Breve ritorno sul processo per “associazione a delinquere” che coinvolge numerosi compagni e compagne che partecipano ai percorsi di lotta nella città di Torino e in Val di Susa.
A Torino, nei giorni scorsi, un corteo di studenti che protestava per l’arrivo di Giorgia Meloni in città è stato disperso dalla polizia con manganellate e cariche di inutile violenza. È, ormai, una sorta di tradizione sabauda.
“La risposta repressiva della questura di Torino ci dimostra quanto a questo governo non importino le nostre rivendicazioni e di fronte alla violenza possiamo solo riconoscere che è ancora più importante impegnarci a lottare contro un sistema che ha fallito e a far valere le nostre esigenze” dichiara uno studente.
A Torino giornata universitaria contro la guerra verso la mobilitazione nazionale e generale Fermare l’escalation del 21 ottobre prossimo.
L’hype mediatico che ha accompagnato la contestazione alla premier Giorgia Meloni a Torino indica alcuni elementi degni di nota, ma ciò che deve interessare è l’emergere di comportamenti di opposizione nelle fasce più giovani e la loro capacità ad autorganizzarsi.
Riprendiamo il comunicato studentesco sulla due giorni di mobilitazione tenutasi a Torino in concomitanza con il Festival delle Regioni. Ieri il corteo partito dalle scuole superiori ha contestato il ministro dell’Istruzione Valditara, mentre oggi la manifestazione ha contestato l’arrivo della premier Giorgia Meloni, per la prima volta in città, ed è stata più volte caricata brutalmente dalla polizia che ha causato diversi feriti tra i manifestanti.
Questa lunga estate calda che sembra averci messo tutti alla prova, si è colorata di vera tragedia nella sezione femminile del carcere delle Vallette in cui è rinchiusa anche Cecca, l’attivista Notav. Una dopo l’altra, tre donne si sono tolte la vita: Graziana nel mese di giugno, Susan e Azzurra il 9 e il 10 agosto. Senza dimenticare Angelo, la quarta vittima nel mese di luglio.
Uccise doppiamente, anche per il loro essere donne: come tante, come tutte le persone che subiscono violenza di classe, di genere, e violenza razzista che il sistema carcere ripropone in maniera totalizzante.
In carcere si muore e non è solo una metafora per dire la non-vita di quel non-luogo: si muore concretamente, suicidati dal carcere.
Ha rifiutato acqua e cibo in carcere dal 22 luglio, detenuta si è lasciata morire per disperazione. La garante Gallo: “Nessuno mi ha informata”.