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Inizia il processo per lo stupro dei SanFermines – Hermana, yo sì te creo!

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Prende le mosse in Spagna il processo contro i cinque stupratori appartenenti al gruppo dei SanFermines, accusati di violenze sessuali nei confronti di una ragazza nel luglio del 2016.

I fatti avvengono durante i famosi encierros di Pamplona, ovvero i trasferimenti dei tori dai recinti alle arene dove si svolgerà la corrida. Giornate di folklore popolare di massa, che si rivelano un incubo per una ragazza appena 18enne. Questa, dopo aver perso l’amico con il quale doveva pernottare, viene condotta forzatamente da cinque uomini oltre un portone e violentata ripetutamente.

La scena viene filmata dai cinque uomini, che rubano anche il telefono alla ragazza e poi scompaiono nel nulla, mentre la ragazza viene soccorsa da una coppia e portata in ospedale. Jose Angel Prenda, Alfonso Jesus Cabezuelo, Jesus Escudero, Angel Boza, Antonio Manuel Guerrero: questi i nomi dei cinque porci, che hanno avuto la faccia tosta di chiedere alla corte incaricata del processo di tutelare la loro vita privata e di non diffondere i propri nomi.

Una volta arrestati, si scopre che dei cinque uomini uno è appartenente alla Guardia Civil e uno è un militare. Entrambi fanno parte di un gruppo di circa venti persone conosciuto come La Manada (“il branco”) che lo stupro l’aveva programmato e messo in atto da giorni, come se fosse una goliardata di cui vantarsi con gli amici.

Da quel momento il caso diventa di opinione pubblica, e partono contestualmente i depistaggi istituzionali, destinati a trasformare la vittima in colpevole, il suo dolore in vergogna e silenzio. Le foto della violenza, che i cinque avevano condiviso in un gruppo Whatsapp, non vengono considerate prove. Intanto, viene accettata una relazione di un detective privato che punta a ridurre l’accaduto sulla base del fatto che la ragazza non ha subito particolari complicazioni nella sua vita successiva. Usciva, rideva, scherzava come se non fosse successo nulla. Una seconda violenza subita dalla ragazza, attaccata per non essere stata abbastanza sconvolta dai fatti.

In tutta la Spagna però oggi, data di inizio del dibattimento in aula, presidi e mobilitazioni al fianco della ragazza sono stati convocati al grido di “Hermana, yo sì te creo!”, contro una giustizia che nella cattolicissima Spagna ancora riproduce, come come istituzioni e media, una violenza di genere istituzionale e strutturale che diviene complice delle violenze e dei femminicidi. Il più importante dei concentramenti sarà a Madrid alle 18 davanti al Ministero di Giustizia.

Mentre infuriano a livello globale le polemiche sul rapporto tra potere e violenza di genere, con denunce a ripetizioni che stanno facendo emergere la capillarità della violenza sui corpi nella nostra società, non possiamo fare altro che urlare a gran voce “Hermana, yo sì te creo!” a tutte le vittime di violenza che subiscono l’ulteriore affronto della vergogna e della stigmatizzazione per essere uscite dalla paura e dal silenzio!

 

 

 

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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