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Bruciare la prigione: razza, proprietà e la ribellione di Ferguson

-Langston Hughes, “Necessity”

“Un sacco di gente nella borghesia mi dice che a loro non piace Rap Brown quando dice “Brucerò il paese”, ma ogni volta che Rap Brown dice “Brucerò il paese” ottengono un programma per le povertà.

-Stokely Carmichael, Free Huey rally, 1969

“Possiamo arrischiare la previsione che stiamo entrando nell’era dei riot, che sarà passeggera ed estremamente violenta. Definirà la crisi della riproduzione del proletariato, e di conseguenza del capitalismo, come un importante elemento strutturale del periodo che seguirà. Per “riots” intendiamo lotte per rivendicazioni o lotte senza rivendicazioni che assumeranno forme violente e trasformeranno gli ambienti urbani in aeree di disordini; i riots non sono la rivoluzione, nemmeno l’insorgenza è rivoluzioni, per quanto potrebbe essere l’inizio di una rivoluzione.

-Blaumachen, “The Transitional Phase of the Crisis: The Era of Riots,” 2011

 

Il risultato di lungo periodo della lotta di Ferguson e l’emergente movimento come il terrore causato della polizia non si può conoscere, in quanto rappresente la più lunga e profonda rottura dentro la Black America dai riots di fine anni Sessanta. Mentre i riots di Los Angeles del 1992 sono stati indubitabilmente molto più intensi e distruttivi, coinvolgendo più ampie sezioni della classe operaia losangelina, i frutti di quelli della lotta – ossia la tregua tra le gang e il fronte unito contro la polizia – sono stati alla fine riassorbiti dalla Million Man March e dalla Nuova Alleanza Democratica dietro l’elezione di Clinton, e ha contribuito a non avere sviluppi politici idipendenti duraturi. Nella prospettiva di lungo periodo della Black Liberation rimane una chimera, per quanto importante. In definitiva, Los Angeles è stato un episodio avvenuto in un momento di rinascita del Welfare state, mentre un nuovo periodo emergente, quello che la Sinistra chiama “neoliberismo”, era ancora perlopiù in fasce.

 

Ferguson, in contrasto con Los Angeles, si sta dispiegando in un nuovo periodo di crisi, in cui la crescita della ricchezza sta avendo luogo a fronte di una impareggiabile decrescita degli standard di vita della popolazione che lavora: stipendi stagnanti e in calo; contratti di lavoro part time instabili; profonde e sistemiche decurtazioni all’assistenza pubblica; tagli a infrastrutture, sanità pubblica, educazione e trasporti; incarcerazioni di massa e criminalizzazione della popolazione Black e Beown. Non c’è più unità, da un lato, tra produttività crewscente che garantisca una maggior quantità di beni e capitale e, dall’altro, salari crescenti, pagati da datori di lavoro o amministrati dallo stato attraverso scuole finanziate pubblicamente, ospedali, trasporti ed infrastrutture. Ora i capitalisti possono solamente impedire il crollo del profitto rifiutando di riprodurre la classe lavoratrice, che è stata costretta ad accollarsi il debito per poter sopravvivere.

 

La specificità dell’acutezza di questa crisi per i lavoratori neri instaura uno scenario particolare in cui Darren Wilson, un poliziotto, ha ucciso Mike Brown, e la comunità nera ha deciso di lottare. Le forme della lotta a Ferguson non si limitano ai riots. Si sono visti blocchi di strade e autostrade, corteo di massa, battaglie per l estrane, sit-in, presidio combattivi e occupazioni di negozi, tra le altre. Tuttavia ai suoi picchi, nei giorni che hanno seguito l’omicidio di Mike Brown e la mancata incriminazione di Darren Wilson, i riots sono stati organici alla resistenza che stava complessivamente prendendo piede. Solo qualche anno fa, la mera occupazione di uno spazio pubblico e la difesa fisica contro le incursioni della polizia erano completamente tabù. Le tradizioni di azione diretta sono state per lungo tempo dimenticata, sepolte sotto decenni di inattività,  nel frattempo il feticcio del risarcimento legale dei lutti è cresciuta: petizioni, votazioni, testimonianze dei consigli comunali, e manifestazioni simboliche autorizzate. In qualche modo, la discussione sui riot ha sancito il subitaneo cambio di passo nella coscienza pubblica per quanto concerne la completamente ovvia legittimità di occupare spazi pubblici e rifiutare di disperdersi.

 

Scontri e saccheggi, ad ogni modo, sono stata la questione più polarizzante nel dibattito pubblico da quando la lotta è iniziata. Sin dalla prima ondata di proteste a Ferguson, è stata ingaggiata una guerra ideologica da più alti livelli della società officiale agli ausiliari dei distretti cittadini, da Barack Obama ad Antonio French e alle Nuove Black Panthers, al fine di giustificare la repressione di tattiche di azione diretta. Ora con la decisione del Gran Giurì di non incriminare Wilson, i riots sono tornati, ancora non nella forma primigenia di non-in lutto, liberali come un isolato punto basso di “agitatori esterni”, ma come parte e frammento di un meraviglioso mosaico di lotta. La ragione per cui scontri e saccheggi sono stati così polarizzanti è perchè scioperano al cuore del capitalismo americano: la santità della proprietà privata. In modo interessante, le ultime settimane hanno visto un diluvio di pezzi che analizzano e persino giustificano i riots sotto auspici liberali: riots come moralmente giustificati, i riots come effettivi propulsori delle riforme, e così via.

 

Ciononostante, nessuno di questi pezzi è arrivato al cuore della questione: qual è la cornice di base della crisi e la relazione della comunità nera con essa? Cos’è la proprietà privata e quali sono le sue attuali dimensioni razziali? Infine, quale ruolo gioca la classe dentro la comunità nera in termini di divisioni sul fatto di sostenere o sovvertire gli attachi contro la proprietà privata? Quello che sostengono è che, innanzitutto, il capitalismo oggiogiorno trova una necessità inscindibile di aumentare in tasso di profitto attraverso la non riporduzione della classe operaia che è, contradditoriamente, la sola base per l’espansione capitalista. In secondo luogo, la proprietà privata è una forma di lavoro sociale che è stata espunta da noi, e la condizione della working class nera al giorno d’oggi è una particolare forma di alienazione, in cui la popolazione nera è spinta dentro populazioni eccedenti, permanentemente disoccupate e criminalizzate. La questione della proprietà per la gente nera oggi ha un’immediata dimensione razziale, in quanto le proprietà sono largamente possedure da discendenti arabi ed asiatici, presentati come minoranze modello, e che accettano i termini della supremazia bianca. In ultimo, questa condizione è stata ereditata dai fallimenti dell’ultimo ciclo di rivolte Black, gli anni Sessanta, quando una nuova elite nera è ascesa a gestire e, in ultima stanza, a pacificare la lltota nera.

 

Potere nero a St. Louis e in America

 

St. Louis, con qualche eccezione, segue lo schema generale di decadenza e crisi capitalista così come come degli sviluppi politici dei neri. Una volta una città industriale trainante agli albori del ventesimo secolo, dove la popolazione nera che fuggiva dal navoro nei campi del Sud poteva trovare un impiego, dagli anni Settanta ha iniziato a vedere la regressione economica, la lenta ma inesorabile contrazione del lavoro industriale, e la coneguente decadenza della comunità nera. Sicuramente, se il lavoro nella produzione era segregato, coi lavoratori neri pagati meno di quelli bianchi e relegati ai lavori più dequalificati e pericolosi, nondimeno li aveva sottratti dal debito del sistema bracciantile di mezzadria e dalle insorgenze del PKK nel periodo post-conferedale.

 

Il principio del “Black Power” nei tardi anni Sessanta, mentre sostanzialmente unanimenella sua critica delle organizzazioni assimilazioniste sui diritti civili, ha prodotto due trend antagonisti dentro il movimento. Da una parte c’erano quelli che lottavano per il potere di rappresentare le classi più basse e gestire il sistema di appoggio statale; dall’altro lato c’erano i proletari neri, che lottavano per un controllo più comunista sulle risorse di produzione e riproduzione lla vita quotidiana. Il primo trend  è stato espresso nel movimento della Black Convention e nei vari sforzi locali per eleggere una leadership nera (sindaci, consiglieri, capi della polizia, commissari ecc) che avrebbero assunto il controllo delle esistenti istituzioni statali nei municipi. Il secondo trend è stato rappresentato nei riot degli anni Sessanta, attraverso i quali la working class nera è emersa come un soggetto politico indipendente, e in centinaia di sciperi non programmati attraverso il paese negli anni Settanta che furono capeggiata dai neri.

 

A differenza di molte altre città principali, St. Louis non ha esperito quest’ultimo trend di Black Power, benchè non sia stata certamente immune dal punto di vista storico alla lotta di classe nera, in quanto la classe nera Black è apparsa nella forma di scioperi dell’affito, e in precedenti battaglie per la desegregazione negli anni Cinquanta. Il sistema di patrocinio nero che è emerso in molte città americane, inclusa St. Louis, è stato attuato in modo degenerato ed incostante. La popolazione nera ha ricevuto accesso al pubblico impiego ed ai lavori di servizio civile, ma questa concessione, se era abbastanza per consolidare il potere della burocrazia nera eletta, non è stata abbastanza per assorbire la working class nera e sollevarla dalla sua condizione fatiscente. Tale patrocinio poteva essere usufruito solo per conto di una classe nera insofferente e l’inabilità della macchina del vecchio Jim Crow di mantenere l’ordine.

 

La nuova elite nera che è arrivata al potere attracerso il patrocinio ha rappresentato uno scarto culturale dalla battaglia assimilazionista per i diritti civili. Al contrario vestivano dashikis e afros; con una mano stringevano il pugno ed urlavano “Black Power!”, mentre con l’altro firmavano l’abbattimento delle tasse per i governanti. Ferguson non ha mai esperito in senso proprio questo sistema di patrocinio nero. Già alla fine del 19simo secolo, St. Louis si era scorporata dalla contea di St. Louis al fine di evitare di fornire servizi pubblici e sociali all’area circostante. Agli albori del Black Power, il risultato è stata la periferizzazione della città. In primo luogo, molti lavoratori bianchi sono fuggiti dalla crescente ed insorgente popolazione nera. Il risultato del vuoto demografico, combinato con la deindustrializzazione, ha devastato St. Louis, e spinto i lavoratori neri ad abbandonare la città così come le periferie tipo Ferguson.

 

Tuttavia i politici di Ferguson erano più affini a Jim Crow, in quanto non hanno mai esperito l’ascesa dell’elite Blsck accaduto in città più grandi. Ad ogni modo, per quanto Ferguson possa essere stata differente dal resto dell’esperienza nera urbana dei neri degli anni Sessanta, l’esperienza nera a St. Louis non è stata affatto differente. La crescita della polizia nera, a dispetto di fasulli ed insidiosi sforzi di “controllo comuniario”, non ha prodotto un calo della brutalità e della violenza. Infatti, è successo esattamente il contrario, in quanto il capitalismo si è dimostrayo incapace di assumere e riprodurre specifiche porzioni della popolazione lavoratrice, e conta piuttosto sulla violenza di polizia per mantenere la linea.

 

La menzogna della proprietà privata

 

Mentre potrebbe sembrare che chiunque abbia compreso l’importanza dei riot, a prescindere che sia a favore o contro, la conversazione ha invece confuso l’essenza della questione. Sicuramente, questa questione è quella a cui Karl Marx ha dedicato la propria vita; non solo svelando la natura sociale della proprietà privata ma accelerando il suo sovvertimento. In primo luogo, il termine “proprietà privata” non è altro che l’espressione legale (o il titolo legale al) capitale, che sia nella forma del denaro o dei mezzi di produzione (edifici, macchinari, infrastrutture, strumenti, materie prime ecc). Gli economisti politici e i liberali contro cui Marx si è espresso vedevano il capitale come una casa.

 

Per Marx, tuttavia, il capitale è una relazione sociale, continuamente riprodotta attraverso lo sfruttamento del lavoro sociale. Quando visto come una cosa, il capitale pertiene la natura di sfruttamento tra il lavoro necessario e il lavoro eccedente (surplus). La forza lavoro necessaria è parte del lavoro quotidiano in cui creiamo valore uguale ai salari con cui saremo pagati in ultimo, mentre il surplus è il resto della giornata lavorativa, in cui creiamo valore che può essere trasformato in profitto dai capitalisti assumendoci. I nostri salari nascondono questa relazione, in quanto sembra che siamo pagati per “un’intera giornata di lavoro”. Ma in realtà siamo solo pagati per quello che serve a mantenerci all’interno del capitalismo; una media sociale grezza basata su quello che serve per riprodurre il lavoratore e la sua discendenza. I beni che produciamo sono tenuti dai capitalisti, e venduti se riescono a gestirli. Parte del profitto risultante copre il lavoro necessario (i salari), e il resto è appropriato come surplus.

 

Ogni bene esistente nel mondo ha questa storia dietro di sè. Con i nostri salari, possiamo comprare solo alcuni beni per sostenere noi stessi. Con i loro profitti, i capitalisti, possono comprare molto di più – non sono beni di lusso, ma anche macchinari, materie prime, fabbriche, e altri investimenti. Con essi stabiliscono le basi per ancora maggiore sfruttamento, e ulteriore espansione del sistema capitalista. La locuzione “proprietà privata” è sovente usata come una categoria ombrello per tutti i beni, che siano acquistati attraverso i salari dei lavoratori o i profitti capitalisti, o che siano utilizzati per riprodurre la vita o espandere lo sfruttamento. Gli apologeti della proprietà privata si concentrano sul suo titolo legale, e insistono che i padroni, i piccoli imprenditori e i lavoratori allo stesso modo hanno “diritto” alla proprietà in ragione del loro “duro lavoro”. Ma il “diritto” alla proprietà è intrinsecamente ineguale, e cela le relazioni di sfruttamento tramite cui la proprietà viene creata.

 

Il nostro “diritto” alla proprietà privata ci consente di racimolare abbastanza soldi per una Xbox, ma ti porta a difenderla, potremmo pensare che stiamo difendendo cose personali, ma in realtà stiamo difendendo il diritto del capitale a continuare a sfruttarci. La violenta separazione del lavoro dai mezzi di produzione è stata lo scenario storico dell’ascesa del capitale. L’appropriazione forzata delle terre comuni, e la rottura della famiglia in lavoratori produttivi e riproduttivi, ha significato che non siamo più in grado di produrre i nostri stessi mezzi di sussistenza. In quanto lavoratori senza terra e senza proprietà siamo costretti a vendere le nostre capacità ad altri, che se ne approprieranno per i propri fini. La proprietà privata è l’esito del nostro lavoro sociale, alienato da noi, e trasformato in una cosa che ci domina. Questa alienazione è la base della lotta di classe. Mentre i lavoratori hanno sempre lottato per migliori condizioni, queste conquiste non rendono il lavoro meno alienante. Al contrario, molte lotte – che siano attraverso il saccheggio, la distruzione, occupazioni, comunità utopiche, graffiti, scioperi per più divertimento, e così via – hanno puntato ad eliminare del tutto l’alienazione, se non sempre consapevolmente.

 

Il crogiolo della razza

 

Quando le persone si ribellano, si stanno ribellando contro la loro esistenza alienata sotto il capitale. Quest’esistenza assume la forma di una divisione del lavoro, con differenti tipologie di lavoro necessarie per compiti differenti, ed una scala corrispondente di salari. E’ qui che la “razza” viene prodotta. [Non solo il proprio lavoro unilaterale viene a marchiare l’individuo, ma l’aspetto fisico delle persone viene a marchiarle come tipi di lavoratori specifici.] La divisione del lavoro assume una gerarchia suprematista bianca e patriarcale, in cui il genere, il colore della pelle e le caratteristiche fisiche delle persone arrivano a designarle come appartenenti ad un livello o ad un altro.

 

Allo stesso modo di come il loro lavoro è unilaterale, li riproduce anche come persone unilaterali: bianche, nere, messicane, disabili, maschi, lesbiche, ma in qualsiasi caso non come un essere umano pienamente creativo. La disposizione spaziale della divisione del lavoro produce ulteriormente geografie negli stessi termini: ghetti neri, barrio messicani, il [Gaycinato], sobborghi bianchi. Queste categorie non hanno ALCUN significato sociale al di fuori di questa divisione. Non c’è nulla di naturale riguardo ad individui che vengono riprodotti entro le categorie della razza, del genere e della sessualità o che vi si identificano di conseguenza. Dato che queste categorie risultano da un processo sociale complesso, dinamico e non pianificato, non sono completamente rigide. Certo l’esistenza di amministratori delegati neri, di donne sindaco o di poliziotti transgender non significa che il razzismo, il patriarcato e la transofobia non esistano, o che ci stiamo avvicinando nel rovesciarle.

 

Al contrario, questi individui e frazioni di classe sono sfuggite alla loro posizione nella divisione del lavoro solo per scoprire che a volte sono ancora marchiate dalle loro precedenti categorie, che godono di un’ampia circolazione nell’immaginario collettivo e nelle istituzioni dominanti. Perciò questi gruppi spesso lottano per l’integrazione su termini [incolore] – oppure, come Pharrell e Raven Symone, si dichiarano “nuovi neri” e “senza colore” – in tutto ciò confermando il sistema di sfruttamento. La difesa della proprietà privata non solo perpetua la soggezione del lavoro, ma anche la nostra soggezione alla gerarchia del lavoro che riproduce gli umani come neri, donne, disabili, cassieri di banca, guidatori di taxi, lavoratori dei servizi di ristorazione e così via. E’ una difesa della supremazia bianca, del patriarcato, dell'[essere-capace-di], del lavoro mutilato ed unilaterale per il profitto. Si dimostra spesso necessario di abbracciare queste espressioni alienate, in risposta ad una società che ci svaluta per le stesse ragioni: “Nero è bello” è una negazione di “Nero è brutto”. Ma senza attaccare l’essenza di classe della nostra condizione, questi tentativi si spegneranno, e diverranno nuove giustificazioni per il governo del capitale. Il potere nero, il chicanismo o la liberazione delle donne e dei gay possono essere i mezzi per riunirci alla nostra essenziale umanità, oppure può essere un nuovo modo di gestione per assicurarsi che “restiamo Neri e muoriamo”.

 

Il contenuto politico positivo dei riot

 

Oggi, la working class nera si trova forzatamente fuori dal lavoro produttivo (insieme a grossa parte della working class in generale). Il servizio civile e i lavori statali che sono stati usati per contenere la lotta nera sono stati eviscerati, e quei lavori che sono rimasti hanno visto le pensioni svendute e gli stipendi congelati. I lavoratori di colore sono stati spinti giù in lavori precari, impieghi part-time casualizzati, e lavoro dequalificato nei settori della sanità e dei servizi. Coloro che non sono impiegabili sono immagazzinati in prigioni pubbliche e private, dove lavorano per una frazione microscopica del salario minimo. La leadership nera esistente ha abbandonato la rivendicazione sociale democratica del “pieno impiego”, e si accontenta di gestire queste condizioni.

 

Città e quartieri neri sono in assoluta decadenza, luoghi dove i pescecani dei mutui, cassieri di assegni, negozi di liquori, negozi a rate, discount e altre piccoli proprietà hanno relazioni vampiriche con la comunità. Prendono una fetta del welfare, benefits elettronici per cibo e denaro (EBT), assistenza nutrizionale (WIC) e stipendi part-time sanguinando costruzioni, vendendo cibo economico e pessimo, e lucrando sulle dipendenze o la mancanza da parte della gente di denaro contanti e risparmi. La sezione 8 dell’housing è cordonata da cancellate in ferro battuto e filo spinato, dove i residenti devono passare attraverso dei checkpoint e sopportare la sorveglianza 24 ore su 24. Queste città sono la controparte riproduttiva al claudicante stato del lavoro nero. Non solo sono spogliati di qualsiasi oncia di piacevolezze di baso, ma sono anche zone altamente militarizzate atte a disciplinare la popolazione nera, e ad assicurare che non si ribelleranno contro queste condizioni. Al posto delle fabbriche, il cappuccio è il mezzo tramite cui mantenere lo sfruttamento nero. E al posto del portavoce o del capo del sindacato che assicura la disciplina sul posto di lavoro, ora la polizia la assicura sulle strade. Le élite nere si gireranno sui loro cuscini del divano per assicurare che la polizia mantenga i propri gonfi budget .

 

Da New York City a Detroit fino a Houston uno troverà manifesti che tentano di reclutare un segmento di lavoratori neri per poter controllare l’altro segmento. Sicuramente, non c’è mai un budget di crisi quando si tratta della polizia. L’alienazione si manifesta in diverse forme quando stai immediatamete producendo capitale, anziché essere solamente dominato da esso. Ciò significa una cosa per i lavoratori neri sulla linea dell’assembea, che hanno visto un interesse nell’assumere il controllo della fabbrica, e dirigerla per le necessità della società anziché per il profitto di un gruppo ristretto. Significa altro per una popolazione eccedente precaria e criminalizzata, per cui la produzione dello sfruttamente assume le forme dei discount, dei saloni per le unghie, dei Walgreens, un negozio che muore, un McDonald’s.

 

Corbis-JS001243-300x174La relazione verso i processi lavorativi genera le forme di lotta. Nella foresta, i piccoli negozi e centri commerciali esistono per mantenere la comunità in una posizione soggiogata. Spesso questa relazione assume una forma razzializzata. Le classi che detengono la proprietà nei ghetti sono generalmente composte da arabi così come da Sud ed Est Asiatici. Questi gruppi sono visti che presunte “minoranze modello” (il che sfida la loro stessa ricca storia di lotta di classe) che, a differenza della poolazione nera, ha ottenuto la prosperità attraverso la docilità e il duro lavoro. In realtà, la loro abilità nel diventare proprietari è stata predicata in primo luogo sul non essere neri e, in secondo luogo, nell’assimilarsi nella supremazia bianca attraverso lo sfruttamento della popolazione nera.

 

Ogni quartiere degradato ha le sue specificità, ma ad esempio a Los Angeles, molta della forza distruttuva del 1992 era diretta contro i piccoli business posseduti principalmente da Coreani. Ciò non è stato accidentale, né automaticamente razzista, benché si sia espresso in termini razzializzati. La relazione dei proprietari di negozi coreani con le comunità nere a Los Angeles era sinceramente da avvoltoi. Non è stata semplicemente l’assoluzione degli aggressori di Rodney King ad impostare il tono dei riot. E’ stato anche l’omicidio della 15enne Latasha Harlins da parte del proprietario di un negozio Soon Ja Du, che credeva che lei stesse rubando succo d’arancia,meno di due settimane dopo la morte di King. In entrambi i casi, la razza è stata la forma concreta di un’essenza di classe. Persino nei negozi al dettaglio come Marshall’s o Family Dollar, il senso è che la moneta va a questi business ma non torna indietro alla gente. Non c’è abbastanza lavoro per impiegare tutti, e quand’anche il lavoro esiste, è a salario minimo. Molti business non considerano profittevole aprire un negozio in quartieri neri. Non vogliono essere lì, e se devono esserci, sono “compra o vattene affanculo”.

 

Il ghetto nero  è una prigione, in cui le persone sono immobilizzate, confinate nella povertà e nel debito, e fatte morire nel silenzio. Dove gli elementi di una società migliore esistiono nel presente, che sia nelle forme culturali dell’hip hop o della battaglia e dell’organizzazione che emerge temporaneamente, possono essere positivamente forgiate nel fuoco della fine del ghetto. A differenza degli anni sessanta, il capitalismo al giorno d’oggi è probabilmente incapace di rispondere ai riot con riforme sociali democratiche. Ma come nel passato, i riot oggi danno impeto ad una nuova gamma di lotte di massa, che accelerano la crisi politica del capitale, ponendo la working class nera nel sedile del viaggiatore della storia, e creando nuove possibilità per il ribaltamento del capitalismo.

 

I limiti dei riot

 

I riot, come tutte le forme di lotta, esprimono la disposizione e la composizione delle forze sociali. Contengono al loro interno il potenziale per far avanzare la lotta,ma hanno anche limiti strutturali che, se non trascesi, porteranno la lotta allo stallo. I riot sono distruttivi contro la proprietà, ma potenzialmente costruttivi quando facilitano la costruzione di una forza politica nera indipendente. Questo è solo un potenziale: senza forme semi-permanenti di organizzazione che portino avanti le fiamme della rivolta, e senza una chiara difesa politica della loro militanza (inclusa la critica della proprietà) rischiano l’isolamento. Come nella rivolta di Los Angeles, la leadership nera consolidata potrebbe piombarvi sopra, e imbrigliare le energie popolari dentro sistemi di patrocinio e non-profit, affinché non emergano organizzazioni a lungo termine.

 

Dobbiamo capire perchè i riot avvengono, e come le condizioni esistenti produrranno inevitabilmente più riot. Ma senza una riflessione sulla direzione della lotta, e la maturazione di forze politiche organizzate, finiranno per morire. Immediatamente Darren Wilson è stato rilasciato, la strategia della polizia di Ferguson è stato consentire che certi business fossero bruciati, hanno sacrificato una o due macchine della polizia, e poi hanno usato la devastazione come una giustificazione per la repressione fisica. Questa non è cospirazione, ma una strategia della polizia e edelle forze di governo, una strategia che finora non si è incontrata con una delle nostre. Fare i riot fino ad oggi ha espresso rabbia e vendetta, ma non ha necessariamente mandato in tilt l’equilibrio delle forze di classe in favore dei lavoratori neri. In alcuni riot, militanti e rivoluzionari hanno reindirizzato la popolazione dal prendere di mira i business più piccoli a quelli più grandi, che giocano una parte importante nello sfruttamento della comunità.

 

A Los Angeles, la tregua delle gang ha permesso alle organizzazioni locali di strata di formare infine un’ala armata della ribellione, che combattesse direttamente la polizia. Questo impegno contro lo stato è ciò che ha consentito alle classi lavoratrici di LA di attaccare il capitale, nella forma del riot e del saccheggio. Qualunque siano stati i limiti di lungo periodo della ribellione di LA, il conflitto diretto con lo stato era all’avanguardia. Oggi a Ferguson e in giro per il paese, confrontarsi direttamente con la polizia ed altri obiettivi politici è di primaria importanza. Stiamo assitendo all’emergere di una narrazione politica in cui la polizia è la faccia del sistema capitalista e razzista. Abbiamo bisogno di tattiche che esprimano questa narrazione emergente.

 

Come la polizia, gli avvoltoi che saccheggiano la comunità nera attraverso la piccola proprietà e il debito sono sostenute da forme di lavoro che sono socialmente inutili e persino dannose, che sarebbero immediatamente abolite in qualsiasi società libera. Tuttavia, ci sono anche forme di lavoro utili dentro e attorno ai ghetti, che possono essere direttamente appropriate anziché bruciate. In questi casi, è la forma del capitale che deve essere abolita – non i vestiti, la fattoria, la tecnologia, o l’assistenza sanitaria in quanto tale. In cirocstanze dove lavori socialmente utili hanno luogo, dove dobbiamo iniziare a propagandare e ad agitare il popolo lavoratore e gli studenti per lottare contro i loro governanti, padroni ed amministratori.

 

Il ghetto è una prigione. “Brucia questa merda”

 

traduzione a cura della Redazione di Infoaut, tratto da Aintwhereyafrom

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Conflitti Globali

Attivisti ebrei contro il genocidio bloccano la borsa di New York

Lunedì 14 ottobre, un gruppo di attivisti del collettivo “Jewish Voices for Peace” ha preso d’assalto la Borsa di New York per chiedere la fine dei crimini commessi da Israele e il blocco delle forniture di armi allo Stato coloniale.