Livorno, la città degli assolti… ricchi e potenti
Nel dettaglio vedi
Maxiprocesso ai movimenti livornesi: il PM chiede 38 anni di carcere
Che la matrice di questo processo sia politica e ai danni di chi in città si è sempre messo in luce per essere fra le poche realtà conflittuali e attive nei confronti degli scempi che avvengono quotidianamente in questa città, lo avevamo già scritto in questo dossier che raccolse video, testimonianze e immagini (“Livorno non si piega”: dossier su tre giorni incredibili e videotestimonianze sul pestaggio di piazza Cavour)
Ma c’è un altro aspetto che salta agli occhi nella sproporzione della richiesta della pena e nell’accanimento della requisitoria del pubblico ministero: che tale atteggiamento esce da una Procura famosa per essere morbidissima col potere e che in questa città ha visto assolvere o accarezzare i maggiori responsabili di scandali, siano essi legati alla corruzione che agli scempi ambientali. Anche di fronte a sentenze che dichiarano che nel sistema degli appalti del Comune di Livorno ha regnato a lungo il MALCOSTUME (che categoria giuridica è?), dirigenti e fautori del malcostume sono stati sempre assolti.
Ecco una carrellata di articoli sulla Procura di Livorno, sulle sue maglie larghe e sull’accanimento politico contro i movimenti e chi lotta. Di seguito poi un articolo uscito sul nostro cartaceo sui due pesi e le due misure della Procura di Livorno.
10 ottobre 2015
Tangenti in Comune, il funzionario è innocente, «ma negli uffici regna il malcostume»
9 agosto 2015
Morti in carcere, caso Lonzi: nuova archiviazione. La madre: “Non mollo”
29 aprile 2015
«Vapori dalla Lonzi», l’imputato è sbagliato: salta il processo
19 marzo 2015
18 marzo 2015
Bidoni tossici: dopo 3 anni TUTTI ASSOLTI da disastro ambientale
7 marzo 2015
«Il saluto fascista non è reato», assolti quattro ultrà del Verona
27 gennaio 2015
Porta a Mare: nuova archiviazione (Cosimi e Lamberti)
10 marzo 2014
Sentenza Limoncino: tutti assolti e via il sequestro alla discarica
«Non c’è reato nell’affare Porta a Mare»
15 febbraio 2013
Inchieste sui bidoni e inchieste bidone: i due pesi e due misure della Procura e del Tirreno
30 luglio 2011
Il Pm Masini ridicolizza ancora la Procura di Livorno: dopo i tatuaggi è l’ora degli adesivi
25 luglio 2007
Tangenti per Salviano2: assolti i 4 imputati (fra cui Cecio e Guzzini)
16 novembre 1997
Moby Prince: tutti assolti anche nel secondo processo E i difensori se la ridono
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Due pesi e due misure
Pugno di ferro e guanto di velluto: quando la “giustizia” non colpisce tutti allo stesso modo
Lo scorso giugno molti cittadini livornesi erano andati a votare con la previsione che in seguito al “terremoto” elettorale ce ne sarebbe automaticamente stato anche uno giudiziario all’insegna del “Vedrai ora aprono i cassetti e salta qualche testa”. Niente di tutto questo sta succedendo: indice di un alto livello di onestà in città o altro? Sicuramente i poteri forti non si indeboliscono così facilmente, hanno dalla loro saperi tecnici, conoscenze “giuste” e si sanno muovere, riuscendo sempre a trovare un pertugio per coltivare i propri affari. Ci sarebbe semmai da scoprire se fra i vari alleati che essi hanno non ci sia anche una certa dose di sicurezza di impunità.
Leggendo le cronache del passato e del presente, pare che a Livorno non esistano mazzette, favori in cambio di favori, appalti o bandi truccati, non esiste criminalità organizzata o dirigenti e funzionari corrotti. Non esiste nemmeno riciclo di denaro o speculazioni edilizie poco limpide. In Italia si susseguono decine di arresti, qui niente. Non ci siamo ammalati anche noi di giustizialismo, per quanto ci riguarda le leggi sono sempre la fotografia di un rapporto di forza, chi le ha dalla propria parte le sfrutta e chi le subisce ingiustamente dovrebbe avere il diritto e il dovere di infrangerle. Il problema è che chi le infrange si sottopone alla repressione, spesso spropositata e minuziosa, mentre gli altri camminano sul velluto. Questo differenziale tra impunità del potere e persecuzione di chi sta in basso non è stato certo invertito con l’arrivo nella Procura livornese del Pubblico Ministero Luca Masini. Il Pm “di ferro”, così definito da Il Tirreno, che è stato nominato vice-procuratore nel 2010. Da quando è giunto a Livorno ha seguito diverse indagini, mediaticamente importanti, ma il pugno di ferro se lo è riservato in particolare per quelli che stanno in fondo alla scala sociale e per quelli che li sostengono politicamente.
Il guanto di velluto
Il 17 dicembre 2012 l’Eurocargo Venezia perde a largo della Gorgona 200 bidoni contenenti sostanze altamente tossiche causando un disastro dal punto di vista ambientale. Viene aperto un fascicolo e Masini indaga 3 soggetti: uno spedizioniere, il comandante della nave e un responsabile del magazzino dove erano stoccati i rifiuti. Nessuna indagine nei confronti dell’armatore, della Capitaneria o degli amministratori locali che hanno taciuto per settimane sul disastro avvenuto.
Il settembre scorso, invece, vengono arrestate diverse persone nell’ambito di un’indagine per associazione a delinquere intrapresa sempre dallo stesso Masini. Le ipotesi di reato sono pesanti e vanno dall’usura, alla bancarotta fraudolenta, allo spaccio. Tra gli indagati spuntano anche due calabresi residenti a Livorno accusati di essere legati alla ‘ndrangheta. Due giorni di caso mediatico, arresti e poi più nulla. Delle persone e delle faccende che ruotano intorno a questi arresti, sia il Pm che i giornali hanno detto di tutto, dipingendo mediaticamente personaggi da “Romanzo Criminale”, fra l’altro molto conosciuti in città. Ci chiediamo solamente come mai quando leggiamo di presunte organizzazioni criminali di cui si descrivono relazioni e comportamenti privati nel dettaglio, manchi sempre all’appello la parte politico-affaristica che dovrebbe essere l’altro punto di un rapporto biunivoco. Infine abbiamo notato che in quell’indagine ci sono anche poliziotti e funzionari della Procura che però non hanno stuzzicato la fantasia dei giornalisti che su di loro hanno tenuto un bassissimo profilo mentre, probabilmente, avrebbero rappresentato un elemento di interesse per capire se l’indagine è un fuoco di paglia con affari di basso profilo o è strutturata su livelli più importanti.
Si è conclusa in un nulla di fatto anche l’indagine relativa al fallimento del cantiere Orlando e la maxi speculazione di Porta a Mare in cui risultavano indagati, tra gli altri, anche gli ex sindaci Lamberti e Cosimi e Roberto Piccini. Non si è saputo più nulla, invece, del sottoufficiale incursore del Comsubin e della guardia giurata ed ex carabiniere, che fabbricavano ordigni esplosivi all’interno di un garage del centro. L’interesse giornalistico si è spento nel giro di una giornata. Attendiamo ora il riscontro processuale per capire la portata di un simile episodio.
Per capire cosa significa guanto di velluto, prendiamo invece ad esempio il processo alla Lonzi Metalli, 7 incendi in 10 anni: diossina finita in grosse quantità sui terreni vicini (per Arpat non era però nociva…) e in un paio di occasioni nubi tossiche sopra tutta la città. Dopo anni di battaglie da parte di un comitato di cittadini della zona arriva il primo processo. Il capo di imputazione? “Emissione di vapori atti a molestare le persone”. Condanna massima? 200 euro di multa o un mese di reclusione. A proposito di Lonzi, non si contano più le archiviazioni riguardo alla morte di Marcello nel carcere delle Sughere. Nessuno ha mai voluto rischiare di fare un processo.
Della grande inchiesta sulla costruzione del nuovo quartiere residenziale Salviano 2 cosa è rimasto? Nel 2003 furono arrestati alcuni esponenti dell’allora partito della Margherita per concussione e corruzione. A livello politico nella città addormentata chiamata Livorno, la giunta Lamberti non ebbe nessun contraccolpo. Su quello giuridico, dopo una condanna in primo grado per i due esponenti politici, per i quali si è spesa anche la diocesi locale, è arrivata l’assoluzione nel 2011. A Salviano 2 però, per chi ci vive, i problemi sussistono ancora.
E il processo per la discarica del Limoncino? Anche in questo caso l’epilogo non è stato molto diverso. Di fronte alle forti pressioni dei comitati cittadini la Procura aveva aperto un’indagine a carico di quattro persone (imprenditore, geologo e dirigenti provinciali) per abuso d’ufficio e reati ambientali e la cava-discarica è stata messa sotto sequestro. Nonostante il giudice nella sua sentenza parli di “quadro fosco” e “comportamenti equivoci da parte di funzionari pubblici”, come abbiamo per primi denunciato sul nostro sito, è arrivata l’assoluzione per tutti gli imputati. E’ di questi giorni invece la prima sentenza sulla truffa delle piscine a Collesalvetti dove erano indagati amministratori pubblici ed imprenditori? Una parte prescritta e una archiviata, per ora nessun colpevole e 1,5 milioni di euro spariti che gli abitanti del Colle potrebbero ritrovarsi a dover pagare per tappare il buco.
Il pugno di ferro
Il fatto che ci siano prescrizioni, archiviazioni e assoluzioni potrebbe essere anche un naturale svolgersi della vita dei processi in cui ci sono indagini, dibattimenti e sentenze. A livello giornalistico e politico, tuttavia, non può non saltare agli occhi l’alto differenziale che c’è su questo territorio fra i “nulla di fatto” di indagini o processi riguardanti i vertici della piramide e il numero di indagini e condanne a carico di chi nella piramide sta un po’ più giù, specialmente verso coloro che la piramide cercano di metterla in discussione. Accade infatti, che negli ultimi 5 anni almeno (guarda caso in concomitanza con la crisi profonda e reale di questa città) si sia represso duramente coloro che hanno cercato di intraprendere percorsi di mobilitazione e rivendicazione dal basso, anche per dare dignità a centinaia di famiglie che spesso vivono in difficoltà economica e senza un lavoro.
In questo secondo capitolo il protagonista principale assoluto è il Pm Luca Masini a cui la Procura di Livorno ha affidato numerosi fascicoli di indagine relativi alle attività sociali e politiche dei comitati autonomi della Ex Caserma e del vecchio movimento post-Genova 2001. Il risultato sono centinaia di denunce e decine di processi in corso. Ragazzi e ragazze che rischiano pesanti condanne e il carcere per la loro attività. Il procuratore generale De Leo in un’intervista disse che a Livorno sono finiti nel mirino della Procura persone appartenenti ad una “zona grigia e informe della sinistra extraparlamentare” e che ad essa “sono riconducibili comportamenti solidali con le cause di disoccupati, senza casa e immigrati non integrati”.
Il conto dei processi in corso è diventata una lunga lista di cui si fa fatica anche a tenere il conto. Mesi di indagini per condannare alcuni studenti minorenni che avevano attaccato degli adesivi con scritto “Combatti il Sistema” in città, un ragazzo processato a causa di un tatuaggio giudicato offensivo nei confronti delle forze dell’ordine e 22 persone indagate in quanto presunti partecipanti ad un presidio di solidarietà sul marciapiede di fronte ad un palazzo occupato da alcune famiglie. A ciò va aggiunta la perquisizione all’ex mutua di via Ernesto Rossi, abitato da 14 famiglie (anche con minori) in difficoltà economica: tutti denunciati, compresi coloro che nell’immobile non ci abitano ma sono ritenuti rei di averli aiutati ad occupare. Ci sono poi le denunce per i 20 attivisti colpevoli di aver partecipato, come ogni anno, ai festeggiamenti del 1 Maggio nella Fortezza Nuova chiusa e abbandonata. C’è anche una nuova moda: la denuncia per accensione di lamperogeni (del tutto innocui e utilizzati per fare “colore”) durante i cortei. Ultima ciliegina, un’indagine aperta dallo stesso Masini e condotta dall’ufficio Atpi (Antiterrorismo Pronto Impiego) della Guardia di Finanza per un attivista che non aveva dichiarato 1500 euro di assegno di maternità della compagna convivente nella richiesta di gratuito patrocino. Potrebbe sembrare uno scherzo ma non lo è, ma questo è in breve una parte del lavoro “politico” svolto dalla magistratura livornese negli ultimi anni.
Ma il processo più importante imbastito dalla Procura livornese ai danni delle organizzazioni di sinistra cittadine è quello per il cosiddetto “assalto alla Prefettura” (leggi il dossier con video e foto). Tutto partì dalla contestazione all’allora segretario del Pd Bersani alla Stazione Marittima. In quell’occasione lavoratori e attivisti provarono ad entrare all’interno della sala per esporre uno striscione e furono caricati più volte dai Carabinieri. All’entrata del piazzale di fronte alla stazione, poliziotti e servizio d’ordine del Pd perquisivano chiunque non fosse a loro avviso un “normale” cittadino. Questa versione è confermata anche dallo stesso questore che in una intervista rilasciata qualche giorno prima del suo trasferimento a Catania diceva: “Gli antagonisti volevano andare al dibattito di Bersani alla Stazione Marittima e dire la loro. Ma quando il Pd dice di non accettare questo tipo di intervento, noi come polizia non possiamo dire ok, andate e disturbate come vi pare…”.
Il giorno seguente un presidio pacifico di circa 30 persone fu caricato brutalmente in piazza Cavour. Pestate decine di persone tra cui passanti e la mamma di un attivista che aveva cercato di difendere il figlio dalla brutalità del reparto celere. Il terzo giorno consecutivo migliaia di livornesi scesero in piazza per la libertà di manifestare e per denunciare i due giorni di violenza da parte della polizia. Molti partecipanti al passaggio davanti alla Prefettura, vedendo alcuni poliziotti in tenuta antisommossa all’interno, tirarono alcune torce e transenne in direzione dell’ingresso. Il tutto si concluse nel giro di pochissimi minuti e il corteo fu invitato a proseguire fino a piazza Cavour. Il risultato sono 22 imputati a processo, quasi tutti appartenenti all’Ex Caserma Occupata e ai comitati per il diritto alla casa. Alcuni rischiano un massimo di pena di 15 anni. Il processo si è svolto in questi ultimi mesi in un clima surreale. Il PM Masini, forzando continuamente le regole processuali, è riuscito a far accettare ai giudici prove “manipolate” in fase di indagine (soprattutto video e foto dove i riconoscimenti sono già stati eseguiti in precedenza con tanto di nome della persona in sovraimpressione) e l’acquisizione di alcune testimonianze di dirigenti della polizia che non erano neanche presenti in piazza durante i fatti ma che sono stati chiamati a deporre sulla storia personale e politica degli imputati. Nell’ultima udienza ha anche denunciato un testimone per reticenza durante l’interrogatorio perché a suo avviso non rispondeva correttamente alle domande o non rispondeva come lui avrebbe voluto. Tre attivisti continuano ad essere sottoposti, a distanza di due anni, a misure cautelari con obbligo di firma. Il processo della Prefettura non è un processo basato sui fatti o sulla responsabilità personale e specifica di ogni imputato ma un processo ai movimenti e comitati autonomi della nostra città. Ormai questo dato è chiaro. Si pensi ad esempio alle ingerenze in merito all’assegnazione di punteggi per le case popolari ad alcune famiglie occupanti. La decurtazione in graduatoria partì proprio da una lettera della Procura rivolta ad alcuni uffici comunali. Con questo articolo vorremmo stimolare alla riflessione del perché le istituzioni tengano questo atteggiamento. E lo chiediamo a tutti, ai cittadini che ne pagano le conseguenze dirette ed a chi oggi continua a lottare, affinché in questa città cambi veramente qualcosa. E lo chiediamo anche alla nuova giunta comunale che ha fatto della cosiddetta “legalità” e trasparenza il suo baluardo. Il tempo è poco e tutti i tentativi di smascherare e denunciare comportamenti giudicati illegali nella passata gestione della città per ora sono andati a vuoto. Bisogna continuare se non si vuole essere complici delle passate gestioni. C’è un pezzo sano di questa città, che noi sosteniamo quotidianamente, composto da militanti, attivisti, comitati di cittadini e molte altre persone nei più disparati settori che riteniamo siano gli anticorpi naturali della nostra società.
Articolo pubblicato su Senza Soste cartaceo n.101 (febbraio-marzo 2015)
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