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Sport e dintorni – Guardare al calcio e ai suoi stadi in altro modo è possibile

Da qualche tempo a questa parte sembra quasi che la bellezza di uno stadio di calcio sia riducibile alla modernità delle sue strutture.

di Gioacchino Toni, da Carmilla

In realtà, scrive Vladimir Crescenzo, Il giro del mondo in 80 stadi. I campi da calcio più incredibili del pianeta (Meltemi 2023), la ricerca dell’ultra tecnologico si configura come uno nuovo strumento di entrate per i club che viene ad aggiungersi al business del marketing all’interno di un processo di ripensamento dell’“esperienza spettatore” in funzione consumista.

«La posta in gioco è in effetti alta per i club, impegnati a sedurre un nuovo pubblico e a spingere quelli che vedono a volte come “consumatori” a spendere sempre di più. A rischio di sostituire i tifosi con degli spettatori disposti a sborsare prezzi non di rado elevati per un posto, ma estasiati dalla possibilità di farsi recapitare un sandwich durante la partita senza doversi nemmeno alzare. Nonché di trasformare in un tempio del consumo quello che per certi versi potrebbe essere quasi definito un luogo di culto»1.

Il processo di trasformazione del tifoso in utente-consumatore tenuto a vivere l’esperienza dello stadio come si trovasse in un parco divertimenti a tema è ravvisabile già nella gentrificazione degli stadi inglesi che ha letteralmente espulso le classi popolari dagli spalti consegnandoli, come efficacemente descritto sin dai primi anni Settanta del secolo scorso da Ian Taylor2, alla classe media intenta a estende i propri modelli e il proprio immaginario all’intera società. All’interno di tale processo, scirve John Clarke, alla figura del tifoso “genuino”  riconducibile al proletario tradizionale che viveva nell’attesa della partita settimanale «con le sue fortune inestricabilmente legate alle sorti della squadra, partecipante attivo del gioco», si è sostituita quella del «consumatore razionale e selettivo dei servizi di intrattenimento, che commenta dal suo comodo posto in tribuna. Questa antinomia trova la sua ipotesi esplicativa nelle figure del “Fan” da un lato e dello “Spettatore” dall’altro»3.

Tale processo di sostituzione del tifoso con l’utente-consumatore è inoltre ravvisabile, secondo Vladimir Crescenzo, nella trasformazione degli impianti dei club più blasonati in attrazione per turisti e nell’ossessione degli impianti più moderni di “offrire” agli spettatori efficaci collegamenti Wi-Fi, quasi fosse più importante connettersi via smartphone all’interno di uno stadio che non godere della partita e dell’atmosfera che dovrebbe contraddistinguerlo. D’altra parte molti spettatori passano l’intera partita a riprendere col cellulare il campo mantenendo un occhio ai megascreen sperando di essere inquadrati. Un protagonismo allo stadio che tende sempre più a indirizzarsi sugli schermi in un processo di derealizzazione dell’evento e dei suoi protagonisti in una sorta di videogame.

Quanto tale tendenza finalizzata a trasformare i tifosi in utenti sia subita, digerita o condivisa dagli appassionati è difficile dirlo. Di certo si è preferito sorvolare sulle contrarietà all’indirizzo intrapreso dal calcio espresse dalle tifoserie organizzate costrette a loro volta a fare i conti con una crisi di identità derivata in buona parte proprio dalle trasformazioni in atto nel mondo pallonaro.

Nel voler dunque raccogliere in un volume ottanta stadi e campi da gioco fra i più belli e insoliti del pianeta, Crescenzo ha preferito guardare all’estetica degli impianti prendendo in considerazione gli ambienti in cui sono inseriti: che si tratti di montagne innevate, foreste, spazi deserti o città densamente popolate, a interessarlo è l’armonia tra un campo e lo scenario naturale e umano che lo circonda.

Tra gli impianti più suggestivi trattati nel volume si segnalano: lo Stadio di Leh, in India, nel cosi detto “deserto freddo” a 3.500 metri di altezza; i campi galleggianti The Float a Marina Bay (Singapore) e Koh Panyee (Thailandia); il Qeqertarsuaq Stadion e l’Uummannaq Stadion tra i ghiacci della Groenlandia; il suggestivo Estadio Saturnino Moure a Buenos Aires, letteralmente circondato dal fiume Riachuelo; i cileni Estadio San Carlos de Apoquindo si Las Condes e Estadio Sausalito di Viña del Mar; il campo tracciato sulla terra in una township del nord-ovest di Windhoek in Namibia; l’austriaca Saalfelden Arena dialogante con le montagne; lo Sportplatz Heligoland nell’omonimo arcipelago; l’irlandese Glentornan Park di Dunlewey; il Victoria Stadium con il monte Errigal sullo sfondo a Gibilterra; il campo Á Mølini di Eiði nelle isole Faroe; i norvegesi Alfheim Stadion a Tromsø e Henningsvær Stadion nelle Isole Lofoten; il portoghese Estádio Municipal de Braga integrato al paesaggio circostante; il moscovita Meshchersky Park, letteralmente affogato nella foresta; lo Stadio Hienghène incastonato tra la baia e le montagne in Nuova Caledonia.

Senza negare che al fascino di un impianto possa contribuire un’architettura avveniristica, l’autore, avvalendosi del contributo di numerosi fotografi, ha inteso «dimostrare che l’anima e la singolarità di uno stadio, tanto nel calcio professionale che amatoriale, sono commisurate a ciò che vi si racconta, alla storia che vi si inscrive. E di ciò che ci svela della cultura locale, non solo calcistica. Ecco perché le storie a margine delle pagine sono scritte minuziosamente, per onorare le foto che le illustrano. Un sapiente equilibrio fra immagini pittoresche e cultura calcistica, con lo scopo di ricondurre a ciò che costituisce l’essenza stessa di questo sport universale»4.

Quello proposto da Vladimir Crescenzo è insomma un viaggio tra i campi e gli stadi di calcio del pianeta osservati con uno sguardo diverso da quello che tendenzialmente viene imposto agli appassionati di calcio che si vogliono sempre più utenti-consumatori. Un viaggio corredato da fotografie di grande effetto e da testimonianze geopolitiche, sociali e culturali volte a mettere in luce la storia e la cultura di club non per forza di cose di primo piano. Se un altro calcio è possibile, di certo lo è anche il modo con cui si può guardare ai suoi impianti.


  1. Vladimir Crescenzo, Il giro del mondo in 80 stadi. I campi da calcio più incredibili del pianeta, Meltemi, Milano 2023, pp. 10-11. 
  2. Cfr. Ian Taylor, “Football Mad”. A Speculative Sociology of Soccer Hooliganism, in Eric Dunning (ed.), The Sociology of Sport, Cass, London 1971. 
  3. John Clarke, Football hooliganism. Calcio e violenza operaia, DeriveApprodi, Roma 2019, p. 48. [su Carmilla]
  4. Vladimir Crescenzo, Il giro del mondo in 80 stadi., op. cit., p. 11. 

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