Proteste contro il nucleare in India. La polizia spara sulla folla
Le manifestazioni di dissenso nei confronti della centrale nucleare non sono certamente nuove: l’11 settembre 2011 più di 127 abitanti del villaggio di Idinthakarai hanno iniziato a digiunare in segno di protesta; un digiuno che si è concluso dopo 12 giorni per le false promesse del capo ministro dello Stato di fermare il progetto. Nell’ultimo anno, i lavori al sito nucleare sono stati rallentati da proteste dei residenti e gruppi contrari all’energia atomica mentre il governo indiano continua a sostenere l’importanza della centrale che si trova a circa 700 chilometri a sud della capitale di Stato Chennai.
Intanto però, in un’India martoriata da centrali nucleari, si susseguono incidenti che diventano sempre più frequenti. Tra giugno e luglio di quest’anno, più di 40 lavoratori di una centrale nucleare del nord dell’India, sono stati esposti a radiazioni di trizio in due distinte perdite. La politica nucleare dell’India prevede la costruzione di una serie di impianti con tecnologie russe, giapponesi, americane e francesi: le centrali sono in esame o già in costruzione. Secondo lo stesso direttore dello stabilimento nucleare in cui sono avvenuti gli incidenti, due di loro hanno ricevuto dosi di radiazioni equivalenti al limite annuale consentito, come per dire: state morendo, lentamente, ma state morendo. Probabilmente, dopo questo incidente, moriranno più in fretta.
Alla base di una politica energetica basata sul nucleare, c’è la speranza da parte del governo indiano di passare da uno scarso 3% dell’energia derivata dalle centrali atomiche esistenti, ad un 25% entro il 2050, per incrementare la crescita economica di un paese che attualmente dipende dal carbone. Intanto gli incidenti si moltiplicano: nel maggio del 2011, quattro operai sono stati esposti a radiazioni presso la Kakrapur Atomic Power Station di Guiarat, mentre nel novembre del 2009 i lavoratori di un impianto nucleare nel Karnataka si ammalarono dopo aver bevuto acqua radioattiva.
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