Bosnian Babylution
Una breve introduzione
Il nome che è stato dato alle proteste bosniache di questi giorni è quello di “baby-lution”, poichè le proteste sono state originate dal caso della mancata concessione dei documenti d’identità ad una bambina che li necessitava al fine di andare a farsi curare in Germania (bambina che poi è deceduta, contribuendo a far aumentare l’ira della gente scesa in piazza).
Il particolare tipo di documento (detto JMBG) era oggetto di bizantine contrattazioni tra i diversi rappresentanti parlamentari delle varie etnie presenti in Bosnia, contrattazioni che hanno fatto infuriare la piazza, ritrovatasi unita nella stessa richiesta di superare questo stallo in nome della concessione di un diritto fondamentale come quello ad avere passaporto ed accesso alla sanità pubblica.
Cronaca delle proteste
Si inizia il 5 giugno quando inizia a circolare sui social networks la verità sulle condizioni della bambina. Su Twitter è lanciato l’ hashtag #jmbg intorno al quale si raduneranno tutte le posizioni pubbliche dei netizens nei giorni a venire.
Il giorno dopo, 6 giugno, viene immediatamente realizzato un assedio de facto al Parlamento di Sarajevo, con almeno 3000 persone a reclamare immediatamente una legge che regolamenti la questione; si forma una catena umana di uomini, donne, bambini, pensionati ma sopratutto studenti e in generale precari e disoccupati che rompono la ditinzione tra serbi, croati, bosniaci e si radunano in maniera comune sotto il Parlamento.
Di solito le proteste sotto il Parlamento erano scatenate dall’opposizione opportunista di turno, ma questa volta è la generazione post-guerra e compiutamente precaria a rifiutare, a partire dal casus belli dei documenti, un assetto sociale dove la disoccupazione è al 30% e i prezzi del cibo crescono sempre più.
Rotture e ricomposizioni
Davvero decisiva è la rottura del dispositivo di segmentazione etnica consolidatosi con l’esplicito appoggio di Usa ed Europa nel corso delle guerre jugoslave. Serbi, croati e bosniaci si trovano uniti ad attaccare le politiche di un governo che si ammanta di un nazionalismo farlocco e utile solo a coprire la sua completa sottomissione ai gruppi lobbystici che lo manovrano come un burattino, sfruttando la complessa architettura istituzionale derivante dagli accordi di Dayton del 1995.
Questa ricomposizione si effettuava, sulla falsariga di tutte le proteste seguite alla Casbah tunisina, in un luogo fisico stavolta identificato nella piazza del Parlamento. Anche Banja Luka, capitale della parte serba della Bosnia, ha appoggiato (con manifestazioni e carovane verso la capitale le proteste di Sarajevo), un qualcosa di impensabile solo fino a qualche mese fa. Casi di questo tipo si erano verificati solo per chiedere il rispetto delle prestazioni nei confronti dei veterani di guerra e per la concessione di maggiori fondi al sistema scolastico.
Basti leggere dal sito “jmbg for everyone”..
http://www.jmbg.org/
We are the citizens of this country – parents with children, university students, housewives, workers, the unemployed, pensioners, regardless of ethnic or religious groups, or any other status, so it is in our common interest that the rights of every person be respected, those of children above all. We address all male and female citizens who wish to live in a state in which politicians do their jobs and complete their legal obligations. A state in which national and partisan interests are secondary and the dignified and safe lives of citizens are primary.
Il contesto geopolitico e geopolitica delle lotte
Non è solo una questione di documenti. Sull’onda delle rivolte in corso nei paesi BRICs o più o meno tali (Brasile e Turchia) altre realtà si stanno muovendo, sempre prendendo spunto da una questione particolare per poi andare a muoversi verso l’obiettivo generale dell’attacco alla classe politica e alle diseguaglianze che questa produce in primo luogo a causa della sua endemica corruzione.
Nel momento in cui la Croazia si appresta ad entrare nell’Ue, contestualmente all’apertura fissata per gennaio 2014 dei negoziati per l’ingresso della Serbia, sembra essere un periodo davvero fecondo di grandi cambiamenti a livello geopolitico nell’area balcanica.
Da un lato queste aperture ai paesi principali dell’ex-Jugoslavia, dall’altro l’ennesima lavata di mani da parte dell’Onu che di fatto si autoassolve di ogni responsabilità o atto di omissione riguardo al massacro di Srebrenica del 1995 con una sentenza che ha dato torto alla richiesta delle madri di Srebrenica di chiedere risarcimenti all’ONU per il fallimento nella difesa dell’enclave musulmana.
http://www.expatica.com/fr/news/french-news/european-court-confirms-un-immunity-over-srebrenica_268475.html
L’inizio dei negoziati con la Serbia segnerà anche un abbassarsi della tensione rispetto al Kosovo, staccatosi de facto con la guerra del 1999 e poi diventua sede di camp Bondsteel, una delle principali basi americane in Europa.
I fatti turchi hanno senza dubbio scosso quell’immagine di consenso nei confronti dell’islamismo politico à la Erdogan che poteva ergersi a modello per numerosi riferimenti politici nell’area. Di fatto anche l’accesso turco all’UE dopo i fatti di Gezi Park sembra per il momento decisamente rinviato, con l’UE che invece accelera sull’ingresso della Serbia nello stesso momento in cui però scarica i costi della sua austerity sulla Grecia.
Un processo aperto che sicuramente vedrà i Balcani, all’incrocio tra tutti questi differenti cleavages, tornare ad essere un luogo privilegiato di osservazione sugli sviluppi geopolitici dell’area europea e del vicino oriente..
Prossimi appuntamenti e scenari futuri..
La principale richiesta dei manifestanti, che hanno deciso di non interrompere le manifestazioni sino a che quest’obiettivo non verrà raggiunto, è quello di creare un fondo per assicurare le cure mediche ai bambini in condizioni critiche a prescindere dall’ottenimento dei documenti, finanziando questo fondo con un taglio del 30% agli emolumenti percepiti dai parlamentari (che guadagnano 6 volte la media di un qualunque cittadino).
La piazza ha di fatto ordinato al Parlamento una deadline per la nuova legge sui documenti di identità per il 30 giugno. Deadline lanciata ogni giorno nelle convocatorie ad oltranza sotto il Parlamento che si tengono dalle 12 in avanti , ed estremamente diffusasi grazie al supporto offerto alla causa da numerosi artisti il 18 giugno durante un maxi concerto dedicato ai manifestanti.
Per il 30 giugno è inoltre previsto il primo hashmob su Facebook (che ha appena inserito gli hashtag), una sorta di attacco complessivo alla classe politica utilizzando #JMBG #SMday e #SMdayBiH come veicoli per 15 minuti di tutte le lamentele e le proteste della società bosniaca nei confronti dei loro illegittimi rappresentanti.
http://www.soonfeed.com/happening/2705
Eppure la protesta non sembra si esaurirà in quel giorno. La piazza sembra essere conscia di come non sarà l’approvazione o meno di questa legge l’unico problema da affrontare..e ha già scritto un appello per il 1 luglio dall’eloquente titolo di “Licenziateli”…
http://www.jmbg.org/comunicato-stampa-01-luglio-2013-uscite-in-strada-licenziatelie/
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