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Chi parla per i lavoratori della Cina?

 

 

Leslie T. Chang, autore di Ragazze di fabbrica, ha ricevuto una standing ovation quando ha chiuso il suo TED Talk, riguardo le vite, le aspirazioni e – soprattutto – la mobilità verso l’alto dei lavoratori cinesi che assemblano i nostri prodotti.

 

Sentirsi bene con se stessi

 

E’ una storia buonista, da “lavoratore felice”, piena di giovani donne che iniziano a lavorare al più basso livello della catena della fabbrica, poi iniziano a seguire corsi per diventare i responsabili delle vendite, segretarie, insegnanti di inglese e imprenditrici, avviando business di successo di tutti i tipi. Il sogno cinese realizzato!

 

Chang è entusiasta di scoprire che Lu Qing Min e tante altri giovani lavoratrici alla catena di montaggio hanno idee divertenti e sorprendenti da condividere, così si propone di salvare queste “masse senza volto” dall’oblio.

 

Chang ci mostra la borsa di cuoio di marca che Min le ha dato; le rinfresca bei ricordi. Ricorda che il nostro acquisto di beni di consumo dalla Cina – e in altri paesi del Sud del mondo – ha aiutato lavoratori/consumatori globali come Min a migliorare la propria vita. Quello di Min è un mondo all’insegna del consumo: iPhone, borse LeSportsac, borse Coach, e, sì, anche una Buick di seconda mano!

 

Per Chang, le esperienze di Min e delle sue fantasiose sorelle in una Cina che cambia finalmente mettono a tacere alcune vecchie formule marxiste circa il lavoro, la produzione e il consumo. Propone Min come icona globale di un operaio cinese di successo: giovane, indipendente ed estremamente speranzoso.

 

Alla domanda su come consigliare i dirigenti di Apple sulle loro attività cinesi, Chang suggerisce di offrire corsi di inglese e formazione al computer ai lavoratori autonomamente motivati. Questo è semplice ed esaltante. Da qui l’applauso; non c’è bisogno per nessuno di noi di preoccuparsi per i lavoratori cinesi che si affaticano in condizioni di sfruttamento per produrre le merci che amiamo. Dopo tutto, essi sono liberi di lasciare le loro case in campagna, per lavorare in un settore dell’export in forte espansione che li premia con gli stessi prodotti che producono.

 

Nuova generazione di lavoratori migranti

 

Ma com’è veramente la vita per i 262 milioni di lavoratori migranti rurali cinesi, il nucleo della nuova classe operaia?

 

I giovani lavoratori cinesi, più istruiti dei loro predecessori, hanno forti aspettative di salari più alti, di migliori condizioni di lavoro e di avanzamento di carriera. Le famiglie rurali da cui provengono mantengono i diritti d’uso del suolo di piccoli appezzamenti di terreno nei loro villaggi di origine. Per molti, questa terra evita la fame in tempi di avversità, ma non può fornire i mezzi di sussistenza, quantomeno per il crescente numero dei migranti rurali di seconda o addirittura di terza generazione che sono cresciuti nelle città e non hanno competenze agricole.

 

I giovani migranti generalmente ritornano ai loro villaggi solo per sposarsi e avere figli. Questo modello persiste perché la maggior parte dei migranti “poco qualificati” o “ con basso livello di istruzione” non è autorizzata a cambiare la propria registrazione familiare (hukou) da rurale a urbana. Anche dopo anni di lavoro in città, a queste famiglie viene negato l’accesso paritario a molte prestazioni welfaristiche, sanitarie e pensionistiche, e i loro figli non possono ricevere l’istruzione pubblica urbana, soprattutto dei gradi più elevati.

 

Questa separazione spaziale tra la produzione in città e crescita dei figli nella campagna significa che i lavoratori migranti rurali non possono diventare completamente proletari; sono catturati tra due mondi. Min “sceglie” di perseguire “una vita che vale la pena vivere”, ma è in grado di farlo solo lasciando alle spalle le sue due figlie e il marito nel villaggio.

 

Giorni da dodici ore di ripetizioni ad alta velocità su una linea di produzione non sono piacevoli o realizzanti. Chang ci dice, tuttavia, che le pressioni e i dolori della catena di montaggio non importano a questi giovani lavoratori, tanto meno l’alienazione dai prodotti del loro lavoro. A loro “non potrebbe fregare di meno di chi compra i loro prodotti.” Quello che fanno in fabbrica, e quanto siano miserabili le loro condizioni di vita, non è importante per loro. Vivono per guadagnare reddito e per acquistare prodotti di marca nella vivace città di Dongguan (nel sud della Cina).

 

“Degli uccelli, non essere sciocco, a nessuno importa se sono stanchi di volare, alla gente importa quanto in alto volano!”, scrive Ou Yang, 19 anni, un’operaia dell’Hebei, una regione centrale rurale della Cina, sul suo blog (traduzione dell’autrice n.d.t.)

 

Yang, come molti dei suoi coetanei, non identifica se stessa come contadina; lei non ha esperienza di allevamento, non ha alcun desiderio di vivere in campagna, e ha conosciuto la città per tutta la vita. Per le coorti post anni ’90 di lavoratori migranti, più sono le loro aspirazioni, più nitido è il contrasto con la loro triste realtà.

 

Invece di indagare le sfide affrontate da questa nuova generazione di lavoratori, Chang ribadisce la sua narrazione: un mito di lotta personale e di successo.

 

Sono come voi

 

Durante i 12 mesi del 2010, 18 giovani lavoratori migranti hanno tentato il suicidio negli impianti della Foxconn, il più grande datore di lavoro privato della Cina e il produttore primario per Apple e molti altri giganti dell’elettronica. Quattordici sono morti, mentre quattro sono sopravvissuti con lesioni permanenti. Questi lavoratori erano tra i 17 ei 25 anni, nel fiore della giovinezza.

 

Le tragedie hanno allarmato la società cinese, così come la comunità internazionale. La responsabilità non è solo della Foxconn – anche se, come produttore di oltre il 50 per cento dei prodotti elettronici del mondo, è un attore enorme e porta responsabilità diretta. Né i problemi sono limitati ai lavoratori Foxconn o a quelli che producono prodotti Apple.

 

Si estendono ben oltre il pavimento della fabbrica, ai giganti aziendali globali con sede in Occidente e in Asia orientale, che mettono il profitto estratto dalla Foxconn e dagli altri produttori nelle loro catene distributive.

 

L’ex lavoratore Foxconn Yan Jun ha scritto questa poesia in ricordo dei suoi compagni di lavoro che si erano suicidati:

 

Per i miei fratelli defunti

 

Io sono proprio come voi

Io ero come voi:

Un adolescente che usciva di casa

Desideroso di fare la mia strada nel mondo.

 

Io ero come voi:

La mia mente in lotta nella fretta della catena di montaggio,

Il mio corpo legato alla macchina.

Ogni giorno desiderando di dormire

Eppure in preda alla disperazione, lottando per il lavoro straordinario.

 

Nel dormitorio, ero proprio come voi:

Ognuno uno straniero

Ad allinearsi, ad attingere l’acqua, a lavarsi i denti

Correndo verso le nostre relative fabbriche

A volte penso di andare a casa

Ma se poi vado a casa, poi che succede?

 

Io ero come voi:

Sempre sgridato

Il mio amor proprio calpestato senza pietà

La vita significa trasformare la mia giovinezza e il mio sudore in materia prima

Lasciando i miei sogni senza anima, collassare con un’esplosione?

 

Io ero come voi:

Spronati a lavorare sodo

A seguire le istruzioni e continuare ancora.

 

Io ero come voi:

I miei occhi, solitari ed esausti,

Il mio cuore, agitato e in preda al panico.

 

Io ero come voi:

Intrappolato nelle regole

Il dolore mi fa desiderare di porre fine a questa vita.

 

L’unica differenza:

Alla fine sono scappato dalla fabbrica,

E voi siete morti giovani in una terra straniera.

Vedo nel vostro determinato sangue rosso vivo

Ancora una volta l’immagine di me stesso

Pressato e stretto così forte che non riesco a muovermi.

 

(Tradotto dalla traduzione inglese di Gregory Fay e Jeffery Hermanson)

 

 

Alla generazione di Jun mancano i propri genitori e cari. Molti pensano di “andare a casa”; tuttavia, le speranze e i sogni della maggior parte rimangono fissi nelle città. Sono fuggiti dai villaggi stagnanti che detengono, per loro, solo la promessa di una morte lenta.

 

 

 

Consumatori globali

 

Chang scoraggia i consumatori globali dal riflettere sui lavoratori che producono i nostri iPads ad un pesante costo personale. Infatti, suggerisce ingenuamente di affidare le nostre speranze per il benessere dei lavoratori alla benevolenza di Apple.

 

Una delle aziende più grandi e più ricche del mondo, Apple punta il dito sulle politiche dei suoi fornitori, mentre si distanzia dalle proprie responsabilità. Ma Apple provoca straordinari forzati illegali, imponendo tempi di consegna molto brevi sulla produzione. Apple spinge verso il basso i salari mentre preme per prezzi sempre più bassi. Controversie di lavoro hanno registrato un’impennata: su salari e benefici, straordinari, sicurezza nella produzione, risoluzione dei contratti di lavoro, sfruttamento di studenti stagisti, lavoro minorile e trasferimenti di lavoro forzati.

 

Operai cinesi hanno effettuato una serie di azioni, da cause legali a scioperi selvaggi. Alcune di queste azioni hanno ottenuto notevole successo. Apple e Foxconn ora si trovano sotto dei riflettori che sfidano le loro immagini aziendali, che richiedono almeno a parole riforme del lavoro.

 

Ma quelli che tra i 1,4 milioni di lavoratori in forza alla Foxconn che hanno cercato di esprimere le loro preoccupazioni sono stati bloccati dalla direzione o dal sindacato della società, affiliato con lo Stato e il partito comunista. Il potere regolamentare dello Stato cinese è potenzialmente forte, tuttavia ha scelto di permettere, e anche di facilitare, l’approfondimento delle disuguaglianze.

 

In questa rete multistrato di interessi corporativi e di potere statale, giovani lavoratori migranti in rapida crescita nel settore industriale stanno lottando per definire e difendere i loro diritti. Mentre la carenza di manodopera fa aumentare i salari minimi, e mentre i lavoratori danneggiati mettono in campo proteste, tutte queste forze stanno unendo per sfidare il modello di sviluppo orientato all’esportazione e caratterizzato da bassi salari.

 

Consumatori critici negli Stati Uniti, in Cina e in altre parti del mondo stanno chiamando Apple e altre aziende globali a rispettare i diritti e la dignità dei lavoratori. Ma nessuna società può comportarsi “con coscienza”. Ciò violerebbe il principio di ferro del massimo profitto.

 

Invece, ricercatori universitari locali e sindacalisti occidentali hanno esplorato forme di coinvolgimento diretto con i lavoratori attraverso corsi di formazione sui diritti in fabbrica.

 

Come possono i consumatori istituzionali presso le università sfruttare il loro potere d’acquisto per fare pressione su Apple affinchè rispetti le leggi nazionali del lavoro e i propri codici di condotta aziendali? Il mercato di prodotti digitali basato sui campus è diventato molto competitivo. Questo significa che studenti e docenti interessati possono mobilitarsi per sfruttare il potere d’acquisto delle loro università e nel richiedere ad Apple di assumersi la responsabilità per le condizioni di fabbrica. E cosa succederebbe se studenti attivisti picchettassero gli iCampus (negozi autorizzati di Apple er i campus) e negoziassero con gli amministratori universitari di spingere affinchè Apple riconosca la legittimità delle richieste dei lavoratori Foxconn?

 

Movimenti universitari anti-sfruttamento in Occidente hanno avuto successo contro le multinazionali dell’abbigliamento. Hanno aiutato i sindacati nei paesi in via di sviluppo a negoziare con Nike, Adidas e Russell Athletic. Studenti e docenti, con il supporto di sindacalisti internazionali e gruppi di lavoro non-governativi hanno avuto accesso a fornitori di brands in Messico, Honduras, Indonesia e altri paesi per monitorare le condizioni di lavoro, facilitare la firma dei contratti collettivi e sostenere la formazione dei sindacati attraverso elezioni democratiche.

 

Ad Hong Kong ed in Cina continentale, studenti attivisti stanno cercando di spingere i consumatori di Apple a livello globale nel sostegno dei lavoratori Foxconn.

 

Se la nuova generazione di lavoratori riuscirà a costruire sindacati reali e centri di comunità operaie, trasformeranno il futuro del lavoro e della democrazia, non solo in Cina ma in tutto il mondo. Queste, come la tag line dei TED Talks pubblicizza, sono le vere “idee che vale la pena diffondere”.

 

 

Chongtu

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