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Per Anàs, morto in mare e per tutte le altre vittime dei confini

Lo scorso 9 agosto la comunità lametina si è stretta attorno alla piccola bara bianca contenente i resti di Anàs, bimbo di sei anni annegato in un naufragio e ritrovato nel nostro mare.

da Addùnati

Anàs si trovava a bordo di una barcone insieme ad altre 17 persone, tra le quali il padre, partito dalla Tunisia e diretto in Italia, naufragato tra il 5 e il 6 febbraio.
I resti di Anàs erano stati ritrovati da un pescatore il 14 aprile scorso nei pressi della zona industriale di Lamezia.

Avviate le indagini, grazie all’intervento dell’associazione Mem. Med. – Memoria Mediterranea, è stato possibile ricostruire la storia di questa ennesima tragedia del mare e dare un nome a quei resti. Da qui la procedura per il rimpatrio e il ritorno di Anàs dalla sua famiglia.
Lo scorso 9 agosto abbiamo partecipato, commossi e con rispettoso silenzio, alla cerimonia di saluto al piccolo Anàs, organizzata dalla comunità musulmana e da alcune realtà sociali cittadine, con la partecipazione di tutte le cariche istituzionali, per l’occasione in prima fila.
Ma a distanza di tempo riteniamo doveroso fare una riflessione.

Anàs è solo una delle oltre 30.000 persone morte negli ultimi 10 anni nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste italiane ed europee, vittime di una sistema di controllo delle frontiere che obbliga centinaia di migliaia di persone a rischiare la vita per fuggire da guerre e povertà.
Il naufragio che ha portato alla morte di Anàs non è dunque una tragedia casuale, ma è l’ennesima strage provocata dal razzismo istituzionale italiano, che si concretizza – a prescindere dal colore politico dei governi – in politiche securitarie e repressive che causano morti in mare, nei ghetti, o condannano centinaia di migliaia di persone alla clandestinità e, di conseguenza, allo sfruttamento e al degrado.

E allora così come è stato doveroso sforzarsi per ridare un nome a quei resti, occorre fare in modo che tragedie come queste non si ripetano più attraverso un cambio di rotta radicale nelle politiche migratorie e nella gestione dell’accoglienza, partendo dall’abolizione dei decreti sicurezza, dalla chiusura dei cpr, dallo snellimento delle procedure per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno, dal superamento dei centri di accoglienza e di tutti i ghetti nelle città e nelle campagne.

Collettivo Addùnati

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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