su un dipartimento o una regione amministrativa, ma su un bacino idrografico, e abbiamo notato che anche per noi è molto difficile abbandonare il riferimento a una divisione amministrativa.
Ad esempio nel movimento Bassines Non Mercì, i collettivi storici che si oppongono a questi progetti – che riuniscono residenti, associazioni, partiti politici e sindacati – sono generalmente organizzati su scala dipartimentale. Ma ci sono anche casi in cui la lotta è organizzata a livello di bacino idrografico, e spesso fatichiamo a metterci d’accordo per fare questo cambiamento culturale. Tuttavia, per superare lo stallo, un’idea forte di alcuni collettivi che compongono il movimento BNM è di dire che è l’intero territorio che va difeso, non la piccola area in cui saranno costruite le infrastrutture. Nel caso dell’aeroporto di Notre-Dame-des-Landes la zona da difendere (ZAD) corrispondeva all’area in cui sarebbe dovuto sorgere l’aeroporto. Al contrario, con questo movimento contro i mega-bacini la zona da difendere non è più il luogo fisico in cui dovrebbe essere costruito, ma l’intero bacino idrografico. È un grande cambiamento nel modo di rappresentare il territorio. E mi piace dire che non si tratta solo più solo di una coscienza di classe, ma abbiamo bisogno di una “coscienza di bacino idrografico” che sia una vera coscienza ecologica, perché ci collega direttamente con tutti gli esseri viventi e le forme di vita che sono legati all’acqua: la stessa acqua nello stesso fiume, nello stesso bacino idrografico. È un vero cambiamento filosofico ed antropologico nel nostro rapporto con la terra.
Chi sono i vostri avversari? Il governo in carica?
Indubbiamente il governo in carica è contro di noi, ma dobbiamo ricordare che, da un lato, il progetto dei mega-bacini è un progetto statale di pianificazione a lungo termine quindi il governo corrente è secondario. Dall’altro lato, non possiamo dimenticare che questi progetti infrastrutturali sono promossi e difesi dalla FNSEA (Fédération Nationale des Syndicats des Exploitants Agricoles), il sindacato agricolo egemone che, in quanto tale, fa praticamente parte della macchina governativa.
La FNSEA è in cogestione permanente con lo Stato, difende i suoi interessi, tra cui questo progetto di monopolizzazione dell’acqua a lungo termine perché è in linea con la difesa di una visione (anacronistica) di sviluppo economico della regione. (Quando parliamo di cogestione non intendiamo un rapporto ufficiale tra governo e sindacato, ma nei fatti questo avviene con la presenza della FNSEA all’interno del Ministero dell’Agricoltura [come in Italia tra ENI e Ministero Affari Esteri n.d.t]. È una lobby così forte che quando richiede qualcosa, la ottiene senza sforzo.)
L’avversario è dunque la pianificazione statale. Quindi qualunque governo potrebbe opporsi a questa pianificazione e abbandonarla, ma non dobbiamo dimenticare l’azione di pressione lobbistica esercitata dalla FNSEA.
Per avere un’idea di come agisce la FNSEA: all’inizio dell’anno c’è stato un incontro tra il sindacato e tutti i movimenti degli agricoltori in lotta (il movimento dei trattori n.d.tr.); il sindacato ha accolto tutte le richieste, ha fatto firmare un accordo promettendo di occuparsene. Ma nelle richieste al Governo, in cima alla lista c’erano i mega-bacini, mentre per i contadini che hanno partecipato al movimento in lotta era essenziale il riconoscimento del loro lavoro, del salario e della trasmissione delle loro aziende agricole alle generazioni future. C’era ovviamente anche la questione dell’accesso all’acqua e della sua condivisione, ma non si riduceva solamente alla questione relativa ai mega-bacini. L’interpretazione della FNSEA, invece, ha ridotto queste molteplici istanze in una richiesta di più mega-bacini per garantire l’accesso all’acqua, oltre a una semplificazione amministrativa nella gestione dell’acqua e delle aziende agricole. E il governo, invece di farsi carico delle istanze e trovare una soluzione che fosse adatta per tutti gli agricoltori (grandi e piccoli), ha tenuto conto solo dei problemi e delle richieste della FNSEA.
Qual è la composizione sociale del movimento BNM?
La composizione del movimento è rimasta abbastanza stabile e si è rafforzata nel corso degli anni. Da molto tempo include le associazioni ambientaliste e un sindacato agricolo, la Confédération paysanne, che è legata alla Via Campesina. E poi ci sono i sindacati dei lavoratori: la CGT Sud Solidaires è coinvolta in questo movimento, così come i partiti politici di sinistra, da quelli anticapitalisti a quelli più socialdemocratici e ambientalisti. Molto coinvolti sono ovviamente gli abitanti di queste zone che si stanno auto-organizzando e che per un certo periodo sono stati legati o affiliati a France Insoumise, e forse ora lo sono meno… Queste componenti sono abbastanza in equilibrio nei collettivi. Ci sono anche molte persone autonome coinvolte nel BNM, nel senso di reti di cittadini indipendenti, che non fanno capo a partiti politici o a organizzazioni strutturate. Alcuni di noi, come il sottoscritto, sono coinvolti come residenti e come appartenenti a Les Soulèvements de la Terre. Quindi lo scenario è cambiato nel tempo, così come gli equilibri di forza interni al movimento. Il coinvolgimento de Les Soulèvements de la Terre nel 2021 all’interno del movimento BNM ha portato a una modalità di lotta più conflittuale, e questa natura conflittuale ha fatto sì che il tema dei mega-bacini diventasse una questione nazionale e non puramente locale, anche più conosciuta, grazie ad una copertura mediatica maggiore.
Les Soulèvements de la Terre è un movimento che si è formato nel gennaio 2021 a Notre-Dame-de-Lande, riunendo circa 150 persone, tra cui militanti dei movimenti sul cambiamento climatico come Extinction Rebellion, che ritenevano che i cortei non fossero più una pratica sufficiente, dei compagni della Confédération Paysanne, che pensavano che la loro organizzazione svolgesse un’azione importante a livello sindacale, ma insufficiente come attivismo, dei membri di reti dell’autonomia diffusa e anche altre sensibilità diverse che si erano incontrate nella lotta contro l’aeroporto.
A livello parlamentare ci sono i deputati dei Verdi e di France Insoumise, e oggi anche diversi deputati del Partito socialista e del Partito comunista che col tempo si stanno rendendo conto come la pianificazione per i mega-bacini sia stata un errore, e ora stanno cercando di fare fronte comune in Parlamento, ma sono in minoranza e possono solo dire che non sono d’accordo. Come partito attivo nella lotta c’è anche il NPA (Nouveu Parti Anticapitaliste): insieme a Europe Ecologie Les Verts e France Insoumise, questi sono i tre partiti che maggiormente appoggiano il movimento.
Come sindacati, oltre alla Confédération Paysanne, ci sono il MODEF, piccolo sindacato legato al partito comunista, la CGT (Confédération Générale du Travail) locale e soprattutto l’Union syndicale Solidaires, i cui membri sono molto attivi e preziosi. A seguito della manifestazione di Sainte Soline 2, l’anno scorso, sono stati rinviati a giudizio, oltre ai portavoce dei collettivi, anche esponenti dei sindacati in quanto organizzatori della mobilitazione, ed è la prima volta che succede una cosa simile dopo la seconda guerra mondiale.
Conosci lotte analoghe in Italia o in Spagna?
Direi che la nostra situazione non è poi così lontana dalla forte opposizione che avviene in Val di Susa contro il TAV. Abbiamo invitato i NOTAV questa estate a una grande mobilitazione per potercelo raccontare.
In Andalusia, invece, c’è un lago che sta venendo prosciugato per gli interessi dell’agricoltura industriale. In questa lotta sono coinvolti dei collettivi di abitanti e una rete ecologica nazionale, simile a Les Soulèvements de la Terre, ma più concentrata sulla questione ecologica, mentre Les Soulèvements de la Terre è in realtà sia una vera alleanza sia un’ibridazione tra attivisti ambientali e contadini, e per noi questo aspetto è veramente molto importante. Il carattere contadino del nostro movimento è centrale. Non so se questo è anche il caso di Ecologistas en Acción in Spagna, ma so che pure loro sono molto impegnati in questa lotta. Quindi troviamo una composizione che ho l’impressione sia simile alla nostra, ma non so molto altro. Verranno al Water Village quest’estate per raccontarci qualcosa delle loro lotte.
Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.
acquacomitati territorialiCRISI IDRICAFrancianotavnuclearesoulevement de la terre