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Come apparirebbe un’elezione contestata?

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Pubblichiamo il terzo e ultimo articolo di It’s going down tradotto da Liaisons Italia, in questo testo vengono presi in considerazione alcuni scenari territoriali nel caso in cui le elezioni vengano contestate da Trump. Buona lettura!

Le precedenti traduzioni:

Usa tra elezioni e guerra civile

Come può la gente comune fermare un colpo di stato?

C’è crescente consenso nelle cerchie della politica e dei media mainstream sul fatto che Trump contesterà le imminenti elezioni del 2020 e getterà gli Stati Uniti in una crisi costituzionale – e potenzialmente violenta – per mantenere il potere.

Ma cosa significa questo potenziale caos per la classe lavoratrice e le comunità povere?  

Mentre l’area no-profit e le organizzazioni legate ai Democratici si stanno già organizzando, cosa può fare la gente comune per affrontare una tale situazione di instabilità? Il seguente editoriale offre alcune idee riguardo a ciò che potremmo veder accadere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

È sempre più chiaro, persino all’élite dominante, che le elezioni di novembre consegneranno il sistema politico americano alla sua più profonda crisi da oltre un secolo a questa parte. Le opzioni sul tavolo – Donald Trump e la sua cricca fascista contro il neoliberale di destra Joe Biden – non offrono essenzialmente nulla né ai movimenti sociali autonomi né alla classe lavoratrice, intrappolata nell’inferno che è il 2020. Nonostante ciò, un battibecco tra due fazioni di miliardari minaccia di diventare una sanguinosa faida. In questo contesto, la popolazione deve farsi trovare organizzata per mettere sé stessa e le proprie comunità al sicuro, sia dall’incombente minaccia di una dittatura, sia dalla violenza paramilitare.

Perché previsioni così disastrose? Le elezioni del 2020 hanno luogo in condizioni inedite per l’era moderna. La pandemia da Covid-19 richiede un ampio utilizzo della votazione via posta, in un paese che solitamente si aspetta di scoprire il vincitore entro la fine della notte elettorale. L’amministrazione Trump e i suoi alleati si sono impegnati apertamente e in modo scandaloso per soffocare l’affluenza alle urne, per esempio ostacolando il Servizio Postale e chiudendo numerosi seggi elettorali. Gli alleati intransigenti, come Roger Stone, hanno invocato un giro di vite dei controlli sul voto per evitare che i Democratici “rubino le elezioni”. Questi atteggiamenti hanno generato in entrambe le fazioni un dubbio diffuso sulla validità delle prossime elezioni. Poco importano i risultati effettivi, c’è una porzione significativa dell’elettorato sia democratico sia repubblicano che non li accetterà come legittimi.

Questi atteggiamenti hanno generato in entrambe le fazioni un dubbio diffuso sulla validità delle prossime elezioni. Poco importano i risultati effettivi, c’è una porzione significativa dell’elettorato sia democratico sia repubblicano che non li accetterà come legittimi.

In questo articolo partiremo dal presupposto che le elezioni saranno contestate. È possibile, ma non probabile, che ci sia una pacifica transizione di potere – se si verificasse, la popolazione potrà allora guardare altrove. Per i nostri scopi, esamineremo innanzitutto le forze che si stanno raccogliendo in vista questo scontro, incluse istituzioni democratiche e repubblicane, paramilitari di destra, la sinistra e l’interezza della classe lavoratrice. Infine, guarderemo a come la popolazione può cominciare ad autorganizzarsi per salvaguardare le proprie comunità nel maelstrom a venire.

Rapporti di forza

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La polarizzazione e frammentazione della società americana fa sì che mappare in modo esaustivo i partecipanti di un’elezione contestata risulti piuttosto complicato. Per semplificare, divideremo gli attori in tre raggruppamenti approssimativi: pro-Trump, anti-Trump e non schierati. All’interno di ogni gruppo troviamo attori istituzionali – funzionari di governo, politici, ONG, corporation – e attori non istituzionali. Il fatto che non ci siano chiari canali di comunicazione tra i sottogruppi all’interno di ogni fazione, e che questi sottogruppi siano spesso in opposizione tra loro in tempi ‘normali’, aggiunge un elemento di complessità allo scenario atteso.

Le potenziali forze pro-Trump sono:

1) Il Dipartimento di Sicurezza (incluse Polizia di Frontiera ‘CBP’ le forze di Controllo Immigrazione ‘ICE’) e il Dipartimento di Giustizia (inclusi l’Agenzia federale di Polizia e il Dipartimento Carcerario), al cui controllo ci sono responsabili fedeli.

2) La maggioranza del Partito Repubblicano e le sue diramazioni statali, che rimarranno fedeli a Trump.

3) Alcune sezioni del Dipartimento della Difesa, se gli incaricati rimarranno leali a Trump invece che ai loro vertici.

4) La polizia locale, laddove sentirà di poter supportare l’amministrazione corrente senza significative ritorsioni.

5) Gli organi di stampa alleati, come Fox News, Breitbart,e

6) Gruppi di estrema destra e milizie come I Proud Boys, 3%ers, ecc., insieme a milizie locali organizzate ad hoc (come abbiamo visto durante il cosiddetto Oregon panic).

Le potenziali forze anti-Trump sono:

1) L’amministrazione entrante di Biden e del Partito Democratico. Sindaci e funzionari locali nelle città a controllo democratico come New York, Los Angeles, Washington DC, ecc.

2) Alcuni comparti della burocrazia che possono essere mobilitati dal Partito Democratico contro l’amminsitrazione attuale.

3) Settori di Wall Street e della Silicon Valley che hanno supportato la campagna elettorale di Biden.

4) Il complesso industriale no-profit: MoveOn, Indivisible, Color of Change, ecc.

5) Sindacati: SEIU, AFT, ecc.

6) Gli organi di stampa alleati, come MSNBC, CNN, il New York Times e il Washington Post.

7) I movimenti sociali autonomi e anticapitalisti, i gruppi di attivisti di sinistra, la classe lavoratrice chiamata all’azione dalla situazione di crisi.

Infine, ci si aspetta che siano non schierati:

1) La maggior parte dell’Esercito. (I leader del Pentagono hanno ripetutamente sottolineato che non interverranno al fianco di nessuna delle due fazioni in caso le elezioni siano contestate.

2) La maggior parte della popolazione statunitense. (Se certamente molte persone hanno simpatie per una parte o per l’altra, e queste simpatie hanno un peso, la maggior parte non avrà un ruolo attivo nello scontro che determinerà il risultato delle elezioni.)

Da ciò possiamo ricavare alcuni aspetti cruciali. Il supporto sul campo di Trump è fortemente concentrato in due settori: le forze federali di sicurezza interna e i paramilitari di destra. Al contrario, la coalizione anti-Trump è più diffusa, e risente del fatto che i Democratici non hanno al momento il controllo dell’Esecutivo. Molti sottogruppi nella coalizione anti-Trump, inoltre, non sono in buoni rapporti – infatti la sinistra non istituzionale è in tutte le altre situazioni apertamente in opposizione con la classe dirigente dei Democratici e la sua base elettorale. In linea con le aspettative, la base di supporto di Trump è rurale e periurbana, mentre quella anti-Trump è maggiormente metropolitana.

Il supporto sul campo di Trump è fortemente concentrato in due settori: le forze federali di sicurezza interna e i paramilitari di destra.

Per quanto riguarda i non schierati, dobbiamo sperare che i vertici militari siano in grado di mantenere la loro neutralità. Non possono esistere risultati positivi sul lungo termine, in caso l’Esercito degli Stati Uniti assuma un ruolo attivo nella politica interna. È però plausibile che alcune unità saranno attivate mentre altre rimarranno nelle caserme. I governatori repubblicani potrebbero mobilitare le unità locali della Guardia Nazionale per sedare le proteste; è invece meno probabile che lo facciano i governatori democratici; bisogna anche considerare che alcuni membri della Guardia Nazionale potrebbero non presentarsi senza giustificazione. 

Come appare un’elezione contestata

Queste elezioni avranno poco a che vedere con ciò a cui siamo stati abituati negli ultimi anni. Lunghe file ai seggi, provocazioni ai votanti un po’ in ogni dove, disastrosi ritardi per gli scrutini dei voti via posta, e in alcune aree sono più che probabili aperte intimidazioni ai votanti, e questo è solo il primo giorno di elezioni. Alla fine della notte elettorale, avremo un’immagine molto incompleta di chi potrebbe vincere alla fine, tuttavia entrambi i partiti avranno già cominciato a fare propaganda sulla propria interpretazione dei risultati. Trump probabilmente dichiarerà la vittoria entro la fine della prima notte. Come nel 2016, le prime proteste potrebbero già iniziare allora.

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Ci sono un certo numero di scenari che potrebbero modificare lievemente il modo in cui apparirà un’elezione contestata. (In breve: successo schiacciante di Biden; vittoria risicata di Biden; Biden ottiene il voto popolare ma perde al Collegio Elettorale; vittoria risicata di Trump; successo schiacciante di Trump). Nel caso altamente improbabile che Trump vincesse la rielezione con ampio margine, per esempio, le istituzioni dei Democratici non metterebbero in campo una gran resistenza. La realtà, tuttavia, è che nella maggior parte degli scenari entrambe le parti si accuseranno a vicenda di aver tentato di rubare le elezioni.

I giorni a seguire saranno un turbinio frastornante di eventi. Entrambe le parti intenteranno azioni legali, i politici in gara alterneranno minacce a dichiarazioni di sostegno, le forze federali potrebbero prendere il controllo degli scrutini in zone chiave, l’area no-profit e i sindacati invocheranno proteste nonviolente, le milizie di destra si mobiliteranno cavalcando dicerie paranoidi sugli ‘antifascisti violenti’. I mass media tuoneranno informazioni spesso contrastanti 24 ore su 24. Con l’infiammarsi delle proteste, zone calde come Portland e città minori vedranno scontri tra manifestanti di destra e di sinistra. Il tutto accadrà parallelamente al solito tenore altamente violento della polizia e della repressione.

Dobbiamo prepararci su due fronti: mettere le nostre comunità locali al sicuro dallo Stato e dagli attacchi dei vigilantes, ed esercitare la forza popolare per rimuovere Trump dalla presidenza, dovesse perdere le elezioni ma rifiutarsi di andarsene.

Le ultime notizie riguardo la risposta che la classe dirigente dei Democratici prevede di dare a un’elezione contestata lascia poco spazio alla speranza. Il piano dei Democratici si affida quasi completamente ad azioni legali e proteste nonviolente capitanate dal mondo no-profit― una strategia inutile e inefficace che ricorda la loro sconfitta del 2000. Per citare un amico “non vige la legge, solo la forza”. La campagna di Biden e dell’area no-profit proverà a mettere la museruola alla rabbia popolare, frignando a favore di una politica perbenista di rispettabilità per paura di cedere le grandi città alla Sinistra. Sembra improbabile che ciò abbia un benché minimo successo, ma la gente dovrà prepararsi a rifiutare lo stesso tipo di teorie cospirazioniste liberali che hanno afflitto le proteste di giugno.

A questo punto, l’amministrazione Trump e la Destra saranno le maggiori responsabili nel determinare velocità e intensità di escalation della crisi. Dove saranno dispiegate le forze, le tattiche che useranno e quanto visibilmente decideranno di interferire nel conteggio dei voti, tutto questo influirà sulla percezione di una dittatura incombente.

Un generalizzato inasprimento repressivo richiederebbe ben più uomini di quelli a disposizione del Dipartimento di Sicurezza – DHS (60.000) e del Dipartimento di giustizia – DoJ (5.000), e richiederebbe l’attivazione delle unità di Guardia Nazionale e la cooperazione con la polizia locale. Se l’amministrazione Trump finisce per trovarsi a corto di forze fedeli, è sicuramente possibile che le concentrerà a Washington DC per proteggere la Casa Bianca, come abbiamo visto a giugno. In questo caso, altrove la Destra si affiderebbe a un mosaico di milizie paramilitari, in netta inferiorità numerica nelle zone urbane, mentre a Washington i manifestanti si troverebbero ad affrontare una battaglia davvero ardua.

Anche la retorica è importante. Se Trump finge di portare avanti l’azione legale, le proteste si intensificheranno meno che nel caso in cui si appelli apertamente e sfacciatamente alla violenza paramilitare.

L’amministrazione Trump e la Destra saranno le maggiori responsabili nel determinare velocità e intensità di escalation della crisi. Dove saranno dispiegate le forze, le tattiche che useranno e quanto visibilmente decideranno di interferire nel conteggio dei voti, tutto questo influirà sulla percezione di una dittatura incombente.

È importante ricordare che questo processo potrebbe trascinarsi per settimane o addirittura mesi, forse addirittura fino a gennaio e oltre, qualora Trump prevedibilmente e teatralmente rifiuti di lasciare la Casa Bianca. Il lungo periodo tra le elezioni e l’inaugurazione del nuovo Esecutivo crea un enorme finestra per la diffusione di disinformazione, teorie cospirazioniste, violenza e propaganda mediatica, tutti elementi che non faranno che cementare le posizioni delle forze pro- e anti-Trump. In breve, ci stiamo avviando verso un periodo potenzialmente molto pericoloso.

Prepararsi per la bufera che viene

Quali sono I nostri obiettivi? Come minimo, occorre proteggere sé stessi e le proprie comunità dalla violenza dello Stato e dei paramilitari. È ovvio che il fatto che Trump tenti di mantenere il potere costituisce una seria minaccia per molti, come ha mostrato quest’estate il giro di vite repressivo anche su forme blande di resistenza. Lottare contro una dittatura non è la stessa cosa di lottare a favore di Joe Biden – anche se Trump lasciasse la carica, avremmo comunque un nemico alla Casa Bianca. Dobbiamo quindi prepararci per lo meno su due piani di azione: 1) Mettere al sicuro le nostre comunità locali dagli attacchi dello Stato e dei vigilantes, e 2) esercitare il potere popolare per cacciare Trump, in caso perda le elezioni e rifiuti di andarsene.

Il lungo periodo tra le elezioni e l’inaugurazione del nuovo Esecutivo crea un enorme spiraglio per la diffusione di disinformazione, teorie cospirazioniste, violenza e propaganda mediatica, tutti elementi che non faranno che rafforzare i posizionamenti delle forze pro- e anti-Trump. In breve, ci stiamo avviando verso un periodo potenzialmente molto pericoloso.

C’è bisogno di cominciare a pianificare ora come le nostre comunità di riferimento risponderanno durante la crisi elettorale. È cruciale elaborare strategie prima che il caos e la confusione di novembre dilaghino. Fare una simulazione – o wargame – offre un’opportunità di esplorare come la popolazione e la controparte potrebbero rispondere a uno scenario di crisi. Radunate il vostro gruppo, virtualmente o di persona in un ambiente sicuro, e scegliete i giocatori per rappresentare le diverse fazioni presenti nella vostra area. Più giocatori ci saranno, più avrete la possibilità di rappresentare i diversi sottogruppi di ogni fazione. Uno o due partecipanti saranno impiegati come mediatori per gestire la simulazione e determinare i risultati di ogni azione compiuta. È consigliabile eccedere col numero di giocatori dalla parte dell’opposizione non-istituzionale, dato che è il ruolo che le comunità occuperanno al sopraggiungere di novembre. Incoraggiate i giocatori a fare qualche ricerca sull’ideologia e gli obiettivi del gruppo che rappresentano, se hanno tempo.

Ci sono alcuni scenari-chiave e problematiche che potrete analizzare in queste simulazioni. Se avete un tempo limitato, consigliamo di saltare subito allo scenario più difficile – la repressione generalizzata – dato che vi preparerà anche per gli altri scenari.

Scenari:

1) Repressione generalizzata: la Polizia Federale e/o la Guardia nazionale, i paramilitari di destra e la polizia locale tentano un inasprimento del controllo nella vostra area. Come può rispondere la popolazione?

2) Repressione contenuta: le forze federali disponibili nella vostra area (a meno che vi troviate a Washington DC) sono limitate, ma la polizia locale e/o le milizie di destra stanno tentando di prendere il controllo nella vostra area. Come risponde la popolazione?

3) Ritiro dello Stato: la polizia Federale, le forze armate e la polizia locale stanno fondamentalmente abbandonando la vostra area. I paramilitari potrebbero essere presenti come no. Che sfide rimangono per badare alle necessità della vostra comunità e mantenerla al sicuro?

Questioni da analizzare:

1) Che risorse ha la gente a propria disposizione? Quante persone possono essere mobilitate per manifestare, per fornire aiuto e garantire la sicurezza? Ci sono risorse di cui le persone potrebbero aver bisogno, ma che al momento non hanno a disposizione?

2) Qual è la strategia collettiva più efficace in tal senso?

3) A quali alleati la popolazione può rivolgersi, a livello locale e regionale? I canali di comunicazione a disposizione sono chiari ed efficaci? La gente ha legami con lavoratori e sindacati che possano organizzare scioperi? Ci sono individui e gruppi – amicizie, familiari, gruppi religiosi non politici, ecc. – che si possono contattare in caso di crisi? Esistono già legami con queste persone o è necessario cominciare a gettarne le basi?

4) Dov’è concentrato il potere nella comunità di riferimento? Cosa si sa dei gruppi che si organizzano potenzialmente per nuocere agli altri?

5) Quali terreni di conflitto è probabile che emergano all’interno delle coalizioni della comunità? Come si possono affrontare o prevenire questi problemi senza frammentare la base di organizzazione?

6) Che strumenti ci sono a disposizione per proteggere le persone più vulnerabili e, se necessario, tirar fuori chi si trova in zone pericolose?

7) In che modo le comunità possono cominciare a organizzarsi per prendere decisioni e far fronte ai propri bisogni direttamente, se diventasse necessario? Come si può mantenere l’approvvigionamento e la distribuzione di cibo, acqua e altri beni di prima necessità?

Che si riesca o meno a inscenare questo tipo di simulazione, le comunità devono comunque organizzarsi in anticipo per un’eventuale crisi. Per usare un cliché: fallire la pianificazione è pianificare il fallimento. Sviluppare una strategia è assolutamente cruciale, così come mettersi in contatto con la propria comunità in anticipo e stabilire dei chiari canali di comunicazione.

Essere organizzati significa che bisognerà mettere le proprie analisi sul futuro e l’esperienza del passato a disposizione di tutte le persone nuove, e spesso frastornate, che si mobiliteranno in risposta alla crisi. È anche necessario delineare maniere sistematiche di raggiungere persone nuove, integrarle nell’organizzazione della comunità, passar loro le competenze di cui hanno bisogno. Mentre la crisi elettorale di per sé potrebbe non provocare né una dittatura né una rivoluzione, i legami creati in questo momento potrebbero gettare le fondamenta di ciò che verrà.

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Infine, nonostante le fantasie violente della Destra fascista, il fermento scatenato dal caos di Trump sarà molto probabilmente (e auspicabilmente) non armato. Detto ciò, dovremo avere la capacità di difenderci se la violenza della destra, come sparatorie e aggressioni in automobile si diffondessero e, per di più, fossero sempre più incoraggiate dallo Stato.

Mentre l’umanità intera affronta una sfida enorme, non è tempo di lasciarsi andare alla disperazione. Quest’anno, milioni e milioni di persone hanno preso parte alle più grandi proteste antirazziste nella storia degli Stati Uniti – molte di queste stesse persone si uniranno di fronte alla crisi imminente. La classe lavoratrice multietnica è di gran lunga più numerosa dei suoi nemici – ma ha bisogno di organizzazione, coordinamento, e la determinazione necessaria a proteggersi. Grazie alla crescente ondata di movimenti sociali autonomi, le comunità in tutti gli Stati Uniti hanno ora un buon numero di organizzatori e manifestanti esperti; più che in qualunque altro momento degli ultimi cinquant’anni. Possiamo vincere, se affrontiamo la crisi organizzati e pronti per adoperarci a costruire le fondamenta di un nuovo mondo: non semplicemente un mondo senza questa dittatura, ma un mondo dove il popolo sia libero dalla barbarie di questo intero sistema.

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