Brasile, Olimpiadi al via tra proteste e crisi istituzionale
Rispetto al 2014 infatti è venuta meno la leadership di Dilma Rousseff, erede politica di Lula e prima donna a guidare la presidenza del Paese. Il sogno lulista, capace di portare per la prima volta al potere nel paese il Partito dei Lavoratori – oggetto nella sua storia precedente di enormi attacchi repressivi e di emarginazione politica – sembra essersi infranto dopo poco più di un decennio di governo.
Ai meriti di aver elevato dalla condizione di miseria milioni di persone, soprattutto attraverso il provvedimento della Bolsa Familia, una sorta di reddito di sussistenza per i più poveri della popolazione è succeduta come contraltare, soprattutto a partire dal 2008, una pratica politica fatta di austerità, di corruzione e di spesa in grandi eventi inutili (Mondiali, ora le Olimpiadi) esacerbata dalla recrudescenza di impoverimento sociale dovuta alla crescita del prezzo delle materie prime degli ultimi anni, la quale ha portato ad una profonda recessione.
Un destino comune a quasi tutti i governi sudamericani che sin dall’affermazione chavista del 1998 si erano affermati nel continente affermando la necessità di stravolgere il modello economico basato sulla dipendenza e dai dogmi neoliberisti. Governi che negli ultimi anni, soprattutto con la crisi venezuelana seguita alla morte di Chavez, stanno entrando in grossa difficoltà e stanno vedendo un ritorno prepotente al potere delle destre, come ad esempio successo in Argentina.
La Rousseff è stata messa in stato d’accusa e sospesa poiché giudicata a conoscenza dello scandalo di corruzione Petrobras, l’azienda petrolifera statale – scandalo su cui torneremo sotto – e poiché avrebbe diffuso notizie false sui bilanci dello stato in contemporanea alla campagna elettorale che vide la sua rielezione. Da qui alla fine di agosto si saprà sul destino politico di Dilma: questa, nel caso in cui 54 senatori su 81 decidessero di metterla in stato di accusa dovrebbe abbandonare definitivamente le redini del paese, lasciate temporaneamente con la sospensione del 12 maggio scorso.
L’attacco subito dalla Rousseff segna la vendetta delle forze politiche che hanno dominato storicamente la vita istituzionale brasiliana, ma rende anche conto dei motivi di una impopolarità sociale del governo del PT che anche le mobilitazioni del 2014 avevano messo in mostra; basti pensare alla proteste del Movimento Passe Libre sul tema dei trasporti, per quanto in diverse altre piazze (soprattutto a cavallo della decisione sull’impeachment) siano scesi anche molti sostenitori – soprattutto bianchi – dell’opposizione al PT chiaramente manovrati dalle forze più reazionarie del paese con l’obiettivo di innalzare la tensione e senza alcun obiettivo di giustizia sociale o di redistribuzione della ricchezza.
Alla guida del paese c’è ora Michael Temer, principale esponente del partito democratico (al governo con il PT), elemento autorevole della borghesia politica del paese che non aveva digerito mai fino in fondo l’affermarsi del PT e che ora è riuscita nell’impresa di far fuori – anche attraverso la fortissima influenza dei network televisivi filoevangelici – la presidente Dilma attraverso il processo di impeachment emerso a partire dal coinvolgimento di questa nello scandalo di corruzione rispetto alla principale compagnia petrolifera del paese, la Petrobras.
Petrobras avrebbe finanziato nel passato le campagne elettorali del PT tramite un sistema di tangenti rilasciate in seguito all’assegnazione da parte delle istituzioni di contratti molto “gonfiati” per la costruzione di impianti petroliferi off-shore. Petrobras è una delle aziende chiave del paese, senza l’appoggio e la gestione oculata della quale è probabilmente impossibile governare, e ha schiacciato nei suoi gangli Rousseff che ora attende in stato di sospensione una decisione definitiva sulla vicenda. Dilma e lo stesso Lula non parteciperanno in segno di protesta all’inaugurazione dei Giochi, sottolineando con questo gesto simbolico la crisi istituzionale profonda in corso nel paese.
Va sottolineato che ben tre ministri del nuovo governo Temer hanno dovuto dimettersi per il loro coinvolgimento nello stesso scandalo che ha visto l’impeachment nei confronti della Rousseff; un fatto che evidenzia l’ampiezza della rete di corruzione istituzionale e toglie ogni aspetto di “nuovismo” al governo Temer che si è distinto soprattutto per la retorica securitaria e l’attacco frontale contro le conquiste sul tema dei diritti civili, dove la fortissima lobby degli evangelici ha subito puntato il mirino sulla questione dell’aborto che è cartina di tornasole della tuttora fortissima cultura machista di cui è intriso il paese.
Come in occasione dei Mondiali, per quanto non con la stessa potenza, le manifestazioni stanno accompagnando l’avvicinarsi dei giochi. Soprattutto il percorso della torcia olimpica è stato oggetto di notevoli contestazioni: oggi a Rio la polizia ha dovuto usare i lacrimogeni per disperdere i manifestanti che volevano bloccare la corsa della fiaccola in segno di protesta, mentre qualche giorno fa a Niteroi migliaia di manifestanti hanno ribadito i semplici concetti utilizzati anche in occasione dei Mondiali scorsi, ovvero l’ostilità ad un utilizzo delle risorse pubbliche per finanziare un grande evento inutile in una fase difficile del paese e che lascerà un’eredità positiva in termini di sviluppo solamente ai costruttori e ai proprietari delle strutture.
L’Olimpiade è stata infatti un processo utile per proseguire nei processi di gentrification di vaste aree della città carioca, laddove già la Coppa del Mondo era stata funzionale ad un rialzo forte del prezzo di alcuni servizi di base come i trasporti che avrebbe dovuto finanziare le spese di organizzazione dell’evento. Nelle più di 700 favelas di Rio vive circa un milione di persone, molte di queste tuttora in condizioni di assoluta povertà e in un contesto dove la violenza delle gang di strada non può essere compresa se non alla luce di un abbandono decennale di quelle zone.
Quartieri nelle cui strade l’unica risposta dello Stato sono le operazioni in pompa magna delle forze speciali di polizia che non fanno altro che esacerbare il problema e che si sono accanite soprattutto contro i cosiddetti “meninos de rua”, i ragazzi neri delle favelas che hanno una possibilità di essere uccisi circa quattro volte più alta dei loro coetanei bianchi. 2600 persone hanno perso la vita per via polizesca sin dal 2009 in cui vennero assegnati i Giochi al Brasile.
La situazione politica del paese ha inoltre paralizzato per lungo tempo i lavori di preparazione, arrivando persino al punto di dubitare che i Giochi potessero tenersi. Ma poi la volontà comune dei costruttori e lo sblocco della situazione con l’avvento alla presidenza di Temer hanno portato alla realizzazione quasi completa degli impianti e degli stadi; si è rinunciato però, guardacaso, ad alcuni degli obiettivi paralleli della manifestazione, come il completamento della rete fognaria e la pulizia delle acque da un inquinamento complessivo che ha minacciato ampie zone della città, del villaggio olimpico e di alcune sedi di competizioni come la baia di Guanabara.
Le uniche preoccupazioni sembrano quelle riguardanti la sicurezza; sono circa 80.000 i poliziotti impegnati a vario titolo nella gestione della sicurezza durante i Giochi, per una spesa milionaria giustificata anche attraverso la retorica dell’allarme terrorismo: qualche settimana fa dieci persone sono state arrestate nello stato del Paranà con l’accusa di essere coinvolte nella preparazione di un attacco contro i giochi.
Lo stato della sanità pubblica cosi come del comparto dell’istruzione sono da sempre questioni politiche molto forti in Brasile, e con la crisi economica questi settori hanno dovuto subire consistenti tagli. Inoltre, lo sviluppo cittadino di Rio è stato orientato su basi politiche, dato che i collegamenti tra le aree più povere della città, a nord, e la zona delle attrazioni turistiche ed olimpiche, a sud, non sono stati rinforzati e anzi sono stati piuttosto ridotti per impedire probabilmente la possibilità per i poveri della città di andare a guastare in massa la vetrina olimpica innalzata dai generosi finanziamenti delle tv di tutto il mondo. Lo show deve continuare, che i Giochi abbiano inizio…
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