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Empoli, un nuovo omicidio per mano poliziesca

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Ammanettato. I piedi legati da una corda. Si trovava in queste condizioni il ragazzo tunisino colpito da malore durante un controllo di polizia in un money transfer di Empoli. Arafet Arfaoui non ce l’ha fatta, ed è morto pochi minuti dopo.

 

Subito l’attenzione mediatica sul caso si è concentrata su aspetti finalizzati a stigmatizzare Arafet sulla base del suo ipotetico comportamento. Aspetti ovviamente non accertati, ma già discussi in maniera sbrigativa, elevati a impliciti moventi e giustificazioni dell’azione poliziesca.

Forse era in stato di incandescenza..forse aveva dei problemi con l’alcool..forse stava cercando di trasferire una banconota falsa..come se questo possa giustificare un trattamento simile, una tale umiliazione pubblica. Come se questo possa valere una condanna a morte.

Non c’è bisogno di scomodare i casi più noti del passato in cui l’atteggiamento prevaricatore poliziesco ha portato a tragedie facilmente evitabili. Ci basta prenderlo come dato di fatto. Per mantenere alta l’attenzione su un caso che, come tanti in passato, ha numerose zone d’ombra.

Ad ogni modo, e qui senza ombra di dubbio, il caso sottolinea come l’introduzione di strumenti repressivi come il taser possa rischiare di avere effetti inaccettabili. Arafet è morto di arresto cardiaco, una delle complicazioni sanitarie che possono essere derivate da un’arma come quella.

Complicazioni note nei paesi il taser è già in uso, e che speriamo non diventino presto note anche da noi…

 

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