InfoAut
Immagine di copertina per il post

Appunti sul processo fiorentino all’Onda


Cosa ha fatto paura di quel movimento e di quelle piazze? Vogliamo partire da qui, interrogandoci su origini e perché di un'inchiesta, a cinque anni di distanza dai fatti e a poche settimane dalla sentenza di primo grado per gli 86 imputati nel processo all'Onda. Uno sguardo rivolto a ciò che le proteste studentesche negli anni tra il 2008 e il 2011 hanno rappresentato in città. Più precisamente all'eccedenza che fuoriuscì dai recinti del movimento d'opinione usa-e-getta che il partito de La Repubblica, insieme a partiti e sindacati della sinistra, aveva costruito in chiave anti-berlusconiana. Ma questo testo vuole anche essere un contributo al dibattito intorno alla repressione, nella consapevolezza della sua insufficienza nel restituire la complessità delle strategie delle controparti. Quanto affermato, ovviamente, non va letto come verità assoluta ma piuttosto come ipotesi di lettura di tendenze relative alla fase attuale che viviamo in Italia; riflessioni che in prospettiva non escludono, quindi, né contraddizioni né possibilità di trasformazione.

Natura e perché di un'inchiesta

Guardando ai capi di imputazione, contestati nel processo all'interno della cornice del reato associativo, troveremo soprattutto manifestazioni non autorizzate e interruzioni di pubblico servizio. Un particolare peso viene dato agli scontri avvenuti al Polo di Novoli durante la contestazione alla parlamentare in quota PDL Daniela Santanchè, che in città inaugurarono di fatto il ciclo di lotta del 2010 in università. Possiamo quindi dire che l'iniziativa della magistratura ha rappresentato una risposta alla conflittualità che in quel periodo ebbe la capacità di mettere in discussione la pacificazione di una città da alcuni anni a conflitto-zero. Non è un caso che l'ispettore Colacicco, nella sua testimonianza da coordinatore delle indagini, abbia deciso di partire dal 2008 per andare a rintracciare lì il suono di un campanello d'allarme arrivato in Questura; o che abbia puntato il dito sull'ingovernabilità delle proteste, piuttosto che su fatti di particolare rilevanza penale, lamentando l’impossibilità di co-gestire le piazze con i manifestanti e di prevederne gli esiti. Infatti, nonostante molte manifestazioni non autorizzate siano già andate prescritte, il Pubblico Ministero ha dedicato a questi reati una parte importante della propria requisitoria. Si tratta di capi di accusa dall'inconsistente peso penale (fino a 14 giorni di reclusione massima commutabili in ammenda) che vengono però individuati come centrali. Poi c'è il reato associativo. Questo si è configurato come dispositivo necessario all'utilizzo di forme di controllo, come intercettazioni telefoniche e ambientali, e alla distribuzione di misure cautelari. Da un punto di vista politico, invece, ha rappresentato lo strumento di attacco alle forme di autorganizzazione politica antagonista che dentro quel ciclo di lotte si costituirono, specchio e motore delle caratteristiche conflittuali e ingovernabili di quel movimento, animate da una nuova generazione di militanti emersa direttamente dalle esperienze di contrapposizione nelle scuole e nelle università. Insomma, fin dal 2008 diversi livelli di governance si sono attivati per cercare di contenere le espressioni antagoniste delle proteste: l'insieme di misure adottate dalle controparti, per lo più ribaltate dal movimento in elementi ulteriori di attivazione e soggettivazione, ha agito nel mentre o a ridosso dei momenti “alti” di mobilitazione studentesca. L'inchiesta degli 86, invece, viene gestita tra Procura e Questura con l'estrema attenzione, affinché precipiti - con i primi arresti avvenuti il 4 maggio 2011 - a debita distanza di sicurezza rispetto all'ultimo ciclo di mobilitazioni, terminato l'inverno di quello stesso anno. La tempistica di azione, oltre che la natura dell'inchiesta nel suo complesso, ci portano a leggerla come un attacco rivolto soprattutto al resto che quel movimento andava sedimentando in città. Questo non vuol dire che questo resto sia riassumibile nei militanti o nei collettivi prodotti dalle mobilitazioni: il riferimento è allo stesso modo rivolto verso quella medietà di comportamenti antagonisti con cui un segmento di composizione giovanile, proletarizzata o in via di proletarizzazione, stava iniziando a esprimere le proprie istanze di rifiuto e insubordinazione, e che aveva giù iniziato a riversarsi oltre le mobilitazioni studentesche sotto forma di una certa disponibilità al conflitto.

Repressione e pacificazione

Molto spesso, come in questa inchiesta, sono compagni o intere esperienze militanti a finire direttamente colpiti. Ma dobbiamo leggere anche in questi casi un attacco rivolto all'articolazione sociale dei conflitti e dei comportamenti incompatibili, dove ad attivarsi-contro i vari livelli di comando capitalista sono segmenti di composizione di classe. E anche in questo caso, dietro l'utilizzo di misure di natura repressiva nei confronti dei militanti di un movimento, leggiamo la volontà di andare a spezzare un processo più ampio che in quegli anni stava investendo la città mettendone in discussione la pacificazione. In effetti l'impressione è che, piuttosto che da furia ideologica, gli attacchi di natura repressiva siano sempre più inseriti dentro una razionalità di governance in cui gli strumenti repressivi vengono utilizzati come mezzi (e non fini) di una strategia complessiva, mirata alla pacificazione dei conflitti e al disciplinamento dei comportamenti piuttosto che alla repressione tout court di istanze e soggetti politici. A questo medesimo fine gli apparati polizieschi, da alcuni anni, prediligono l'utilizzo di tattiche volte alla co-gestione della piazza con i “responsabili” individuati, e più in generale tentano di utilizzare dispositivi che non prevedano l'utilizzo della forza. Le questure scommettono sul disciplinamento e la governabilità delle lotte e dei movimenti. A differenza di quanto sostenuto da alcune letture, le strategie poliziesche attuali non cercano direttamente la dimensione dello scontro con i movimenti. Al contrario, cercano di svilirne le possibilità conflittuali. Perfino il dispiegamento di numerosi reparti antisommossa in piazza svolge un ruolo di dissuasione rispetto alla pratica dell’obiettivo (piuttosto che “trappole” e “trappoloni” di cui spesso si va dicendo). Il “modello Firenze”, che da alcuni anni è sicuramente in ristrutturazione, continua comunque a essere un'esemplificazione di questo. Fuori dal terreno della compatibilità la repressione rappresenta un fatto, ed è inevitabile.

Prima le lotte, poi la repressione

Di fronte ad attacchi importanti come montature giudiziarie, arresti, aggressioni violente, è utile e necessario intraprendere campagne di comunicazione improntate alla denuncia o a far emergere una solidarietà diffusa. Tuttavia, non appare adeguato isolare “tematicamente” la repressione per adoperarla come chiave di lettura e di narrazione della realtà. La repressione va letta e affrontata come parte integrante dei conflitti aperti dai movimenti. Quando si riconduce un po’ tutto sotto l'ombrello tematico della repressione si costruisce una vera e propria narrazione tossica dei conflitti (e più in generale della società), tutta centrata sull'iniziativa della controparte, in cui il peso dell'iniziativa delle soggettività in lotta (e più in generale dei comportamenti della classe) scompare del tutto o quasi. Al contrario, senza comportamenti incompatibili non si dà repressione. Ed è sempre la capacità delle lotte di rappresentare una minaccia reale allo stato di cose presenti o di porre alcune rigidità a produrre l'iniziativa repressiva. La questione non è né “tecnica” né “letteraria”, ma immediatamente politica: gli operaisti dicevano “prima la classe, poi il capitale”, e qui possiamo tradurlo in “prima le lotte, poi la repressione”. E' una questione allo stesso tempo di lettura e di sguardo, ma anche di progetto: attiene alla valorizzazione della dimensione soggettiva dei conflitti.

Repressione, movimenti, ambivalenze

Il punto non ci sembra quello di potenziare una certa “lotta alla repressione”, ma la capacità dei movimenti e dei conflitti di far fronte agli attacchi della controparte senza rinunciare al terreno dell'incompatibilità e del conflitto, di radicarsi e produrre forti legami di solidarietà, di affermare de facto la legittimità di pratiche di lotta e contro-potere, di costruire rigidità soggettive il più difficilmente piegabili. Insomma, il problema va affrontato nei termini in cui questo ha a che fare con lo sviluppo in senso antagonista dei movimenti, rifiutando la “lotta alla repressione” come terreno di iniziativa autoreferenziale e di confronto/scontro tra corpi militanti – come corpi separati dai movimenti – e Stato. Questo non significa che di fronte a determinati attacchi non si debbano produrre iniziative di risposta, ma che anche in questo caso – nella materialità e nella rappresentazione – al centro vadano messi i movimenti e le lotte contro cui l'iniziativa repressiva si è rivolta. Arresti e processi cercano di attaccare materialmente i movimenti privandoli di militanti, ma la repressione cerca sempre di minare e corrompere anche le soggettività in lotta, in tutte le loro stratificazioni. L'idea che cerca di insinuare è che “lottare non conviene”. E' questo, in fin dei conti, il rischio più grande. Bisogna stare alla larga da ogni ogni tentazione identitaria (quella dei “compagni rivoluzionari colpiti dalla repressione”) per favorire uno spazio di espressione e valorizzazione, che è immediatamente spazio di sviluppo, di una medietà. Anche qui lo sguardo va rivolto alla capacità di tenuta non tanto (o comunque non solo) di una struttura politica i cui militanti vengono attaccati, ma alla tenuta delle soggettività in campo dentro l'articolazione sociale dei conflitti. Questa si dà nell’ostinazione nel perseguire la strada della lotta come unica via di riscatto e trasformazione. E' su questo terreno più di ogni altro che si misura il fallimento di un'operazione repressiva. Dobbiamo cogliere anche la profonda ambivalenza che gli attacchi repressivi contengono. Soprattutto là dove non arrivano in contesti di profondo isolamento sociale dell'iniziativa antagonista. Il movimento no tav ci sembra un ottimo esempio di come sia possibile ribaltare gli attacchi repressivi in ulteriori elementi di contro-soggettivazione e di rafforzamento dell’alterità dei movimenti stessi nei termini della massificazione di un antagonismo irriducibile, bene espresso nel “siamo tutti black bloc”. A questa possibilità dobbiamo sempre guardare.

 

 

Iniziativa Antagonista Metropolitana - Firenze

 
 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La questione della Palestina nel mondo di lingua cinese

Nell’ottobre 2023, con l’operazione “Diluvio di al-Aqsa” lanciata da Hamas e la brutale risposta di Israele, il movimento di solidarietà con la Palestina è ricomparso in Cina.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La società della resistenza e la liberazione degli oppressi. La lunga storia di Hezbollah

Appena il governo di Beirut ha deciso il disarmo di Hezbollah, immediatamente nella capitale sono scoppiate proteste e cortei, non solo opera del partito sciita, ma di molti altri partiti e semplici cittadini.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

I signori della terra: i latifondisti transnazionali e l’urgenza di una redistribuzione

Troppa terra in poche mani: le dieci multinazionali che controllano milioni di ettari

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

‘Nessun paradiso senza Gaza’: intervista esclusiva di Palestine Chronicle al rivoluzionario libanese Georges Abdallah

Traduciamo da The Palestine Chronicole questa lucida e approfondita intervista del 13 agosto 2025, a Georges Abdallah.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

E’ uno sporco lavoro / 3: Hiroshima Nagasaki Russian Roulette

Sono ancora una volta delle parole, in parte esplicite e in parte giustificatorie, quelle da cui partire per una riflessione sul presente e sul passato di un modo di produzione e della sua espressione politico-militare.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il laboratorio della guerra. Tracce per un’inchiesta sull’università dentro la «fabbrica della guerra» di Modena

Riprendiamo questo interessante lavoro d’inchiesta pubblicato originariamente da Kamo Modena sul rapporto tra università e guerra.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Più conflitti, meno conflitti di interesse

“Le mie mani sono pulite” ha detto il sindaco Sala nella seduta del consiglio comunale dove ha sacrificato il suo capro – l’assessore all’urbanistica Tancredi, coinvolto nelle indagini della procura milanese su alcuni (parecchi) progetti di trasformazione urbana.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

STOP RIARMO “Se la guerra parte da qua, disarmiamola dalla città!”

Riprendiamo e pubblichiamo il documento uscito sul canale telegram del percorso @STOPRIARMO che a Torino ha organizzato una prima iniziativa qualche settimana fa. Il documento traccia un quadro composito del sistema guerra nei vari ambiti della produzione e della riproduzione sociale oltre a lanciare alcuni spunti rispetto a ipotesi di attivazione.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Robert Ferro – Dove va l’Europa? Crisi e riarmo nel cuore dell’Unione

Dal welfare al warfare, dall’automotive al carroarmato, dall’«Inno alla gioia» di Beethoven alla «Marcia imperiale» di Dart Fener. Nel cambio di tema che fa da sfondo all’Europa, l’imperialismo colpisce ancora. 

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Raffaele Sciortino – L’imperialismo nell’era Trump. Usa, Cina e le catene del caos globale

Che cos’è l’imperialismo oggi, nell’era di Trump? da Kamo Modena Non è una domanda scontata, né una mera speculazione teorica; al contrario, siamo convinti che sia un nodo fondamentale, tanto per chi vuole comprendere il mondo, quanto per chi mira a trasformarlo – partendo, ancora una volta, da dove si è, da dove si è […]

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Che fine ha fatto la battaglia per l’Acqua Pubblica?

Pubblichiamo un aggiornamento sulle attività del Comitato Acqua Pubblica Torino.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il Movimento No Tav era, è e sarà sempre al fianco della resistenza palestinese: sosteniamo la Global Sumud Flotilla!

Se Israele deciderà di fermare con la forza la Global Sumud Flottilla, impedendo ancora una volta l’arrivo di aiuti umanitari e provando a spegnere un atto di resistenza collettiva, noi non resteremo a guardare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Global Sumud Flotilla: le barche italiane lasciano la costa siciliana alla volta di Gaza, “Buon vento”

Sono salpate, alla volta di Gaza, le imbarcazioni italiane della Global Sumud Flotilla dal porto siciliano di Augusta.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gaza Inc: dove il Genocidio è testato in battaglia e pronto per il mercato

Gaza è diventata la vetrina di Tel Aviv per lo Sterminio privatizzato, dove aziende tecnologiche, mercenari e fornitori di aiuti umanitari collaborano in un modello scalabile di Genocidio Industriale venduto agli alleati in tutto il mondo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

America Latina, “la guerra secondaria”

Nel 2025, la competizione globale per i minerali essenziali – terre rare, litio, cobalto – e per le fonti energetiche – petrolio, gas, energie rinnovabili – sta riconfigurando il potere globale.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Assemblea geografa per la Palestina: quanto successo in parallelo al Congresso Geografico Italiano 2025 di Torino

Dal 3 al 5 settembre 2025, presso il Campus Einaudi e il Castello del Valentino di Torino, si è svolto il 34° Congresso Geografico Italiano. 

Immagine di copertina per il post
Culture

“The Ashes of Moria”: che cosa rimane del campo profughi più grande d’Europa?

A cinque dall’incendio che lo ha distrutto, il documentario porta nel cuore del campo, tra odori, rumori, paure e violenze. Allo stesso tempo offre le coordinate per capire i meccanismi attuali delle brutali politiche europee.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Guerra alla guerra” nelle università: a Pisa il 13 e 14 settembre, due giorni di assemblea nazionale

Il 13 e 14 settembre a Pisa si terrà l’assemblea nazionale universitaria “Guerra alla Guerra”, due giorni di confronto tra collettivi e realtà studentesche da tutta Italia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Roma: attacco sionista al csoa La Strada

Nella notte tra giovedì e venerdì, poco dopo le 4, ignoti hanno lanciato una bomba carta contro l’ingresso del Centro Sociale “La Strada” in via Passino.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’assemblea nazionale “Stop al genocidio. Fermiamo il sionismo con la resistenza” si terrà al cinema Aquila

Alcuni giorni fa il sindaco Gualtieri aveva vietato l’utilizzo di una sala del cinema Aquila di Roma per l’assemblea nazionale convocata dalle organizzazioni palestinesi in Italia. Ora il passo indietro. LA LOTTA PAGA – L’ASSEMBLEA SI TERRÀ AL CINEMA AQUILA IL 14 SETTEMBRE ALLE ORE 10.00 Dopo la conferenza stampa di lunedì 8 settembre davanti […]