Manganellate in testa dalla polizia in centro a Parma
Nel riportare questa testimonianza dobbiamo riconoscere che sappiamo, ma non abbiamo prove. Nonostante ciò sentiamo il dovere di informare chi si vede negare il diritto a essere informato, dato che nessuna testata o tg, passati ormai diversi giorni, ha riportato la notizia. Possiamo solo contare sul desiderio di giustizia di chi leggerà queste righe, consapevole che i fatti accaduti non costituiscono un unicum sul territorio nazionale, ma non per questo non devono essere raccontati, perché -osiamo dire- si tratta della realtà quotidiana.
Succede che, nella notte tra il 29 e il 30 Agosto scorso, h00.40 circa, due di noi si trovavano a passare per via Garibaldi quando abbiamo notato una camionetta dell’Esercito posteggiata davanti al teatro Regio, e quattro militari che intimavano la calma a due uomini coinvolti fino a qualche minuto prima in quello che, ci è stato riferito dai presenti, era un litigio di lieve entità. Abbiamo sentito urla e assistito a un rapido contatto fisico, ma la situazione è passata sotto il totale controllo dell’Esercito dopo qualche secondo dal nostro arrivo: i due, illesi, sono stati fatti sedere sul marciapiede e sui gradoni del teatro e controllati a vista in attesa della Polizia. Da notare che a chi faceva foto o video veniva ordinato di cancellare tutto.
Arrivate due volanti, ecco che dalle auto sono scesi quattro agenti in divisa con il manganello in pugno, di cui due si avvicinavano ai fermati con fare minaccioso per poi ordinare di esibire i documenti non solo a loro, ma anche, inspiegabilmente, a tre persone intervenute in precedenza per tranquillizzare i litiganti o che semplicemente si trovavano nei pressi dei gradoni. Forse è stata la pelle nera ad attirare l’attenzione? Comunque nessuno ha opposto resistenza, e si è proceduto alla verifica dei documenti. Nel frattempo abbiamo notato che uno degli agenti, un uomo alto e robusto sui quarant’anni, sembrava particolarmente agitato: sin dall’inizio si era distinto per l’atteggiamento aggressivo e i modi bruschi, del tutto inadeguati al contesto, e lo abbiamo sentito chiaramente sproloquiare frasi come “Qui comando io” o insulti, anche razzisti “Tornatene al paese tuo” e zittire chiunque volesse anche solo avere notizie dei propri documenti.
È bastato che un ciclista di passaggio facesse un saluto a uno dei fermati per mandarlo su tutte le furie, gli occhi fuori dalle orbite. Per farla breve, non bisognava fiatare se non si voleva alterarlo ancora di più. Erano ormai quasi le h01.30, quando i militari se ne sono andati lasciando sul posto solo la Polizia, i fermati e una decina di testimoni (!). Dopo qualche minuto è accaduto quel che noi definiamo senza paura un caso di ingiustificata aggressione poliziesca. Uno dei due fermati già dall’inizio si è avvicinato con fare cordiale a un ragazzo ancora in attesa di essere rilasciato, offrendogli da bere da una bottiglia di vetro che teneva in mano. Il poliziotto di cui sopra si è parato immediatamente davanti all’uomo e, dopo un breve scambio di battute, con l’aiuto di due colleghi gli ha tolto la bottiglia di mano, lo ha immobilizzato, girato di schiena e fatto appiattire sul tetto di una delle volanti. È stato come un fulmine a ciel sereno, tutto è avvenuto nel giro di qualche secondo. L’uomo è stato dichiarato in arresto e ammanettato, ma al momento di venire caricato sui sedili posteriori dell’auto si è rifiutato, aggrappandosi alla portiera aperta e resistendo alle spinte e alle manganellate alle gambe. Non l’avesse mai fatto, subito l’agente visibilmente nervoso ha impugnato il manganello alle due estremità e lo ha passato sotto il mento della vittima, gettandola a terra con efferata violenza e subito dopo vi si è scagliato contro e con l’arma l’ha colpita diverse volte alla testa, fermandosi solo dopo le grida indignate di noi presenti. L’uomo era visibilmente stordito dalle manganellate ma gli agenti lo tenevano a terra in posizione prona, premendogli sul petto con le ginocchia, correndo il rischio di soffocarlo. A questo punto forse l’aggressore in divisa si è reso conto di aver commesso un errore, perché alle nostre proteste prima rispondeva negando di aver mai commesso il fatto (“Non l’ho manganellato, non l’ho manganellato” evidentemente avevamo preso un abbaglio), ma dopo un quarto d’ora circa ha ammesso, rivolto a un ragazzo che aveva protestato con più veemenza degli altri e che per questo è stato schedato “Io ho sbagliato, ma tu devi stare calmo”. È sopraggiunta anche una pattuglia dei Carabinieri che ha piantonato il luogo finché le volanti se ne sono andate, presumibilmente in Questura, e noi tutti, assieme agli altri quattro che sono stati rilasciati, siamo tornati a casa.
Ora, quel che è accaduto è indiscutibilmente un fatto grave, ed è ancora più grave che dobbiamo essere noi, e non chi dovrebbe farlo per mestiere, a riferirlo. Perché questa si chiama connivenza. Possibile che nessuno sappia nulla, a parte chi era presente? Quante volte si verificano episodi del genere, che noi crediamo di potere a buon diritto definire dei “crimini”? Se personaggi come il disprezzabile e vigliacco protagonista di questa brutta, ordinaria avventura, sono detti “servitori dello Stato” e dovrebbero garantire la nostra sicurezza, che razza di Stato è mai questo?
Vi preghiamo di condividere questo racconto con più persone possibili, perché la dignità umana non si può calpestare in questo modo. Noi lo crediamo e speriamo di trovarci d’accordo con voi.
Collettivo Studentesco La Rage
da osservatoriorepressione.info
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