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Il compagno Bruno Valli, la rapina di Argelato

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5 dicembre 1974, pochi minuti prima di mezzogiorno. Qualche solerte cittadino ha avvertito la stazione dei carabinieri di Castel d’Argile che un “furgone sospetto” staziona nei pressi della località Argelato. Il brigadiere Andrea Lombardini si precipita sul posto, nonostante sia il suo giorno di riposo. Si avvicina al fiat 238 e chiede i documenti ai tre giovani seduti all’interno. La risposta risuona chiara nella bassa bolognese: una breve raffica parte dallo sten di uno dei ragazzi e uccide il carabiniere.

Il commilitone di Lombradini sceso dall’auto comincia anch’egli a sparare, ma dopo aver forato una gomma al furgone in sosta, viene disarmato dai compagni. La giornata doveva concludersi con una rapina al portavalori dello zuccherificio Siiz. I compagni costretti dagli eventi devono scappare per i campi.

Passano meno di 24 ore che gli inquirenti riescono ad arrestare Bruno Valli, Stefano Bonora e Claudio Vicinelli, infangati e infreddoliti che vagano per la bassa.

Subito dopo l’arresto giornali e tv si scavalcano a vicenda in una guerra a chi la ricostruisce più grossa. Il brigadiere, amato e compianto dalla popolazione; il suo giovane commilitone, un eroe di vent’anni che, sprezzante del pericolo, disarma i malviventi, salvo venire colpito al petto con il calcio di un mitra per essersi distratto all’ultimo respiro del collega; i tre rapinatori, gente di poco conto, che dall’ingresso in questura smettono i panni dei militanti tutti d’un pezzo, per gettarsi infamie l’uno sull’altro.

Queste ricostruzioni dei fatti a noi interessano solo per poterle mettere da parte, e poter ricordare il compagno Bruno Valli, figlio di una famiglia proletaria di Rodero, operaio, militante comunista, che si impiccò nel carcere di Modena il 9 dicembre 1974.

Chi lo ha potuto conoscere lo ricorda come un militante lucido e pronto ad ogni sacrificio; e in quella cella dove poi si uccise, dicono che scrisse con il suo sangue due parole supra un muro: “Libertà o morte”.

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