Anno nuovo, vecchie bugie
Ancora una volta il Governo adotta un approccio repressivo da un lato, umanitario e vittimizzante dall’altro, avallando misure emergenziali, senza intaccare il cuore del problema e ignorando le proposte avanzate dai lavoratori. Il contratto nazionale e le sue applicazioni provinciali, in fase di rinnovo, in realtà già forniscono gli strumenti perché i lavoratori abbiano garantito il trasporto e l’alloggio, senza però vincolare i soggetti che dovrebbero farsene carico. La mobilitazione dei lavoratori delle campagne dello scorso autunno a Foggia ha sottolineato la responsabilità delle organizzazioni datoriali, che dovrebbero dare casa e trasporto (attraverso le organizzazioni dei produttori, della trasformazione e della logistica), rivendicando contemporaneamente la regolarizzazione di chi è senza permesso di soggiorno. Questa misura, contrapposta alla retorica dell’inasprimento della repressione contro il caporalato, è la prima e più logica forma di tutela dei lavoratori contro lo sfruttamento nelle campagne.
La repressione della clandestinità e la retorica della tratta, unitamente ai criteri restrittivi e ricattatori per l’ottenimento del permesso di soggiorno per sfruttamento, vanno esattamente nella direzione contraria alla soluzione del problema. Sono infatti misure ipocrite che mettono i lavoratori in una costante condizione di debolezza nei confronti dei datori di lavoro. La giunta di Emiliano e del PD, invece, pianifica lo sgombero dei ghetti e il ricollocamento dei lavoratori in strutture di servizi alla persona, una misura temporanea e limitata ad un numero esiguo di braccianti rispetto alle migliaia che ogni estate convergono sulla Capitanata per la raccolta del pomodoro. Nessuna reale differenza con il progetto “CapoFree GettoOff” clamorosamente fallito due anni fa, proprio per la mancanza di coraggio delle istituzioni nel colpire le organizzazioni padronali e inchiodarle ai loro doveri. A differenza di prima, però, circolano voci di ‘blitz’ e arresti, nei toni legalitari che caratterizzano la nuova amministrazione. Si parla di reprimere droga e prostituzione, tacendo dei crimini contro i diritti dei lavoratori e cercando di fare semplicistiche quanto fuorvianti distinzioni tra buoni e cattivi.
Ciò che la Regione non dice ma che è facilmente prevedibile, poi, è che i ghetti informali che vogliono sgomberare torneranno come ghetti istituzionali quest’estate. È la stessa logica che già da anni orienta le politiche del governo e della Regione Calabria nella piana di Gioia Tauro. Dopo le ripetute aggressioni, iniziate ai primi di dicembre, ai danni di sei lavoratori, pestati da un gruppo di persone mentre tornavano alla tendopoli, le istituzioni tornano a fare proclami. Lo scorso 7 gennaio il presidente della Regione Calabria Oliverio è stato in tendopoli e ha annunciato lo stanziamento di 300 mila euro per sostituire le tende con dei container: come se cambiare la natura del ghetto ne modificasse la sostanza. Ci si dimentica evidentemente del Villaggio della Solidarietà, 100 appartamenti in case prefabbricate dentro Rosarno, realizzato dal ministero dell’Interno in seguito alla rivolta del 2010 degli stagionali e mai aperto nonostante le ripetute sollecitazioni da parte dei lavoratori.
Queste misure propagandistiche, adottate a tutti i livelli istituzionali, non fanno che riprodurre lo status quo. Per contro la lotta dei lavoratori, in Puglia come in Calabria, individua come unica strada per abbattere lo sfruttamento la cancellazione della Bossi-Fini, la riorganizzazione del lavoro in agricoltura a partire dal contratto nazionale e il ridimensionamento del potere delle organizzazioni dei produttori e della grande distribuzione.
Dalle campagne non un passo indietro.
Comitato lavoratori delle campagne
Rete Campagne in Lotta
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