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Torino, la mobilitazione contro gli antiabortisti continua: presidio al consiglio regionale

In queste settimane a Torino sono migliaia le persone che si mobilitano per chiedere la chiusura immediata della cosiddetta “stanza dell’ascolto”, assegnata dalla direzione sanitaria del Sant’Anna e della Città della Salute di Torino al Movimento per la Vita Piemonte – una rete di associazioni antiabortiste che nel suo statuto vuole abrogare la legge 194.

da Non Una Di Meno Torino

La stanza opererà tramite figure volontarie non professioniste formate dal Movimento stesso intercettando chi ha avviato una procedura di Interruzione Volontaria di Gravidanza. In seguito alla loro assenza di risposte e presa di responsabilità, il 28 settembre i dirigenti Giovanni La Valle e Umberto Fiandra ci hanno invitate a rivolgerci al Consiglio Regionale per avere risposte più chiare. Chiediamo dunque, insieme a tutte le persone che hanno animato le piazze torinesi per il diritto all’aborto: 

    – la votazione della chiusura immediata della stanza dell’ascolto nell’Ospedale S.Anna

    – di mettere in pratica la legge regionale mai applicata sulla contraccezione gratuita

    – di aumentare l’organico sanitario e socio-assistenziale nei presidi sanitari e migliorare le loro condizioni di lavoro 

    – di aumentare il numero di consultori che per legge dovrebbero essere 1 ogni 20.000 abitanti, mentre nella città di Torino ne sono presenti solo 12 a fronte di 48 necessari

    – di garantire all’interno dei presidi sanitari pubblici la presenza di mediatori culturali

    -di garantire l’accesso all’aborto indipendentemente dallo stato di cittadinanza e dai documenti

    – di dare piena applicazione alle linee guida del Ministero della Salute e dell’OMS in materia di accesso all’aborto farmacologico in consultori e ambulatori

Sabato 12 ottobre abbiamo protestato contro lo svolgimento di un convegno antiabortista nel cui programma si prevedevano interventi dal titolo “Quale percorso per superare la Legge 194” e “La Gloria di Dio è l’uomo vivente”. Erano chiamate ad intervenire figure istituzionali, tra cui l’assessore alle politiche sociali Maurizio Marrone. Riteniamo inaccettabile e pericoloso che chi ricopre una carica istituzionale e decide delle nostre politiche pubbliche si presti come relatore in questo contesto con un intervento dal titolo “Tutela della vita nascente nella politica”. In questi anni abbiamo visto cosa intende l’assessore con “tutela della vita nascente”: oltre 2 milioni di euro dirottati dal welfare e regalati ad associazioni antiabortiste, stanze a loro dedicate all’interno degli ospedali pubblici, proposte di legge contro un’educazione sessuo-affettiva nelle scuole.

Molto spazio è stato dato nei giorni scorsi dai media alle opinioni della ministra Eugenia Maria Roccella e a quelle di politici di destra antiabortisti. E si è dato più peso alle scritte sui muri che ai contenuti che da mesi avanziamo. Fin dall’autunno 2020, migliaia di persone in dissenso sono scese in piazza contro la scelta della Regione Piemonte di non applicare le linee guida sull’IVG del Ministero della Salute e contro il Fondo Vita Nascente, una misura mai votata in consiglio regionale se non nel voto di bilancio, che regala milioni di euro alle associazioni antiscelta. 

Siamo accusate di essere antidemocratiche. Antidemocratici sono invece a nostro avviso i rappresentanti di uno stato laico che legittimano chi vuole anacronisticamente negare la possibilità di interrompere una gravidanza o di intraprendere percorsi di affermazione di genere. Antidemocratico è non garantire un accesso informato e consapevole all’aborto e consentire la presenza di stutture con il 100% di personale obiettore. Antidemocratico è chi parla di difesa della maternità senza finanziare asili nido, congedi parentali e consultori. Chi in linea con questo governo reprime e criminalizza ogni forma di dissenso, come il recente DDL 1660 che, a proposito di maternità, introduce la possibilità di recludere in carcere donne incinte e con bambine e bambini fino ad 1 anno di età. 

Torniamo a ribadire che l’unica violenza qui è quella di chi costringe le nostre vite ad avere meno diritti. Meno diritti a 360 gradi, non solo per un aborto libero, sicuro e gratuito, senza il rischio di incontrare volontari non adeguatamente formati di associazioni antiabortiste, ma anche per una genitorialità consapevole e supportata da misure laiche e competenti, e un welfare pubblico.

Rifiutiamo la retorica promossa in questi mesi che vede in contrapposizione chi desidera abortire liberamente e chi desidera essere genitore. Non c’è una diversità di intenti tra chi lotta per un aborto libero e chi per asili pubblici e case accessibili: siamo insieme a denunciare la violenza strutturale che viviamo ogni giorno in base al nostro genere e alla nostra classe sociale. Siamo insieme nel denunciare che non è la carità cristiana a dover essere finanziata dalla Regione Piemonte con le nostre tasse né a dover sopperire alla mancanza di servizi pubblici.

Riteniamo vergognoso che, ancora una volta, chi ha il potere di diffondere la propria propaganda sui giornali, in tv e ora perfino in consultori e ospedali, criminalizzi le pratiche di dissenso appellandosi alla violenza privata. Non sopportiamo più di essere silenziate da risposte propagandistiche e banali. Continueremo a mobilitarci perché non stiamo ricevendo risposte nel merito dei nostri diritti negati. Se le mancette agli antiabortisti sono l’unica risposta della Regione alle istanze espresse da anni continueremo a farlo. Infine, per rispondere alla Ministra Eugenia Maria Roccella: è vero, la legge 194 la vogliamo cambiare noi, per adeguarla alle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e  ai nostri nuovi desideri e bisogni riproduttivi.

CHI SI RICORDA DEL GRANDE CAPO?

È notizia di qualche giorno che l’integerrimo capo d’azienda ospedaliera Città della Salute e della Scienza Giovanni La Valle è indagato, insieme ad altre 24 persone, per falso in bilancio. Noi lo abbiamo incontrato il 28 settembre dentro l’ospedale S.Anna occupato per metterlo davanti alle sue responsabilità sull’apertura della Stanza dell’Ascolto.

Ma come grande capo? Cosa ci combina?

Qui si può accedere al link per la raccolta firme che chiede la chiusura immediata della Stanza dell’Ascolto all’Ospedale Sant’Anna

Di seguito troverai delle informazioni riguardo a questa operazione anti-scelta che rappresenta un ennesimo ostacolo all’accesso all’aborto in regione Piemonte. Troverai anche la lettera che, una volta sottoscritta da tutte le persone che si ritrovano in queste parole, rivolgeremo all’attenzione del consiglio regionale e di organizzazioni dell’ambito sanitario territoriali, nazionali e internazionali. Questa lettera rappresenta una delle tante strategie che stiamo mettendo in campo per far capire a politici e direttori/direttrici* che su questa stanza devono esprimersi e fare dei passi indietro. Questo è importante per evitare che in generale vengano concessi spazi agli antiabortisti e alla loro violenza psicologica, per lottare contro l’uso improprio dei fondi pubblici nella sanità, per costruire molto di più della legge 194, per difendere il nostro diritto all’aborto, alla salute e all’informazione.

Cos’è la stanza d’ascolto?

La stanza è stata assegnata dalla direzione sanitaria del Sant’Anna e della Città della Salute di Torino al Movimento per la Vita Piemonte – associazione antiabortista che opera attraverso i centri di aiuto alla vita che si trovano su tutto il territorio. La stanza opererà tramite figure volontarie non professioniste formate dal Movimento stesso rivolgendosi (tramite materiale informativo e numero verde) a chi ha avviato una procedura di Interruzione Volontaria di Gravidanza. 

Qual è l’obbiettivo della stanza d’ascolto?

Parlare con donne e persone gestanti che attraversano l’ospedale per interrompere volontariamente una gravidanza e dissuaderle dal farlo, fornendo loro informazioni parziali (quando non antiscientifiche e fallaci) sull’aborto, promettendo loro un sostegno economico o materiale. Questo supporto, di poche centinaia di euro e stanziato su base discrezionale, avviene attraverso l’uso dei fondi pubblici del Fondo Vita Nascente: ad oggi 2 milioni e 280, stanziati dalla Regione Piemonte con un bando vinto quasi esclusivamente da associazioni dichiaratamente antiabortiste. Oltre ad agire nell’ospedale, queste associazioni operano già sul territorio presso i Centri di Aiuto alla Vita.

E il personale sanitario all’interno del Sant’ Anna?

Ha avuto un parziale o quasi nullo accesso alle informazioni in merito alla stanza, e su come le persone volontarie interagiranno con loro all’interno dell’ospedale.

Alcun* ritengono che l’assegnazione della stanza non è rispettosa della dignità del loro lavoro e in particolare della loro qualifica sanitaria e legittimità ad operare in un presidio sanitario pubblico. Questo tipo di intervento pone poi diverse questioni relative alle scelte della giunta regionale di fronte alla carenza organica di personale sanitario e tagli a servizi e spazi di accoglienza.

Cosa si nasconde dietro questa concessione dell’accompagnamento alla maternità?

La presenza della stanza all’interno dell’ospedale ginecologico pubblico più noto di Torino è puramente una manovra politica: risponde a un gioco di propaganda delle destre e di gruppi di interesse di matrice cattolica che vogliono operare dei grossi passi indietro rispetto alla nostra libertà di scelta e ai diritti acquisiti. L’intervento del Movimento per la vita nel contesto sanitario si inserisce poi nel vuoto creato dalla crisi della sanità pubblica, la sua crescente privatizzazione, e il sottofinanziamento dei servizi di welfare. Dove si potrebbero stanziare infatti i fondi tramite cui agiscono gli antiabortisti, anche in questa stanza? Ad esempio:

– per un servizio di accompagnamento all’IVG laico e specializzato

– per sostenere la genitorialità finanziando congedi parentali, asili nido e servizi di welfare

– per ripristinare la salute di prossimità, i consultori ed ampliare i servizi offerti al loro interno, in particolare in materia di salute sessuale e riproduttiva, e di mediazione culturale

Partecipa e diffondi la raccolta firma! Questa lotta la portiamo avanti insieme. A presto! Non una di meno Torino.

Lettera che invieremo con la raccolta firme alle organizzazioni medico-sanitarie

Torino, 15 ottobre 2024

Ai dirigenti e responsabili dei presidi sanitari pubblici torinesi, ai comitati etici, agli enti di monitoraggio e di garanzia della sicurezza dei pazienti, alle organizzazioni medico-sanitarie locali, nazionali e internazionali che collaborano con l’ospedale Sant’Anna di Torino,

sono mesi che nella città di Torino migliaia di persone si stanno mobilitando per denunciare la stanza concessa all’operato di associazioni antiabortiste all’interno dell’ospedale S. Anna. Il 28 settembre è stato occupato l’ospedale (per la prima volta dal 1978) per far capire il portato di questo diffuso malcontento. La dirigenza, nelle figure dei dottori Giovanni La Valle e Umberto Fiandra, si è mostrata inammovibile di fronte alle richieste popolari e ha preferito confermare la presunta leggitimità di questo spazio antiscelta all’interno del presidio sanitario. Abbiamo richiamato i dirigenti al piano etico del loro lavoro chiarendo che questa operazione lede la possibilità di un accesso sicuro, gratuito e garantito all’aborto e quindi alla possibilità di vedere garantita a 360 gradi una prestazione medica essenziale. Hanno demandato le loro responsabilità alla giunta regionale obbligandoci a continuare questo percorso di pubblica denuncia della stanza.

Continueremo a mobilitarci e a chiedere la chiusura immediata di questa stanza a tutti i livelli perché crediamo che questa concessione sia pericolosa e leda: alla dignità e alla sicurezza delle donne e persone gestanti che desiderano interrompere una gravidanza, pazienti del S Anna; alla dignità e la professionalità di lavoratrici* e lavoratori dell’ospedale S.Anna; alla serietà dei servizi sanitari, socio-assistenziali e di accompagnamento all’IVG laici e specializzati che dovrebbero essere offerti. 

Alleghiamo le firme di tutte le persone che vogliono far sentire la loro voce contro questa stanza chiedendo anche ai vostri enti di tenerne conto e muovervi conseguentemente per richiedere insieme che venga cancellata immediatamente questa concessione.

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