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Prati urbani e difesa del suolo: i casi di Settimo Torinese e Borgata Parella.

Due prati, due storie. In parte queste storie si specchiano, in parte divergono.

A Settimo Torinese, tra via Po e via Ariosto, si stende un grande prato, area di proprietà privata, edificabile e interessata da un Piano Edilizio Convenzionato (PEC), ma attualmente a uso agricolo. Un progetto vecchio di 20 anni prevede che per il prato passi una strada, una sorta di tangenziale interna che collegherebbe C.so Piemonte alla strada statale allo svincolo di Settimo centro/via Castiglione. Strada non più necessaria perché, a distanza di 20 anni dalla sua progettazione, i flussi veicolari sono cambiati e per accedere alla Statale per Chivasso da Settimo si può imboccare alla rotonda del cimitero la strada per Brandizzo, e accedere alla Statale dallo svincolo di Cascina Isola/Mezzi Po.

Max e la compagna Cinzia, che abitano proprio in prossimità del prato, hanno un sogno che riguarda un più piccolo terreno incolto, che si trova davanti alla loro abitazione (sul lato opposto rispetto al grande prato). Non hanno intenzione di edificare, non è una speculazione economica, ma un semplice, piccolo, stupido sogno: piantare alberi e creare un piccolo bosco in città, per loro ma anche per il resto del mondo.

Ci credono, e così Max fa uno sforzo economico, raccoglie i risparmi di una vita e lo compra. Utilizzerà la proprietà privata per difendere un diritto pubblico, il diritto di respirare, il diritto di riprendersi il giusto rapporto con la natura depredata e offesa, il diritto al bello.

Ma con l’approvazione della nuova variante di piano regolatore la strada viene riproposta: quattro corsie, una devastante colata di cemento e asfalto, in una delle ultime zone verdi del quartiere San Gallo, e che proprio sul bosco di Cinzia e Max prevede una bella rotatoria.

Max, Cinzia e la sorella Silvia con altri residenti danno vita al Comitato spontaneo di Via Po, e a inizio 2023 presentano le Osservazioni al nuovo Piano Regolatore chiedendo l’eliminazione della strada, ma l’Amministrazione decide solo la riduzione della stessa e non la sua eliminazione. Presto il Comitato di Via Po capisce, e ne ha conferma nella riunione avuta successivamente con la Sindaca, che la strada sarebbe in realtà funzionale a edificare il grande prato tra via Po e via Ariosto con la costruzione di due o tre palazzi corredati da una ulteriore spianata di cemento per i parcheggi, dato che il prato è nel bacino idrogeologico del Fiume Po, la falda è alta e i parcheggi sotterranei non si possono fare. Durante la stessa riunione l’Amministrazione ipotizza che con il meccanismo degli oneri di compensazione derivanti della cementificazione del prato si potrà garantire la de-cementificazione di altre aree di Settimo.

Ma perché cementificare un prato per de-cementificare una piazza? Dove stanno i benefici alla comunità in termini ambientali?

La battaglia privata è diventata pubblica e a settembre 2023 il Comitato, insieme a Legambiente Settimo, fa partire una petizione per eliminare la strada e rendere l’area PEC inedificabile, raccogliendo 2709 firme di cittadini contrari all’opera. Si aspetta ora una risposta dall’Amministrazione, alla quale si chiede il coraggio di una scelta politica a favore dell’ambiente (considerato che ad oggi non vi sono né progetti né permessi edilizi per l’area in questione).

Tra le varie dichiarazioni della Sindaca Elena Piastra, una in particolare è sintomatica del pensiero che guida ancora i nostri amministratori nel definire il concetto di città: “…la strada servirà a definire il perimetro del costruito…”. La città deve essere nettamente separata dal reso della natura, si deve percepirne chiaramente i confini, possiamo permettere alla natura di superarli solo con il nostro consenso, magari facendo crescere un albero sacrificato dentro una aiuola di un parcheggio o di un centro commerciale, considerandolo un semplice elemento di arredo urbano e non ciò che è, l’unico alleato a buon mercato per il contrasto ai cambiamenti climatici.

Intanto il prato acquistato da Max è diventato un’oasi verde, e con Legambiente Settimo e altri sostenitori sono state messe a dimora nuove piante; il simbolo di chi combatte per la difesa dell’ambiente

Simile situazione, ma diversa sorte per il Prato di Via Madonna della Salette, il Pratone, di proprietà comunale, che è stato salvato da diversi progetti edificatori (un palavolley, poi uno studentato) grazie alla lotta di residenti e cittadini, organizzati in un Comitato, fino a dare il via a un iter di modifica del (futuro) Piano Regolatore di Torino (PGR) perché contenga la dicitura di “inedificabilità assoluta”(che ora il PRG non prevede) per l’area verde. Una volta assicurata la sopravvivenza del prato, il Comitato ha coinvolto altre realtà associative in un progetto condiviso di cura dello spazio che si struttura attraverso lo strumento dei Beni Comuni, stipulando un patto di collaborazione (a giorni la firma definitiva). Le prime azioni sono però già iniziate: piantumazione di frassini, carpini, tigli e un bagolaro. Nuovi esseri viventi nel quartiere, e la possibilità di un po’ d’ombra per estati che si prevedono caldissime. Il desiderio è però di valorizzare soprattutto la vocazione prativa dello spazio aiutandola a sbocciare; piccoli interventi sul substrato erboso e piantumazioni per fiori per impollinatori. Incombono sul Pratone due prati adiacenti, ma di proprietà privata, che si teme saranno sacrificati alla cementificazione nel prossimo futuro.

Come scritto, i due prati e le rispettive lotte si specchiano tra loro. Anche se in un caso è stato più facile intervenire grazie alla proprietà comunale del terreno, stessa è la volontà di resistenza verde, che ha nei prati i fortini di difesa del suolo dal pensiero progettuale dell’espansione edilizia, invece di dedicarsi alla cura e alla ricostruzione del già costruito, che a Torino e provincia certo non manca.

Incontro e scambio tra i comitati durante la festa del Pratone Parella

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