Il disastro ambientale di Porto Tolle targato Enel
Il copione che si presenta è il medesimo: da una parte i posti di lavoro e dell’altra la tutela della salute e dell’abiente, qualcosa che richiama alla memoria un altro dei disastri ambientali della zona, il petrolchimico di Porto Marghera, per il quale ci sono stati 157 lavoratori morti per tumore a causa della nocività del lavoro e delle materie chimiche trattate e 103 lavoratori ammalati delle stesse patologie tra gli operai addetti alle lavorazioni del PVC.
Secondo la stima dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il conto economico dei danni è impressionante: 3,6 miliardi di euro. Ma oltre ai danni rappresentati in cifre, vi è un aspetto ben più importante e che la stessa magistratura tende a non considerare nella sua sentenza: gli effetti sulla salute della popolazione. E’ stato infatti accertato che la Centrale di Porto Tolle è stata gestita senza adeguati meccanismi di contenimento delle emissioni che hanno messo in pericolo la pubblica incolumità, ma i danni sulla popolazione, nonostante diversi studi, non sono stati ufficializzati all’interno della sentenza.
Il futuro di Porto Tolle sembra essere incardinato in un ipotetico progetto di riconversione, successivamente bocciato dalla Commissione Via del ministero dell’Ambiente per non ben specificate motivazioni. La centrale Enel di Porto Tolle, sarà molto probabilmente, un altro dei disastri ambientati e di salute che rimarranno senza soluzione se non l’unica contemplata: dopo aver causato gravi problemi di salute e ambientali, ora in nome ‘dell’efficienza energetica’ e delle fonti rinnovabili si pensa di recuperare da una parte e dall’altra di ubbidire alle richieste dell’Europa.
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