Mondazzoli: prova di forza o segno di debolezza?
La Sinistra (in questo caso rappresentata dai suoi intoccabili intellettuali à la Umberto Eco) grida invece allo scandalo della mancata libertà di espressione, all’inaridimento, alle pressioni sugli “autori” (questa sopravvivenza ideologica mefitica di cui non ci si è ancora liberati). Dove vivono costoro? Lo sanno che l’omologazione di Bompiani o Rizzoli non è poi così diversa da quella proposta da Mondadori? Ma soprattutto, si sono resi conto o no in che tempi viviamo (pensano ancora di lavorare per le legatorie medievali)? E noi… davvero pensiamo che la partita sulla libertà di espressione oggi si giochi sulla presunta indipendenza di un gigante editoriale da un altro?
L’editoria è un settore come un altro, sottoposto a una più feroce concorrenza non solo dal consolidarsi di trust sempre più grandi ma anche dalla pressione tecnologica-sostitutiva dei formati digitali, su cui l’editoria italiana è in ritardo (ritardo capitalistico, certo, ma è appunto di questo che stiamo parlando). Da questo angolo prospettico la presunta aggressività imprenditoriale di Mondadori nasconde allora forse una debolezza strutturale ben più profonda (non a caso si vocifera di possibili nuove acquisizioni da parte di veri giganti internazionali del settore).
L’intellettualità di sinistra di casa nostra pensa invece ancora (o fa finta di pensare – il che mostra la malafede e i sordidi interessi di bottega che difende) alla realtà dell’editoria e della censura (che è sempre all’opera ma in forme molto più sottili, capillari e pervasive) come all’Indice dei Libri Proibiti della Santa Inquisizione o al «”Min.Cul.Pop.» mussoliniano. Nessuna domanda si pone invece circa le condizioni di vita e lavoro delle decine di migliaia di precari/e che sgobbano nelle redazioni di riviste, case editrici, siti web per poco più di un instabile e risicatissimo salario di sopravvivenza (quando c’è, dato il ricorso sempre più usuale a stage, tirocinii e varia produzione di capitale umano… rigorosamente non pagato!).
Appunto, parliamo di “rapporti di produzione!”.
Il commento di Benedetto Vecchi, giornalista de Il Manifesto
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