Apuane e Marmo: tra mitologia, lavoro e coscienza collettiva
Condividiamo questo interessante dossier della Casa Rossa Occupata di Massa che mette a tema l’estrattivismo predatorio nel territorio delle Alpi Apuane e le lotte che stanno iniziando a sorgere intorno a questa vicenda. L’opuscolo si apre con un inquadramento storico-giuridico che sottolinea il processo di separazione tra la comunità e le risorse del territorio che viene messo a sistema nei secoli per l’utile di pochi. Una storia “minuta” che però spiega chiaramente di cosa si parla quando si usa il termine “estrattivismo”: non solo dell’estrazione di minerali e idrocarburi dal sottosuolo e del loro impatto ambientale, ma anche di come le comunità e i territori vengano espropriati, organizzati e messi a lavoro intorno a questa estrazione. Una separazione che fa il paio con un’altra “forbice” quella tra i profitti astronomici delle multinazionali e le ricadute economico occupazionali sul territorio. Infatti l’opuscolo spiega con efficacia come siano relativamente pochi i lavoratori impiegati nella estrazione del marmo e derivati a fronte della provincia con il più alto tasso di disoccupazione del Centro-Nord, smontando la narrazione mitologica dell’equazione cave = lavoro. Un dossier, questo, che ci permette di riflettere sul fatto che per parlare di estrattivismo non è necessario recarsi in America Latina o in Africa, ma spesso queste forme produttive insistono, normalizzate ed innovate (a volte più predatorie) sui nostri territori. La nuova ventata di sensibilità ambientale è un’occasione dunque per mettere a tema questi nodi e provare a costruire percorsi di emancipazione e riconquista della decisione popolare sui propri ambienti di vita. Buona lettura!
INTRODUZIONE
Il bacino di estrazione marmifero della Provincia di Massa-Carrara mette al centro del dibattito la complessità di una questione aperta da secoli e oggi sempre più discussa.
La nostra è una piccola provincia ma può vantare il tasso di disoccupazione più alto della Regione Toscana con un picco giovanile del 20% (www.sistan.it), il più alto del centro nord, mentre possiede un patrimonio enorme, uno dei più ingenti di tutto il continente in termini di risorse naturali, materie prime e valore di mercato.L’oro bianco, così definito già dagli antichi romani, viene estratto senza sosta fin dal I secolo a.C.. Le Alpi Apuane sono tra le montagne più ricche al mondo e non solo per il marmo: sono una catena alpina a meno di 20 km dal mare, il bacino idrico più importante della Toscana, hanno un’incredibile grado di biodi-versità e secoli di storia, comunità, conflitti e tradizioni. Qui, in appena 1.155 km2 di territorio, si annida una delle storie più longeve, critiche e meno discusse dell’estrattivismo Italiano. Il termine estrattivismo rimanda ad una dimensione coloniale in cui il Nord, tecnologicamente più evoluto e potente, depreda il Sud del mondo ma, tra i diversi contributi teorici contemporanei, Raul Zibechi oggi lo descrive come “l’accaparramento di diversi tipi di ricchezza da parte di grandi interessi privati, nazionali o esteri, ai danni di comunità locali e del loro territorio, ovunque esse siano collocate”. (www.comune-info.net).L’estrazione di risorse ha infatti impatti devastanti sui territori, sull’ambiente, sugli ecosistemi e molto spesso anche sui corpi di chi come lavoratore salariato, autonomo, o come semplice utente e consumatore di servizi o merce, produce ricchezza, materiale o immateriale. Una ricchezza che viene poi re-investita nel circuito della valorizzazione e dell’accumulazione, perpetrando disuguaglianze e disparità nel tessuto sociale, impedendo l’emancipazione delle comunità da meccanismi di dipendenza imposti, delega ed impotenza. (www.osservatoriodiritti.it)
Il dibattito contemporaneo sulla capacità dell’essere umano di agire in maniera permanente sugli equilibri eco-sistemici del pianeta, che per alcuni ci avrebbe fatto entrare nell’era geologica dell’Antropocene, viene rivisto da studiosi, come Jason W. Moore (Ombre Corte, 2017), che ci propongono invece il concetto di Capitalocene, con il quale si smonta la superficialità di una lettura nella quale siamo tutti e tutte responsabili allo stesso modo, sostenendo un’analisi più radicale delle dinamiche produttive. E’ ancora Zibechi a ricondurre molte situazioni, anche profondamente diverse dall’estrazione delle risorse materiali, a dinamiche di “estrattivismo” intese come accumulazione di valore all’interno di dinamiche di diseguaglianza sociale e di come le “maniere neocoloniali” interessino anche il nord del mondo e le comunità che vi abitano. Grandi opere inutili, nuovi mega resort in aree incontaminate, coltivazioni intensive, l’estrazione di risorse anche nel nostro ‘democratico pezzetto mondo’, ma anche la precarizzazione del lavoro, lo sfruttamento del lavoro cognitivo e la compravendita dei data, la gentrificazione; queste sono solo alcune delle attività “estrattive” agite sul territorio e sulla popolazione. Il minimo comune denominatore di queste attività è la relazione asimmetrica tra chi detiene il potere decisionale o economico, che spesso si sovrappongono, e chi ne viene escluso: tra padrone e lavoratore salariato, tra lavoratore autonomo e ideologia della crescita, tra le donne in lotta e la cultura patriarcale, tra amministrazioni e comunità, nel quadro di un governo del territorio le cui politiche vengono sempre più violentemente calate dall’alto. Nelle prossime pagine cercheremo di ripercorrere alcuni dei temi che caratterizzano la questione dei agri marmiferi nella provincia di Massa-Carrara: dalle leggi che ne hanno definito la gestione, alla mitologica visione delle cave come unica fonte di occupazione e ricchezza per la popolazione, passando attraverso alcuni degli effetti che questa attività estrattiva produce sull’ambiente e sugli ecosistemi, alle sue ricadute economiche negative, fino alla mobilitazione popolare che sta finalmente prendendo forma negli ultimi mesi. Tra mitologia, lavoro, natura e coscienza collettiva le cose stanno lentamente cambiando qui in provincia, qualcosa si sta muovendo, e siamo pronti a raccogliere la sfida, alla ricerca di un immaginario altro, di un’altra possibilità.
Qui il link al resto del dossier per continuare a leggere.
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