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Nel mare di Riace… Una conversazione con Mimmo Lucano

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Riace è un piccolo paesino della Locride con la classica disposizione divisa tra marina e paese antico, arroccato sulla montagna al riparo da scorribande e invasioni. Il nome è antico, greco, e se non fosse per le due statue ripescate nei suoi mari se ne sarebbe sentito parlare molto poco. Almeno fino a una decina di anni fa, quando il suo sindaco supportato dalla popolazione locale decide di ripopolare il paese sulla strada dell’abbandono offrendo ospitalità ai migranti. La vicenda di questa località calabrese fa il giro del mondo in poco tempo, diventa un cortometraggio di Wim Wenders, viene apprezzata da Papa Francesco e il suo sindaco addirittura viene nominato tra gli uomini più potenti del mondo dalla rivista Fortune.

La trovata è quella di ricercare un’alleanza tra la popolazione locale e i migranti, basata su un rilancio culturale e economico del paese, “approfittando” delle risorse offerte dal sistema dell’accoglienza e dall’autorganizzazione dal basso delle molte persone impiegate nel progetto. Riace ospita oggi 500 migranti su 1500 abitanti di cui 165 di questi sono all’interno del progetto Sprar in cui lavorano 80 operatori.

Negli ultimi giorni si è tornato a parlare di Riace per via di alcune registrazioni che dovrebbero provare manovre poco chiare del suo sindaco, Mimmo Lucano, nell’utilizzo di alcuni fondi regionali. E’ parso immediatamente evidente che l’obbiettivo di chi aveva prodotto queste registrazioni era quello di delegittimare il processo in corso nel paese. Il sindaco ha immediatamente rassegnato le dimissioni e convocato un consiglio comunale aperto. L’assemblea molto partecipata dalla popolazione locale e da vari attivisti da tutta la Calabria ha chiesto al sindaco di ritirare le sue dimissioni e andare avanti con il lavoro.

Abbiamo incontrato Mimmo Lucano in una lunga conversazione che consigliamo di leggere fino alla fine. Nella differenza, in maniera molto pragmatica ci viene offerto un ritratto realistico del processo in corso che apre ad alcune domande interessanti. C’è una compatibilità tra il modello Riace e ciò che le compagini neoliberiste del PD vorrebbero offrire come proposta dell’accoglienza ai migranti in Italia? In quale modo si può cercare di proporre delle alleanze tra proletari italiani e migranti contro la guerra tra poveri? Come si possono costruire dei progetti politici in territori estremamente periferici e impoveriti del nostro paese?

 

Ci spieghi l’origine dell’esperienza di Riace?

In realtà questo processo non è nato per un progetto d’accoglienza, perché al tempo in Italia non c’era nulla, mi pare che eravamo sotto la legge Turco – Napolitano. Il mio interesse sul piano politico – sociale riguardava il mio paese. C’è stata una fase di forte impegno, fermento sociale e movimento nella Locride degli anni ’80 che corrispondeva a un nostro ’68. Con forte ritardo certo, ma credo che non abbiamo mai vissuto il ’68 in Calabria. Tra gli studenti che andavano nelle scuole delle marine era forte la partecipazione. Non era un’adesione sciocca, ma per molti aveva il carattere di una vera e propria ragione di vita. Le esperienze di lotta di quel periodo furono molte, poi però ci fu un vuoto. Un vuoto in cui quel sogno di rivoluzione proletaria sembrava smarrito e ognuno a livello personale ha cercato di sistemarsi. Però a me e credo a molti altri queste idealità rimanevano perché appartenevano al nostro percorso di vita. Erano convinzioni maturate con molta analisi e ragionamento e difficilmente saremmo riusciti ad abbandonarle. Io non sono mai stato collegato a un partito, ma piuttosto a un’idea molto forte.

Quando sono andato via da Riace c’è stata quella fase di smarrimento generale, ci siamo persi di vista. Però io ormai avevo imparato a conoscere Riace in un’altra dimensione! Quando ero lontano facevo sempre il confronto con la relazioni umane nei condomini di città, sono stato a Torino e a Roma per questioni di lavoro. Vedevo la miseria di questi rapporti umani e ho pensato che quello che noi volevamo era un mondo diverso. Non era solo per raggiungere obbiettivi materiali, era una dimensione dell’essere legata all’altruismo, alla socialità, alla capacità di considerare anche i torti subiti da altri come torti nostri. Quando guardavo da lontano Riace pensavo che probabilmente quel sogno di utopia sociale si poteva cercare anche in questi borghi abbandonati dove si è compiuta la storia delle comunità rurali. Dove umili braccianti agricoli e anche artigiani esprimevano dei modi di vita che conoscevano il valore dell’accoglienza, non il pregiudizio e andavano fieri dell’incontro con il diverso. Mi sono detto che questa era la Calabria che conoscevo, questa quella che mi aveva trasmesso questi valori. Poi sono ritornato. Ho incontrato altre persone che erano ritornate e, in un periodo completamente diverso, ci siamo organizzati per ricominciare a interessarci di politica locale. Siamo partiti dalla considerazione che forse i governi locali potevano rappresentare una occasione di capire in quale forma quel messaggio poteva rinascere ed essere vissuto con un nuovo senso di partecipazione in contrapposizione con l’alienazione delle grandi città. E’ stata un fallimento quella prima esperienza. Era il 1995. Un gruppo della sinistra antagonista si pone come obbiettivo il governo locale. Fu un disastro, non ci aveva votato nessuno! Anzi ha lasciato il segno, la gente ci prendeva per matti!

Nonostante questo con due persone ho mantenuto un rapporto. L’amarezza era tanta, ma la volontà di conoscere la realtà e continuare ad insistere rimaneva. Noi siamo una parte. Una piccola parte, ma comunque una parte presente sul nostro territorio! Con questi due amici abbiamo continuato quindi, poi uno è morto. Dico queste parole sulle persone perché va bene il processo, il collettivo, il “noi”, l’idea generale… Però è anche fondamentale come si tramanda la capacità di crederci e di condizionare i processi. Se no diventa tutto un po’ troppo astratto! Siamo rimasti in due e abbiamo iniziato ad occuparci di questioni culturali, abbiamo fatto il teatro, abbiamo ricostruito la storia della emigrazione riacese, il tutto da una visione molto minoritaria.

E poi?

Poi nel 1998 c’è uno sbarco di kurdi alla spiaggia di Riace! Ovviamente la vicinanza politica con il Pkk ci ha permesso immediatamente di costruire una sintonia nonostante le barriere linguistiche. Quindi sono rimasto in mezzo a loro, sono diventato un militante del movimento di liberazione del popolo kurdo. La storia dell’accoglienza a Riace comincia così! Non è stato un fatto di buonismo, ma come vedete sono state motivazioni di carattere politico. La chiesa locale non aveva aderito per niente a quella storia di accoglienza, se si esclude un vescovo che ci mise a disposizione una struttura, la prima ad essere utilizzata per un numero alto di persone! Quando queste persone sono arrivate a Riace noi abbiamo cercato le case degli emigranti riacesi che sono in giro per il mondo e abbiamo costruito un’altra idea dell’accoglienza.

In cosa consiste questa altra idea?

Abbiamo cercato di capire come costruire un meccanismo di interazione con la comunità locale, come riprendere il concetto di vicinato di casa come si usava nelle società contadine. Slegati da convenienze e opportunismi volevamo provare a far maturare questo processo in maniera spontanea. Qui l’accoglienza c’è ma non si vede, non esiste. Non ci sono centri di accoglienza visibili, sono le stesse case del paese ad assolvere questa funzione! In Svizzera con gli italiani dicevano “Noi volevamo braccia e invece sono arrivati uomini!”, la stessa cosa è successa a Rosarno per esempio. L’importante è avere nuova forza lavoro, le condizioni di vita inaccettabili in cui questa viveva non importa a nessuno. A Rosarno ci sono più case libere che a Riace nel centro storico! Ma nessuno si è mai sognato di destinarle a questi lavoratori! La comunità locale si rifiuta! Perché non dev’essere solo l’amministrazione locale o l’istituzione a generare il processo, ma bisogna sviluppare un senso comune con la comunità. A Riace siamo riusciti a farlo. Perché da che eravamo partiti in pochi a inseguire questo sogno alla fine la curiosità è prevalsa. Rispetto a una sicura rassegnazione, rispetto a una certa morte sociale del paese, rispetto all’unica alternativa della migrazione la gente ha provato interesse per quella proposta rivoluzionaria che portavamo. E’ stato graduale, ma la comunità locale ha capito che gli “conviene”. Conviene la rinascita! E Riace ha avuto in questo modo una straordinaria possibilità, ha conosciuto il mondo da vicino, ha incontrato i protagonisti delle ingiustizie del mondo, delle guerre, delle torture. Così ha maturato una coscienza nuova! Il mio auspicio è questo: tutte le cose finiscono, quando finirà questo processo spero che rimangano delle persone che stimolate da ciò che hanno vissuto continuino a praticare queste esperienze e non si lascino fiaccare dagli opportunismi, gli egoismi, gli arrivismi, l’alienazione e il consumismo di questo mondo.

Riace anomalia assoluta dentro un sistema dell’accoglienza che molto spesso è un business?

Certo, ma il nostro modello è visto anche con paura! Per noi l’accoglienza è incondizionata! Riace deve a queste persone che sono arrivate la sua rinascita. Dobbiamo riconoscerlo e tutti lo riconoscono. Lavorano tantissime persone, abbiamo attivato servizi che erano impensabili: la scuola a Riace dal 2000 non esisteva più! Adesso c’è, ci sono i laboratori, c’è la fattoria didattica, la raccolta differenziata. Stiamo facendo un lavoro bellissimo sull’acqua come bene pubblico! Tutto grazie solo alla dimensione altra che abbiamo creato e al disegno che abbiamo per il futuro. Per questo ho voluto fare il consiglio comunale aperto quando mi sono arrivate quelle accuse. Io vengo da una storia di sconfitte! Penso spesso che siamo una minoranza, ma ogni giorno le nostre esperienze scavano e siamo un po’ di più! Non potevo permettere che ci fossero delle ombre sul nostro progetto, perché facevo un torto anche a chi ha guardato a Riace come un’esperienza politica che mantiene la sua coerenza anche dopo che è diventata istituzione.

Molto spesso sentiamo parlare specialmente a Sud della questione della legalità come una questione prioritaria, però ci sembra una narrazione che molto spesso nasconde delle trappole e criminalizza anche discorsi legittimi. Tu che ne pensi?

Non mi ha mai affascinato il concetto di legalità, anzi la vedo con sospetto! Anche da sindaco la vedo con sospetto. Anche il Terzo Reich era legalità. Anche Benito Mussolini era legalità! Molti drammi dell’umanità sono avvenuti dentro le norme di sistemi altamente funzionanti dal punto di vista della burocrazia! Per questo ho il sospetto di parole come legalità, burocrazia, istituzione, eccellenza! Ma quale eccellenza… Noi dobbiamo ragionare per costruire una società democratica basata sull’eguaglianza dove la base controlli il vertice. Anche nell’accoglienza, anche negli Sprar. Persone che non vedranno mai un rifugiato di persona dietro le loro scrivanie pretendono di poter determinare i processi a livello territoriale!

In questi giorni si sta tornando a discutere molto su come viene organizzata l’accoglienza in seguito alla rivolta che c’è stata nel CPA di Cona. La Serracchiani, presidente della regione Friuli – Venezia Giulia in quota PD, ha affermato che il modello dell’accoglienza diffusa è preferibile perché permetterebbe di contenere il dissenso e le rivolte. Cosa ne pensi di queste affermazioni?

Oggi c’è una nuova storia in Italia che è trasversale. Tutti, compreso Grillo, fanno i conti a livello scientifico con la volontà dell’elettorato. Parlano per opportunismo e convenienza. La nostra storia, la storia di Riace parla di tutt’altro. Parla chiaro di libertà. Se tu vieni qui non devi firmare autorizzazioni come a Rosarno. La libertà è la prima cosa. Noi abbiamo dovuto sperimentarlo. Eppure in dieci, dodici anni di questa esperienza ci sono stati solo conflitti legati alla normale convivenza. Qui gente di Riace si è sposata con gente che veniva dall’Afghanistan, dall’Eritrea, sono nati bambini misti. Qui ci sono cinquecento migranti su mille e cinquecento abitanti eppure la nostra vita è normale. Questo è il nostro messaggio. Perché Grillo fa come la Lega Nord e apre a Casapound? Perché non si può permettere di essere possibilista? Perché tutto il ragionamento si basa sul consenso elettorale. La mia impressione è che chi fa un ragionamento di parte è un’esigua minoranza. Riace fa paura anche per questo! Per capirci uno dei giornalisti della Gazzetta del Sud è del FUAN, è ovvio che odia la mia testa rossa! Anche queste registrazioni sono fatte per screditarci. Io devo rendere conto alla mia comunità di tutto quello che faccio. La prima volta che mi sono candidato persino mio padre non mi ha dato il voto perché pensava che fossi troppo estremista! Però poi per tre volte siamo riusciti a conservare il consenso in questo piccolo paese. Sono molto preoccupato di quelle che sono le prospettive politiche a livello nazionale e internazionale.

Voglio dire un’altra cosa, nell’esperienza degli Sprar qui in Calabria ci sono situazioni con cui eravamo legati da un ideale politico di movimento. Abbiamo fatto molte cose insieme, costruito iniziative politiche e culturali. Poi alcune di queste situazioni si “istituzionalizzano” e la gente che ne fa parte cambia completamente. Appena arriva un po’ di potere l’approccio ai percorsi che si fanno diventa di tipo ispettivo e tutto deve rientrare dentro i canoni della legalità e delle corrette procedure. E’ possibile che alcuni compagni siano diventati così?

Devo dire però che almeno il presidente della regione Mario Oliverio ha dimostrato su questa ultima vicenda di schierarsi apertamente in favore del progetto che portiamo avanti.

Però il PD…

Mamma mia, è un disastro. Ridicolo Renzi quando parlava dell’operazione Mare Nostrum. L’hanno azzerata e hanno fatto una nuova operazione in cui sono aumentati i morti in mare. Si è macchiato di gravi responsabilità. E ovviamente non solo su questo. Io non ho visto differenze fra Maroni e Renzi.

Questa avventura è iniziata dallo sbarco dei curdi, come pensi che questo si possa legare a quello che sta avvenendo oggi nel Kurdistan siriano dove c’è una grande lotta in atto. Pensi che il modello kurdo sia un modello valido anche per i nostri territori?

Secondo me è il modello che propone Abdullah Ocalan è il modello più vicino alle nostre idealità. La democrazia partecipata, il confederalismo democratico come modello di governo dei territori. Hanno messo a tacere la sua voce e oscurato la sua immagine. Ocalan propone la questione curda sotto la chiave di lettura delle ingerenze dell’America e dell’Occidente nei confronti di tutti quanti i popoli mondiali. Come loro attraverso un meccanismo di dominio riescano a produrre degli enormi sconvolgimenti in tutto il mondo. L’esperienza di Riace è legata al Partito dei Lavoratori curdi con un sistema di relazioni che non abbiamo perso, dalla Germania, a Roma, a Diyarbakir. Sappiamo che ci sono delle persone che sono militanti del PKK quI a Riace e abbiamo fatto la cittadinanza onoraria per Abdullah Ocalan.

Cosa vuol dire oggi provare a produrre un discorso antirazzista all’altezza dei tempi, in qualche modo essendo coscienti della guerra tra poveri che viene alimentata dall’alto?

Guarda io ti posso rispondere che il nostro contributo lo diamo ogni giorno da un punto di prospettiva molto interessante. Ormai a Riace vengono trasmessi dei messaggi di solidarietà e antirazzismo la popolazione riesce a capire che l’accoglienza non è una cosa sciocca che si fa per buonismo o perché si è dell’Azione Cattolica. Ed ecco che il modello Riace fa male perché cerca di ostacolare questa guerra tra poveri. Poi quando ad ostacolare il nostro modello sono dei sedicenti compagni per me questo fa ancora più male.

Oggi il sistema dello Sprar io lo vedo con molte criticità. La prima criticità e che si tiene poco conto della realtà territoriale tutte le decisioni vengono assunte a livello centrale. Anche le linee guida, queste famose linee guida (le norme dettate dal ministero degli interni per l’accoglienza negli SPRAR ndr), sono piccoli condizionamenti che impediscono un corretto funzionamento dell’accoglienza. Sono linee guida che parlano del periodo di permanenza nei centri, del numero, io invece sto cercando di ragionare al contrario e ho dimostrato che è possibile un modello di accoglienza incondizionata senza vincoli burocratici.

Adesso stiamo attivando un progetto per i ponti umanitari legata alla Chiesa Valdese alla Comunità di Sant’Egidio.

Mi piace questo progetto perché vengono persone direttamente, senza gli sbarchi, senza rischio che perdano la vita. Però all’interno di questo progetto il budget economico è meno della metà di quello dello dello Sprar quindi non conviene prendere questi migranti a nessuno. Riace se ne sta occupando perché non conviene, perché non c’è guadagno perché i soldi bastano a malapena per coprire le spese vive. Però bastano! Infatti a Febbraio partiamo!

Hai fatto riferimento ai primi sbarchi dei curdi quando non la legislazione italiana era legata alla Turco-Napolitano, anzi i primi sbarchi sono arrivati addirittura prima della Turco-Napolitano. Non c’erano i Cie, non c’erano i Cpt, non c’erano i progetti Sprar. La domanda è: quanto gli Sprar si sono modificati dagli interno quanto si sono burocratizzato quanto si è perso dell’accoglienza spontanea che c’era prima.

La maggior parte dei progetti si sono modificati, non c’è la militanza, non c’è l’ideale politico. Assolutamente no! Anche quei progetti che venivano dalle esperienze di movimento sono diventati così. Pensano solo ai soldi allo stipendio. Per questo, quando si producono le ispezioni all’interno dei progetti di accoglienza che sono legati di più a un ideale di sinistra sono più severe. Questi ideali a chi oramai si è istituzionalizzato danno fastidio.

Adesso Gestiscono gli Sprar come un’attività imprenditoriale, non hanno più finalità sociale o ideali politici. Ma questo a Riace non è mai successo.

Tornando a quello che avevi detto all’inizio, parlando del ciclo di lotte che c’è stato qui nella Locride negli anni 70-80, quella che viene definita “l’Emilia rossa di Calabria”, ci potresti raccontare un po’ più nel dettaglio questa esperienza?

Io ho vissuto quel periodo con il mio professore di religione, si chiamava Natale Bianchi. Lui era del Movimento Cristiani per il Socialismo, della teologia della liberazione. Ha fatto una battaglia contro la mafia, lui che era uno che veniva dal nord, diceva che la chiesa era dal popolo ed era sempre in prima linea con un’idea molto diretta della pastorale sociale.

f54ghdthgcPoi c’è Peppino Lavorato, avevano appena ucciso Peppe Valarioti, il segretario del Partito Comunista ucciso dalla ‘ndragheta, è morto tra le sue braccia. Tutto il movimento degli anarchici di Siderno e di Locri, ho vissuto tutto quanto quel processo e anche oggi mantengo questi ricordi, mantengo viva quell’ideologia. Anche se me la vivo in maniera molto paradossale, perché comunque sono parte del potere, sono legato alla carica di sindaco, ma sono anche legato a quel sogno. E ritengo che quella militanza mi è servita molto, è una forma di militanza che ha valorizzato la mia maturità come essere umano.

A me non interessano queste forme di potere: se tu vai al municipio di Riace non c’è la porta. All’inizio i cittadini dicevano: “ma che sta succedendo qui, è sempre aperto”. Ho lasciato senza chiavi la porta del sindaco. Una volta è venuto un cittadino, un professore di matematica molto fiscale, e mi ha fatto dei rimproveri. Gli ho risposto: siccome ritengo che non sia giusto quello che dici io esco fuori perché per me questo è l’ufficio del Popolo, non è il mio ufficio personale e quindi non ti caccio, me ne vado io. E me ne sono andato lasciandolo lì parlare da solo.

Anche il rapporto con la burocrazia, con gli impiegati del Comune, è molto complicato. Loro sono lì per lavorare non gliene frega niente degli ideali. È stato un lavoraccio però alla fine ci siamo riusciti abbiamo aperto una breccia di luce.

E la Repubblica rossa di Caulonia?

Io ho avuto una collaborazione con Ilario Mendolara che era l’ex sindaco di Caulonia e che ha scritto un libro su questa esperienza. Caulonia è stata sempre una comunità rivoluzionaria carica di questi fermenti. E la sua storia, la storia di Pasquale Cavallaro rimane incastonata in quel momento.

Ma oggi Caulonia è una brutta copia di quello che è stato. Come se quella storia non avesse lasciato niente. Anche rispetto al collettivo che c’erano a Caulonia (negli anni 60 e 70 c’erano i collettivi in molti paesini della Calabria) non rimane più nulla, pensa che alcuni di loro sono finiti in Forza Italia.

Questo è il terzo mandato che fai quindi alla fine c’è stato anche una conferma da parte degli abitanti di Riace?

Sì, ma io a questo non do molto peso, non è che tutte le persone che hanno votato per me sono militanti politici. Attenzione! Hanno votato per me perché funziona, perché gli conviene. Rispetto a quello che era prima: un paese senza vita, un paese abbandonato da Dio e dagli uomini. Non c’era la scuola, un posto dove il centro storico era distrutto, pieno di eternit, di amianto. Pieno di tutti quanti questi materiali che negli anni 60 e 70 l’hanno fatta da padrone. E soprattutto c’era un’opinione diffusa tra la gente che il centro dello sviluppo, secondo l’idea consumistica imperante, era Riace marina. Perché ci sono i supermercati, perché c’è la stazione, perché ci sono i negozi.

Noi ci siamo mossi verso tutt’altra direzione. Perché non avevamo intenzione di riportare il centro storico come punto di riferimento da dove passa l’anima delle comunità. Come punto di riferimento della vera Calabria, della vera accoglienza, dove non hai bisogno di costruire e soprattutto di consumare altro suolo, altra superficie edificabile. Il nostro messaggio era chiaro: dobbiamo recuperare questo contenitore vuoto, di case abbandonate e dargli una nuova anima.

Era un messaggio fortemente alternativo rispetto a quello che era stato Riace fino a quel momento.

Era un modello in netta opposizione rispetto allo sviluppo che si aveva alla marina di Riace dove tutti i vecchi amministratori si sono costruiti dalle ville con il consenso alla cittadinanza. Tutti erano convinti fino a quel momentoytrfg copy che andare al Comune significasse farsi i fatti propri e quelli della propria clientela. Però siamo riusciti a distruggerlo quel paradigma!

Oggi neanche il mio peggior avversario può recriminare intorno al mio operato, per questo ho fatto una discussione aperta perché non avevo nessun timore rispetto a quelle che potevano essere le critiche al mio operato.

Hai detto che la prima sfida elettorale è stato un disastro…

Nel 1995 abbiamo costruito questa lista che si chiamava “Riace Libera” non siamo riusciti nemmeno a prendere un consigliere di opposizione.

Tutti noi eravamo c’eravamo persi nel fare ragionamenti molto elaborati, come è tipico della sinistra italiana. Molti di noi dopo questa sconfitta pensavano che fosse la gente di Riace a non meritarci, come se noi avessimo la verità in tasca, invece di soffermarci sul perché le persone non ci avevano votato, non ci avevano capito.

Siamo ripartiti cercando di modificare la nostra forma di comunicazione. Abbiamo continuato l’azione politica tramite iniziative culturali, ricostruendo la storia dell’emigrazione riaccese, producendo spettacoli teatrali e sagre.

Nel 1998 c’è stata una svolta. Sono arrivati i curdi!

Al sindaco di allora sfuggiva la portata di questo processo, e che avrebbe cambiato anche gli equilibri politici all’interno del Comune di Riace.

Nel 98 arrivano in curdi, nel 99 facciamo una lista e portiamo 4 consiglieri di minoranza, eravamo consapevoli che andavamo a perdere però nello stesso tempo siamo riusciti a portare 4 persone al municipio. Da lì abbiamo iniziato con il progetto dell’accoglienza prendendo un vecchio palazzo che era di proprietà di una famiglia nobiliare napoletana e lo abbiamo trasformato in un centro di accoglienza per i curdi. E quindi abbiamo sviluppato questo programma legato a una nuova identità del centro storico. Nel 2001 nasce il programma nazionale asilo, allora io chiedo il sindaco di inserire Riace all’interno di questo programma. Il Sindaco non voleva darmi questa possibilità, il progetto che avevamo fatto di rivitalizzazione del borgo attraverso i flussi migratori non lo convinceva.

Diceva che a me questo tipo di situazione non mi conveniva politicamente, che non mi avrebbe pagato dal punto di vista elettorale. Cercava di convincermi di passare dalla sua parte, all’interno della tua lista.

Nel 2004 succede che al Comune vengono presentate 4 liste e una è di Alleanza Nazionale-Forza Italia, questa era l’organizzazione legata a un’idea più mafiosa dei rapporti sociali che c’erano a Riace. Il sindaco di centrosinistra temeva che la nostra eventuale partecipazione alle lezioni avrebbe consegnato il comune nelle mani di Alleanza Nazionale-Forza Italia.

Ci ripeteva di non fare questa stupidaggine e di ritirare la candidatura. Ma noi siamo andati avanti per la nostra strada.

Ci candidiamo con la lista che portava il nome “un’altra Riace è possibile” e riusciamo a prendere 30 voti di scarto sulla seconda lista. La soddisfazione più grande è stata quella lì di riuscire a vincere contro Alleanza Nazionale Forza Italia.

vvvvvvvvv copyChe difficoltà ci sono adesso con i tagli che si stanno facendo gli enti locali nell’amministrare un comune come Riace?

Ho capito un paio di cose con l’esperienza. La prima è che io non voglio amministrare come un sindaco perfetto. Se amministrassi come un sindaco perfetto non fare gli interessi della tua comunità ma quelli del governo.

La seconda è che non posso aumentare la pressione fiscale sui cittadini, non sarebbe comprensibile. Se io aumento la pressione fiscale qui mi ammazzano, ma non perché ho bisogno di tutelare i miei voti, ma perché deve passare un altro messaggio politico. Messaggio politico che non è soltanto il mio, di Domenico Lucano, ma di tutta una sinistra antirazzista e antagonista in Italia. Per questo, lo scuolabus non si paga, l’occupazione di suolo pubblico non si paga, la carta identità non si paga, l’Imu sulla prima casa non si paga, la mensa scolastica a costi bassissimi.

E adesso stiamo lavorando su un progetto per portare la tassa sull’acqua a zero e ci stiamo riuscendo. Non vogliamo fare pagare l’acqua a Riace. E non ci vuole molto.

Il rapporto che ha questo comune con la Sorical (società privata che in Calabria si gestisce l’acqua ndr) è stato sempre molto conflittuale, le analisi non vanno bene la lettura dei contatori non va bene, per questo motivo abbiamo deciso di cercare di portare l’acqua Riace in modo autonomo dalla Sorical scavando un pozzo.

Cosa pensi del fatto che nel 2016 Fortune ti ha inserito tra i 50 uomini più influenti del mondo?

A me non mi piacciono queste cose le reputo delle “americanate”. Loro pensano che mi facciano piacere, però non mi interessano. Una persona della estrema sinistra che ribadisce continuamente di essere di estrema sinistra finisce su quella classifica, è normale che provoca invidia. Ma la stima che voglio non è quella del Times, è la stima dei militanti Calabresi, dei militanti italiani, è questa la stima che cerco.

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