Il boicottaggio della partita Argentina-Israele
Segnaliamo questo articolo di Maria Teresa Messidoro (vicepresidente Associazione Lisangà culture in movimento) sulla campagna di boicottaggio della partita tra Israele e Argentina che dovrebbe svolgersi il prossimo 9 giugno al Teddy Kollek Stadium di Gerusalemme.
Che il calcio, lo sport più bello del mondo secondo alcuni, non sia neutrale, lo capiamo leggendo il bel libro “Splendori e miserie del gioco del calcio” (Sperling & Kupfer Editori, 1997), in cui Eduardo Galeano ci racconta i campionati del mondo di futbol, tra una partita e una pennellata di storia, come solo lui sapeva fare.
E così scopriamo che durante i mondiali del 1978, mentre il Generale Videla dirigeva la cerimonia d’inaugurazione, poco distante, sempre in Buenos Aires, era in funzione la Auschwitz argentina, il centro di tortura e stermino della Scuola di Meccanica dell’Esercito. Tutti finsero di non sapere, o non vedere; il capitano della squadra tedesca dichiarò qualche giorno dopo la partita inaugurale, in cui ebbe l’onore del calcio d’inizio: “L’Argentina è un paese in cui regna l’ordine. Io non ho visto nessun prigioniero politico”. Vinse scandalosamente l’Argentina, come era scritto; soltanto l’Olanda, seconda classificata, si rifiutò di ritirare il premio da quelle mani di generali e colonnelli grondanti di sangue.
Sono passati esattamente quarant’anni: tra pochi giorni il campionato di calcio si giocherà in Russia, dove Putin si gioca invece la propria reputazione mondiale. E non è cambiato molto, o quasi niente. Si è appena consumato lo scandalo “FIFA Gate”, in cui i vertici dell’organizzazione mondiale calcistica sono stati coinvolti in processi per corruzione, frode e lavaggio di denaro: in gioco i diritti televisivi delle olimpiadi di Mosca, ma anche di quelle del 2022, per un affare di 190 milioni di dollari, per noi, comuni mortali, una cifra inimmaginabile. Oltre al potente svizzero Blatter, tra gli altri, c’è il nome di Julio Grondona, argentino, responsabile delle finanze della FIFA, fino al 2014, anno della sua morte. Coinvolta in prima persona è anche la CONMEBOl, la Confederazione Sudamericana di Football. Intanto, dirigenti dell’AFA, la Asociación de Futbol Argentina, hanno dati vita ad affari seminascosti, mazzette per diritti televisivi, operazioni giornalistiche, imposizioni di tecnici, coinvolgimento di funzionari del governo, tutto ciò che era necessario mettere “in campo” per far accedere l’Argentina ai mondiali di Russia.
Ed ora, ecco l’evento mediaticamente rilevante: l’ultima partita prima dei mondiali, dovrebbe essere giocata dalla squadra argentina in Israele, il 9 giugno, proprio nello stadio Teddy Kollek Stadium, ora ribattezzato Beitar Trump Gerusalemme, in omaggio al presidente statunitense che violò tutti gli accordi internazionali, decidendo di trasferire la propria ambasciata nella città santa di tre religioni, riconoscendo soltanto lo Stato d’Israele e ignorando l’oppressione e gli affronti subiti dal popolo palestinese. La notizia è stata data poco tempo fa dal dirigente dell’AFA ClaudioTapia, insieme all’Ambasciatore israeliano in Argentina, Ilán Sztulman: la partita dovrà svolgersi proprio in Gerusalemme, per riconoscere ufficialmente il ruolo della città come capitale israeliana. Immediatamente è stata lanciata una campagna di boicottaggio, dalla BDS argentina, sezione del movimento internazionale a guida palestinese per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele.
Perché questa partita, secondo la presidente dell’Associazione Argentina Palestina, Tilda Rabi, sarebbe soltanto un modo per “lavare la faccia allo stato israeliano, lui sì, responsabile di terrorismo e sterminio contro il popolo palestinese.”
Contro la partita “amichevole” Argentina – Israele, si è pronunciato il giocatore di calcio Mohammed Khalil, che durante la “Marcia del Ritorno”, mentre manifestava pacificamente, si è visto stroncare la carriera calcistica da un franco tiratore dell’esercito israeliano che gli ha rotto le ginocchia. Le immagini di quanto accaduto, hanno fatto il giro del mondo. Khalil ha scritto personalmente a Messi, il campione argentino più famoso, ricordandogli che lui e gli altri giocatori argentini sono molto amati nella Striscia di Gaza: non accettino dunque di essere utilizzati politicamente per nascondere e censurare il genocidio perpetrato quotidianamente contro il popolo palestinese da parte dello stato israeliano.
L’impresa organizzatrice dell’evento è la Contec Group Limited, il cui compito specifico è dare grande visibilità al governo israeliano, così come è successo con le prime tappe del Giro d’Italia, passato attraverso i territori occupati, comprese alcune zone abitate da beduini, a cui Israele nega da tempo servizi essenziali come acqua, energia elettrica, scuole e strade. Un affronto senza precedenti al popolo palestinese.
Secondo fonti internazionali il fondatore della Comtec contattò direttamente il padre di Lionel Messi, Jorge Messi, pluriaccusato per evasione fiscale in Spagna; l’AFA di Tapia, in accordo con una figura di rilievo del governo macrista come Daniel Angelici fece il resto, vincendo le ritrosie dell’allenatore della squadra argentina e di molti giocatori, restii ad abbandonare il ritiro di Barcellona. Le motivazioni ufficiali parlano anche di ragioni cabalistiche: l’Argentina giocò due partite contro Israele prima dei mondiali del 1986 e 1990 quando poi vinse la coppa. In realtà la decisione non ha evidentemente niente a che fare con la sorte, ma con la politica estera del governo di Macrí e con gli interessi economici dell’AFA.
Da parte sua, a Israele interessa la presenza in Gerusalemme di esponenti di prestigio della cultura e dello sport, per dimostrare la propria rispettabilità e importanza a livello mondiale. Si dice che la maggioranza dei 31.000 spettatori che assisteranno all’evento sono razzisti, antiarabi, integrano il gruppo chiamato La famiglia, votano senza dubbio Netanyahu e lo sostengono nelle sue drastiche decisioni sociali e militari.
Da parte argentina, l’avvicinamento a Tel Aviv si manifesta soprattutto sul piano della sicurezza, con acquisti di armamenti, nel momento in cui l’Argentina incremento di un 300% annuo l’importazione di tali materiali. Nel 2017 Netanyhau fu il primo ministro israeliano a visitare l’Argentina e durante questa visita si firmarono quattro accordi, di cui non si conoscono ufficialmente i contenuti, ma si parla di “intensificazione di scambi commerciali”. E’ facile immaginare di cosa, visto che dopo quella visita, lo Stato argentino, la provincia di Buenos Aires e la Città autonoma di Buenos Aires aumentarono l’acquisto di armi, dispositivo di controllo e di vigilanza, come i droni che utilizza Israele per reprimere i palestinesi. Decine di milioni di dollari furono inoltre investiti per il controllo delle frontiere.
La partita dunque si svolgerà, con alcune condizioni accordate dalle due delegazioni: la selezione argentina dovrà giocare a Gerusalemme,; ci sarà una cerimonia religiosa con un sacerdote scelto dalla compagine argentina, che dovrà andare ad inchinarsi al Muro del Pianto; gli spettatori dovranno poter presenziare agli allenamenti molto vicini ai giocatori, per deliziare i bambini tifosi. Alcuni giocatori dovranno giocare almeno un tempo. In cambio la squadra riceverà un bonus di undici milioni di dollari, incluso il successivo trasporto a Mosca, alloggiamento in ottanta camere di un hotel di alto livello, un premio netto di tre milioni per la partita. Nel conto delle entrate ci sono i findo che si ricaveranno dalla vendita dei biglietti: prezzo ufficiale sui 40 dollari, ma a dieci giorni dall’evento si parla già della cifra di 1000 dollari per vedere Messi e compagni.
Intanto, la campagna della sezione argentina della BDS continua: dopo il presidio effettuato sotto la sede dell’AFA lo scorso 24 maggio, ci saranno altre creative iniziative di denuncia e di protesta.
Speriamo che gli uomini della selezioni argentina non accettino di essere complici dell’occupazione illegale, della pulizia etnica e dell’apartheid portata avanti in Palestina dallo stato d’Israele.
Scriveva Suhail Hani Daher Akel, ex ambasciatore dello stato palestinese in Argentina: “L’esilio e lo sradicamento violento sono orribili. E’ la peggiore degradazione che può subire un essere umano. Passarono 60 anni e pare che il mondo non ha ancora compreso quanto sia grande la profonda tragedia che soffre il mio popolo palestinese, in cui mi includo anch’io”.
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