Depredarono dei profughi durante un soccorso in mare: otto marò a giudizio
I fatti risalgono alla notte tra il 25 e il 26 ottobre di due anni fa quando un centinaio di immigrati siriani, alla deriva in acque internazionali, furono imbarcati dalla nave “Chimera”, che aveva a bordo gli uomini in servizio alla brigata San Marco, a circa 45 miglia da Lampedusa. I migranti, appena giunti in Sicilia, raccontarono alla polizia giudiziaria di essere stati derubati di soldi e beni personali durante i controlli da parte del nucleo di marò imbarcato sulla nave.
Secondo le ricostruzioni investigative, i marò riponevano denaro e piccolli oggetti preziosi i buste prive di dati identificativi, e avrebbero obbligato i migranti perquisiti a distogliere lo sguardo da queste operazioni, e a restare invece inginocchiati rivolti al mare. Il pm e gli investigatori hanno raccolto le testimonianze di numerosi migranti recuperati dal Chimera, compresi donne e bambini.
Qualcuno ha riferito di aver visto alcuni militari, che non ha saputo indicare perchè in quel momento indossavano le mascherine sanitarie, mentre con un coltello tagliavano i sacchetti ntascando poi il contenuto.
In particolare, sempre secondo le accuse, Metrangolo si sarebbe fatto consegnare dai migranti soldi, 34.850 euro e 26.354 dollari Usa calcolano gli inquirenti, e oggetti preziosi incluso un anello nuziale, disattendendo gli ordini e le disposizioni operative secondo le quali si il sergente si sarebbe dovuto limitare a ritirare soltanto eventuali armi e materiale pericoloso.
I profughi chiesero la restituzione delle loro cose e presentarono poi una denuncia alla Procura di Agrigento, che avviò le indagini. Poi ospitati in un centro di accoglienza di Geraci Siculo (Palermo), i profughi,su richiesta del sindaco, Bartolo Vienna, sono stati assistiti gratuitamente dall’avvocato Guido Bellanca. La prima udienza del processo è stata fissata per il prossimo 29 settembre.
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