La polizia italiana tortura e non si stanca
E’ uno degli stessi protagonisti della mattanza alla Diaz, Fabio Tortosa, a ricordarcelo: poliziotto in servizio nel VII nucleo della celere all’epoca di Genova 2001, all’indomani della sentenza ha commentato così sul proprio profilo facebook: “Io sono uno degli 80 del VII NUCLEO. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte”. Sono l’arroganza condensata in queste poche parole e l’orgoglio con cui quelle violenze vengono rivendicate e sbandierate pubblicamente a rendere l’idea di quanto infimi e disgustosi siano questi omuncoli che torturano e uccidono al riparo di una divisa. E che, dall’omicidio di Carlo Giuliani alla mattanza della Diaz, sono pronti a difendere e rivendicare senza esitazione abusi, pestaggi, violenze e assassinii.
E se si prosegue nella lettura dei commenti sottostanti a quello di Tortosa (operazione consigliata solo agli stomaci più forti…) tale constatazione non può che rafforzarsi: centinaia di apprezzamenti, espressioni di vicinanza e soprattutto il supporto di decine di colleghi che in tanti ricordano con toni nostalgici e commossi “l’entusiasmo cameratesco” con cui la polizia affrontò le giornate di Genova. Dev’essere lo stesso entusiasmo cameratesco che portò alcuni poliziotti ad esultare al grido di “Uno a zero per noi” e “Speriamo che muoiano tutti” alla notizia della morte di Carlo Giuliani. O quello che oggi li porta a continuare ad infangare la sua memoria, ad applaudire assassini, a parlare di “quella merda di Giuliani” a cui è stato giusto “far saltare la testa” (…com’era la storia del proiettile vagante e deviato? O quella del sasso in volo?).
Potremmo proseguire ancora a lungo ma tanto ci basta per chiamare i poliziotti coi loro nomi: torturatori e assassini. E pure pronti a rifarlo.
Ancora una volta, per voi solo odio e disprezzo.
Nota: mentre scrivevamo, il profilo del celerino in questione è diventato inspiegabilmente irraggiungibile…sicuramente il rimprovero o il consiglio bonario di qualche superiore preoccupato di tutelare l’impeccabile immagine delle forze dell’ordine di fronte alla velocità con cui l’odioso messaggio stava circolando, e non certo un sussulto di rimorso o di dignità da parte di Tortosa, sentimenti che difficilmente trovano spazio accanto a tanta infamia.
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