
Guerra e lavoro: interviste ai lavoratori dell’aereospace
Pubblichiamo due interviste raccolte all’esterno di due delle maggiori aziende del settore strategico dell’aereospace, dove i lavoratori metalmeccanici si sono raggruppati in presidio per il rinnovo del CCNL durante la giornata di sciopero del 15 Febbraio, questa mobilitazione sta vedendo coinvolti migliaia di lavoratori e lavoratrici che in più occasioni quest’anno sono scesi in piazza e hanno scioperato arrivando a toccare picchi del 90% di adesione in alcuni settori.
La chiusura alla trattativa da parte di federmeccanica prosegue e per questo venerdì sono previste 8 ore di sciopero con varie iniziative territoriali.
Non a caso scegliamo di pubblicare questi contributi proprio in questi giorni in cui si parla sempre più insistentemente di riarmo e di riconversione dell’automotive alla produzione di materiali bellici.
Proprio ieri il commissario Ue alla Difesa Andrius Kubilius ha lodato il lavoro di Leonardo come “più forte potenza UE nella difesa” sostenendo poi il piano di ReArm come occasione per la creazione nuovi posti di lavoro.
Crediamo che sia importante interrogarsi su ciò che sta accadendo in questo mondo, su come la guerra stia trasformando e continuerà a trasformare i tessuti produttivi dei nostri territori, come saranno riorganizzate le nostre metropoli e come queste contraddizioni vengano percepite dai lavoratori.
Questa raccolta di materiale non darà sicuramente risposte o certezze su come navigare in questa tempesta ma speriamo possa servirci da bussola per orientare lo sguardo verso possibili contraddizioni da attraversare.
Qui sotto riportiamo il contributo di un lavoratore del sito divisione velivoli della Leonardo dove si procede al fattivo assemblaggio dei pezzi da parte degli operai:
Lavori per Leonardo, giusto? Puoi spiegarci il motivo della vostra presenza qui oggi?
Oggi stiamo partecipando a uno sciopero indetto per il contratto nazionale dei metalmeccanici. Abbiamo deciso di fare quattro ore di sciopero. Leonardo ha un ruolo importante all’interno di Federmeccanica, l’associazione di industriali, e per questo motivo un’iniziativa qui ha un impatto maggiore rispetto a una piccola fabbrica. Siamo in una situazione privilegiata, soprattutto in tempi di guerra. La nostra azienda ha commesse importanti, ci sono assunzioni in corso, e quindi, da un certo punto di vista, siamo in una posizione favorevole. Però questa posizione ci permette anche di influire su un mondo imprenditoriale più ampio.
Leonardo, con i suoi 33.000 dipendenti in tutta Italia, ha una grande influenza. Qui, nello stabilimento di Venegono, siamo circa 1.600 persone. Le altre sedi, come Torino, Tessera, Pomigliano, e altre ancora, fanno parte di un grande insieme. Ogni volta che ci sono riunioni sindacali, è fondamentale che l’iniziativa prenda piede qui, per avere un impatto positivo anche sulle realtà meno fortunate. In passato, il mondo dei metalmeccanici era dominato dalla Fiat, ma ora che la Fiat non fa più parte del contratto nazionale, siamo rimasti uno dei gruppi industriali più grandi e pesanti.
Cosa si produce esattamente in questo stabilimento?
Qui produciamo una vasta gamma di veivoli, sia civili che militari, come l’Eurofighter, il C27J, e il Falcon.
Come vivono i lavoratori la contraddizione della guerra, considerando che qui si producono anche aerei militari?
È una domanda complessa. Dal punto di vista umano, è difficile. Alla fine, però, ciascuno tende a guardare alle proprie esigenze e alla propria situazione. Qui, grazie anche a una contrattazione interna, gli operai guadagnano abbastanza bene, con una maggiorazione del 20% sui turni. Il nostro stipendio si aggira sui 1900-2000 euro al mese, quindi non possiamo dire che siamo in difficoltà economiche. Questo significa che la contraddizione tra lavorare per un’industria militare e il nostro benessere personale non è molto sentita, almeno nella quotidianità. È vero che tutti vorremmo lavorare in un settore che produca cose più pacifiche, come ferri da stiro invece di aerei da guerra, ma alla fine si fa un ragionamento egoistico, pensando alla famiglia e alla propria sicurezza economica. È un tema complesso, perché la coscienza di classe non è la stessa per tutti. Alcuni operai sono più individualisti, altri più impegnati dal punto di vista sociale e politico.
Quindi, la maggior parte dei lavoratori è concentrata sul guadagnarsi da vivere piuttosto che riflettere sulla natura del proprio lavoro?
Esattamente. Ci sono anche riflessioni sindacali che cerchiamo di portare avanti nelle assemblee, ma alla fine molti sono focalizzati sul proprio benessere immediato. A livello culturale possiamo fare molto, ma individualmente le persone poi si comportano in modo diverso, in base alla propria situazione personale. Non posso dirti esattamente quante persone abbiano una coscienza pacifista, ma sicuramente non siamo un gruppo di militari.
Questo pone una questione più ampia. Il nostro paese ha un problema industriale, soprattutto con l’industria legata alla difesa che viene considerata strategica. Ci sono investimenti, programmi, ma molte altre aree industriali sono in crisi. Per esempio, molti lavoratori, come quelli di Mirafiori, guadagnano meno di quanto necessario per vivere dignitosamente. Cosa ne pensi?
Hai ragione. In Italia c’è una grande difficoltà nel mondo del lavoro. Nonostante l’industria legata alla difesa riceva investimenti, il resto dell’industria è in una situazione drammatica. Molti lavoratori sono in cassa integrazione, come gli operai di Mirafiori, e guadagnano solo 1000-1200 euro al mese, che è sotto la soglia di povertà. Questo significa che anche lavorando, molti vivono in povertà. Anche qui dentro, oltre ai lavoratori diretti di Leonardo, c’è una grande parte di lavoratori indiretti, che provengono da subappalti. Abbiamo visto di tutto: lavoratori con contratti di commercio, partite IVA, contratti edili… Spesso questi lavoratori si trovano in condizioni di sfruttamento molto alte, anche all’interno di Leonardo. Non posso darti una cifra precisa, ma sono tanti. Se qui ci sono 2.000 dipendenti, probabilmente oltre 500 lavorano per aziende esterne, senza i diritti dei metalmeccanici.
Quindi Leonardo influenza anche il cambiamento in atto sul contratto nazionale dei metalmeccanici?
Assolutamente. Leonardo, che è parte di Federmeccanica, ha un’influenza molto forte. Un tempo, la Fiat era la più grande azienda dentro il contratto nazionale, ma ora non è più così. Oggi Leonardo è il gruppo industriale più grande in Italia. Questo è importante, perché Leonardo non è solo aerospaziale; è un agglomerato che unisce elettronica, velivoli, aerostrutture, cyber security. È un mondo enorme. Leonardo ha sedi in tutte le regioni d’Italia, quindi ogni coordinamento nazionale coinvolge una varietà di realtà. La sua forza oggi è maggiore, ed è fondamentale che il sindacato continui a lavorare per tutelare i diritti di tutti i lavoratori, anche quelli indiretti.
Abbiamo intervistato i lavoratori di Alenia Space nel giorno dello sciopero dei metalmeccanici

Nello stesso giorno abbiamo incontrato anche alcuni lavoratori, tecnici informatici e ricercatori di Alenia Space:
Siete i lavoratori di Alenia Space?
Sì, oggi siamo in sciopero per il contratto nazionale dei metalmeccanici. Federmeccanica ha fatto saltare le trattative, rifiutando tutte le proposte che avevamo presentato, che non erano per nulla strampalate, ma anzi, molto concrete. Chiediamo principalmente di recuperare un po’ dell’inflazione che abbiamo perso negli ultimi anni, senza dimenticare l’inflazione arretrata. Inoltre, proponiamo una riduzione dell’orario di lavoro, iniziando una sperimentazione in tal senso. Con lo sviluppo tecnologico, l’intelligenza artificiale e la crisi del settore automobilistico che ha portato a molti licenziamenti, il concetto è semplice: lavorare tutti, ma lavorare meno.
Cosa si produce in questo stabilimento?
Qui produciamo sistemi spaziali, satelliti scientifici, e tutti i moduli per le stazioni spaziali, come quella terrestre, ma anche quelle lunari. Abbiamo già iniziato la produzione di moduli che saranno inviati attorno alla Luna nei prossimi anni.
Producete anche per il settore militare?
No, macchinari propriamente militari non li produciamo. Tuttavia, molte delle tecnologie che sviluppiamo sono duali. Per esempio, produciamo i satelliti Galileo, che sono utilizzati per il GPS europeo. Questi satelliti sono duali: li utilizziamo per navigare, ma servono anche per guidare le bombe intelligenti. Lo stesso vale per i satelliti di telecomunicazione e quelli di osservazione, che vengono usati per applicazioni civili come l’agricoltura o per monitorare le inondazioni. Ma sono anche utilizzati dai militari per scopi di sorveglianza, come ad esempio per monitorare i movimenti delle truppe.
Come vivono i lavoratori questa contraddizione?
Siamo metalmeccanici che lavorano per il salario. Sappiamo bene che viviamo in una società piena di contraddizioni, dove le nazioni e le potenze si scontrano anche attraverso la forza militare. Stiamo vedendo in queste settimane le guerre in Medio Oriente, la guerra in Ucraina, e così via. I lavoratori vengono mandati a combattere da una parte e dall’altra, per difendere gli interessi delle proprie borghesie.
Com’è stata l’adesione allo sciopero oggi?
Non possiamo dirlo con certezza, perché avremo una visione chiara solo nei prossimi giorni. Sicuramente c’è stata una maggiore adesione rispetto all’ultima volta, ma per sapere quanto effettivamente l’iniziativa abbia avuto successo, dobbiamo aspettare.
Avete già pensato a delle prossime mosse?
Le prossime mosse dipendono molto da come andrà questo sciopero. È stato indetto per il contratto dei metalmeccanici, con l’obiettivo di costringere Federmeccanica a sedersi di nuovo al tavolo delle trattative. Finora, purtroppo, hanno rifiutato ogni nostra proposta, e la controproposta che ci hanno presentato è assolutamente inaccettabile, perché ci farebbe fare dei passi indietro. Se lo sciopero avrà successo, riprenderemo la trattativa. Se invece non dovesse andare come speriamo, allora dovremo organizzare altre forme di protesta.
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